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La Corte di appello tuttavia ha escluso l’applicabilita’ della sentenza Taricco e la conseguente disapplicazione delle norme sulla prescrizione sulla base di due considerazioni:l’insussistenza di una ipotesi di frode grave, presupposto fissato dalla sentenza Taricco; inoltre, per i casi di frode che riguardano lo Stato Italiano non verrebbero previsti termini di prescrizione piu’ lunghi.
Obietta il ricorrente che il caso di frode grave e’ quello, determinato da ogni paese con la applicazione di sanzioni penali e, comunque, e’ grave, avuto riguardo alle norme del trattato indicate nel ricorso, ogni frode che riguardi un importo superiore a 50.000 Euro.
Nel caso di specie, la frode di cui al capo 1), e’ stata quantificata nella misura di 420.000 Euro.
Peraltro, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe intrinsecamente contraddittoria, sul rilievo che la frode contestata all’imputato (OMISSIS) al capo 2 (reato presupposto della responsabilita’ della societa’) e la frode di cui al capo 1 sarebbero sostanzialmente di pari entita’ (448.467 Euro, la seconda, a fronte di 420.000 Euro, la prima).
Al ricorrente appare dunque chiaramente contraddittoria la qualificazione del capo 2 come frode di rilevante entita’ ed il disconoscimento della gravita’ della frode di cui al capo I per una somma pressoche’ identica.
Inoltre appare errata e contraddittoria la motivazione nella parte in cui evidenzia che la importazione della nave sia stata effettuata dagli imputati senza l’ausilio di alcuna struttura organizzativa.
Sarebbe stato compito del giudice nazionale, allora; ricercare l’esistenza di interpretazioni possibili che non fossero di ostacolo ai principi del trattato o alla giurisprudenza della Corte Europea, percorso esegetico percorribile, secondo il ricorrente, ammettendo la natura permanente del reato, gia’ ritenuta dalla giurisprudenza, o quanto meno ritenere la decorrenza del termine per ogni nuova importazione, e cio’ avrebbe consentito di evitare o quanto meno di ridurre il contrasto.
2.2. La (OMISSIS) Srl, in persona del liquidatore (OMISSIS), affida il ricorso a quattro complessi motivi.
2.2.1. Con il primo motivo, la societa’ ricorrente deduce la mancanza, la contraddittorieta’ o la manifesta illogicita’ della motivazione su punti decisivi per il giudizio in relazione al capo 3) della contestazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).
Precisa che la censura e’ rivolta all’omessa motivazione sul punto relativo alla responsabilita’ della Societa’, rispetto alla quale ne’ il Tribunale, ne’ la Corte territoriale hanno dato effettivo conto, omettendo il debito vaglio delle prove assunte.
In particolare, sia la Corte di appello e sia il Tribunale hanno omesso di considerare: a) la prova costituita dal prospetto riepilogativo prodotto dal consulente tecnico della difesa, dal quale emergevano i noleggi effettuati (anche a terzi) ed i relativi valori; b) la prova dichiarativa resa dal teste Agnello a proposito delle finalita’ perseguite con la creazione della societa’, in uno con l’e-mail inviata dall’avv. (OMISSIS) all’avv. (OMISSIS) prodotta in giudizio.
Quindi, la Corte d’appello (con acritico rinvio alle argomentazioni del Giudice di prime cure), ha confermato la penale responsabilita’ della (OMISSIS) S.r.l., ritenendo fittizia la destinazione dell’imbarcazione ai fini commerciali, richiamando al riguardo integralmente le osservazioni svolte nella sentenza di primo grado e limitandosi ad affermare che “cio’ che conta e’ l’assenza tra l’imputato e (OMISSIS) del rapporto negoziale che si stabilisce tra noleggiatore e noleggiante”.
Tuttavia, l’istruttoria dibattimentale ha dimostrato come, nel periodo in contestazione, l’Ambasciatore (OMISSIS), attraverso la forma del finanziamento soci, abbia regolarmente corrisposto congrui canoni di noleggio per i periodi relativi al c.d. autoconsumo (riconosciuto lecito dallo stesso tribunale) ed abbia, comunque, anche pubblicizzato e noleggiato a terzi il M/Y (OMISSIS).
