Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 19 settembre 2017, n. 42574. In caso di reato di lesione personale commesso in occasione di maltrattamenti

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In particolare, e’ stato gia’ affermato che nel caso di reato di lesione personale, commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, i due fatti non possono essere ritenuti automaticamente aggravati dalla circostanza del nesso teleologico, prevista dall’articolo 61 c.p., n. 2, essendo necessario accertare sul piano oggettivo che le azioni costitutive dei due reati siano distinte e, su quello soggettivo, la volonta’ dell’agente di commettere il reato-mezzo in direzione della commissione del reato scopo (Sez. 6, n. 3368 del 12/01/2016, P.G., Rv. 266008).
Al riguardo, il provvedimento impugnato nulla ha dedotto, limitandosi ad affermare, invero tautologicamente, che tutte le azioni accessorie al delitto di maltrattamenti dovevano considerarsi avvinte dal nesso teleologico con detto reato, “la cui condotta si sviluppa ad ampio raggio”, mentre le fattispecie concorrenti si ponevano come promanazione materiale di atti autonomamente iniqui ed antigiuridici, ma consentiti dal contesto ambientale determinato dalla condotta maltrattante.
Alla stregua del richiamato costante orientamento, quindi, si impone in proposito l’annullamento in parte qua del provvedimento impugnato, con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto dei ricordati principi e della loro incidenza nella fattispecie.
4.3. In ordine al terzo motivo, il riconoscimento della futilita’ del motivo presuppone, da parte del giudice, la necessaria identificazione in concreto della natura e della portata della ragione giustificatrice della condotta delittuosa, quale univoco indice di un istinto criminale piu’ spiccato e di un elevato grado di pericolosita’ dell’agente (era stato cosi’ precisato che il motivo di gelosia puo’ portare ad escludere l’aggravante in questione se si tratti di spinta davvero forte dell’animo umano, che puo’ indurre a gesti del tutto inaspettati e illogici e sempre che la condotta non sia in realta’ espressione di uno spirito punitivo nei confronti della vittima, considerata come propria appartenenza) (Sez. 1, n. 18779 del 27/03/2013, Filocamo, Rv. 256015).
Vero e’, peraltro, che dall’esame degli atti specificamente indicati non si evince alcun riferimento alla ossessiva gelosia (cfr. pag. 8 della sentenza del Tribunale di Milano) che avrebbe rappresentato “essenzialmente” quei futili motivi alla presunta base della condotta aggressiva sfociata nell’episodio violento del mese di aprile 2009. D’altronde anche a questo proposito il provvedimento impugnato nulla ha inteso chiarire al riguardo, ed anzi appare illogicamente collegare la pretesa futilita’ alle attestazioni di cui al referto medico (cfr. penultima pagina, non numerata, della sentenza della Corte territoriale, laddove e’ oscuramente affermato che “la futilita’…e’ obiettivamente emergente dalla pretestuosita’ della condotta lesiva, che peraltro…e’ stato puntualmente descritto dalla (OMISSIS), oltre che attestato…dal referto medico”), in tal modo ponendo in connessione una spinta emotiva con le risultanze oggettive della condotta violenta trasfuse nel certificato medico.
4.4. Il quarto motivo non e’ invece fondato.
Vero e’, infatti, che in materia di delitti di violenza sessuale, la procedibilita’ d’ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall’articolo 609-septies c.p., comma 4, n. 4 si verifica non solo quando vi e’ connessione in senso processuale (articolo 12 c.p.p.), ma anche quando v’e’ connessione in senso materiale, cioe’ ogni qualvolta l’indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l’uno in occasione dell’altro, oppure l’uno per occultare l’altro oppure ancora quando ricorrono i presupposti di uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell’articolo 371 c.p.p. (Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016, B. e altri, Rv. 268313; Sez. 3, n. 10217 del 10/02/2015, G., Rv. 262654).
Ed in specie la procedibilita’ d’ufficio del delitto di maltrattamenti determina, comunque ed in ogni caso, la procedibilita’ d’ufficio anche del reato di violenza sessuale, unito dal primo col vincolo della continuazione (articolo 12 c.p.p., comma 1, lettera b), vincolo la cui sussistenza non e’ stata revocata in dubbio, per cui certamente si ricade nell’ipotesi di connessione rilevante.
4.5. In definitiva, sono fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, mentre nel resto l’impugnazione va rigettata.
5. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, la sentenza impugnata va annullata, limitatamente alla configurabilita’ delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 61 c.p., n. 1 e articolo 61 c.p., n. 2, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilita’ delle circostanze aggravanti di cui all’articolo 61 c.p., n. 1 e articolo 61 c.p., n. 2 e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano.
Rigetta nel resto il ricorso.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52 in quanto imposto dalla legge.

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