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Sul punto il ricorso e’ estremamente generico limitandosi a richiedere la pena minima edittale.
In tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo e’ desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena. (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016 – dep. 15/09/2016, Rignanese e altro, Rv. 26794901; vedi anche Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015 – dep. 23/11/2015, Scaramozzino, Rv. 26528301 e Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013 – dep. 08/07/2013, Taurasi e altro, Rv. 25646401).
9. Anche l’ultimo motivo del ricorso, di stretta legittimita’, e’ manifestamente infondato. Per il delitto tentato operano le pene accessorie previste dall’articolo 609 nonies c.p., stante la ratio delle stesse.
Sul punto, infatti, puo’ esprimersi il seguente principio di diritto “Pur costituendo il reato tentato una figura criminosa autonoma, non puo’ ritenersi che in ogni caso, quando la legge si limita a fare riferimento alla ipotesi tipica, debba ritenersi esclusa quella tentata, dovendosi invece aver riguardo alla materia cui la legge si riferisce e alla sua “ratio” onde stabilire se sia compresa o no l’ipotesi del tentativo. Nel caso delle pene accessorie per i reati contro la liberta’ personale di natura sessuale, considerato il particolare rigore del legislatore sulle sanzioni accessorie, non sarebbe logico escludere le ipotesi caratterizzate dal solo tentativo, che, ancorche’ meritevoli di una pena principale meno grave, per il generale principio posto dall’articolo 56 c.p., comunque postulano l’applicazione delle pene accessorie ai fini della tutela contro reiterazioni di comportamenti di aggressione alla liberta’ personale di natura sessuale (vedi, per la fattispecie analoga di cui all’articolo 317 bis c.p., Sez. 6, n. 8148 del 26/03/1992 – dep. 22/07/1992, Pellegrini ed altro, Rv. 19140201 e Sez. 6, n. 9204 del 17/01/2005 – dep. 09/03/2005, Mancini ed altro, Rv. 23076501; per la sanzione accessoria della rimozione dal grado, articolo 230 c.p.m.p., comma 3, vedi Sez. 1, n. 34368 del 15/07/2009 – dep. 07/09/2009, P.G. in proc. Di Castro, Rv. 24481801; per la pubblicazione della sentenza di condanna per il reato di cui all’articolo 515 c.p., prevista dall’articolo 518 c.p., Sez. 3, n. 24190 del 24/05/2005 – dep. 27/06/2005, Bala, Rv. 23194701).
Alla dichiarazione di inammissibilita’ consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende, nonche’ alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile (OMISSIS) che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati significativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 del in quanto imposto dalla legge.
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