Invece, la Corte di appello nel pervenire alla decisione sul punto censurata non ha, al pari del tribunale, minimamente considerato il prospetto riepilogativo fornito nel corso della deposizione dal consulente tecnico della difesa, documento nel quale erano indicate le due occasioni in cui lo yacht venne noleggiato a terzi, emergendo, inoltre, l’assoluta congruita’ tra il prezzo pagato (sia pure sotto forma di conferimento soci) ed il periodo di utilizzo personale dell’imbarcazione da parte dell’Ambasciatore (OMISSIS) (sulla base delle imputazioni dei conti economici e dei bilanci).
Ne’ la Corte di appello ha considerato le dichiarazioni rese dal teste del pubblico ministero, brigadiere Agnello, il quale ha ammesso, esaminando la corrispondenza e-mail intercorsa tra gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), che la costituzione della societa’ non aveva finalita’ elusiva di imposte e/o di contributi o comunque fraudolenta, con la conseguenza che la motivazione della Corte di appello in parte qua sarebbe ulteriormente affetta da gravi lacune argomentative anche in ordine alla natura della (OMISSIS), alle finalita’ dell’iscrizione dell’imbarcazione nel registro riservato alle navi adibite esclusivamente a traffici commerciali internazionali e alla loro rilevanza al fine dell’inquadramento giuridico della fattispecie.
2.2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione delle legge penale in relazione all’articolo 649 c.p.p. (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b)).
Afferma come i giudici del merito abbiano respinto l’eccezione di sospensione del procedimento o di declaratoria di improcedibilita’ dell’azione penale, ex articolo 649 c.p.p., a fronte della pendenza di due paralleli procedimenti sanzionatori amministrativi, relativi al medesimo fatto, evidenziati dalle dichiarazioni rese in dibattimento dal consulente tecnico della difesa.
Il Tribunale prima e la Corte d’Appello, poi, hanno ritenuto infondata l’istanza formulata, sull’erroneo presupposto che nessuno dei procedimenti instaurati per il recupero delle somme evase per effetto del reato contestato al capo 2) della rubrica ad (OMISSIS) risultasse definito con sentenza divenuta irrevocabile, confezionando una pronuncia in contrasto con il principio del ne bis in idem, essendo emerso che i procedimenti sanzionatori amministrativi sono stati definiti con sentenze, allegate al ricorso, divenute irrevocabili.
Richiamato l’articolo 4 paragrafo 7 della Cedu e la giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, a partire dalla sentenza Grande Stevens contro Italia, la ricorrente evidenzia come non possa essere trascurato il fatto che, proprio con quest’ultima decisione, la Corte Edu abbia messo in luce il principio secondo il quale la norma richiamata (e il corrispondente articolo 50 della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea), facciano riferimento al divieto di essere anche solo “perseguiti” (dunque processati) e non solo condannati, in presenza di precedente giudizio, che abbia avuto identita’ di contestazione, con cio’ intendendo che la condotta che ha dato luogo ai distinti procedimenti sia necessariamente identica, situazione nella specie sussistente, con la conseguenza che il principio del ne bis in idem risulta violato e doveva pertanto essere dichiarato il non luogo a procedere e derivando da cio’ l’annullamento della sentenza impugnata, confermativa di quella del Primo Giudice.
2.2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente eccepisce la legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 22, con riferimento all’articolo 3 Cost., e articolo 111 Cost., comma 2; violazione dell’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo.
Premette che la Corte d’Appello di Genova ha dichiarato l’estinzione del reato presupposto dell’illecito contestato alla Societa’ al capo 3) per intervenuta prescrizione ma in relazione all’analogo capo 3) contestato alla (OMISSIS) S.r.l. tale pronuncia non e’ invece stata possibile in quanto il Decreto Legislativo n. 231 del 2001, articolo 22, al comma 4, prevede che “se l’interruzione e’ avvenuta mediante la contestazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il. giudizio”.
La disciplina della prescrizione sancita dal Decreto Legislativo n. 231 del 2001, si discosta, quindi, considerevolmente dal regime previsto dall’articolo 157 c.p., rendendo l’illecito amministrativo a carico dell’ente, in presenza di un valido atto interruttivo, sostanzialmente imprescrittibile.
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