Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 19 dicembre 2017, n. 30388. L’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da un veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità

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Non puo’ non rimarcarsi che entrambi questi fondamentali interventi hanno individuato come parametro l’oggettiva comprensibilita’ del ragionamento seguito dal giudice per formare il suo convincimento: parametro che, ictu oculi, incarna il ruolo della motivazione, ovvero la trasparenza nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Quest’ultima e’ si’ manifestazione della sovranita’ popolare attraverso il pertinente strumento normativo (articolo 101 Cost., comma 1); ma laddove la conformita’ a esso non assorbe in toto l’esercizio della giurisdizione, ovvero laddove non trattasi esclusivamente di questione di diritto bensi’ di accertamento di fatto, ontologicamente non essendo sufficienti ad attribuire la necessaria trasparenza all’esercizio della giurisdizione neppure le norme che dettano la via procedurale e i canoni interpretativi degli elementi probatori, il giudice e’ tenuto a rendere conto di come e’ pervenuto ad accertare il fatto in forza del combinato disposto dell’articolo 101, comma 1 e dell’articolo 111 Cost., comma 6. Se, dunque, sul contenuto dell’accertamento il giudice di legittimita’ non ha alcun sindacato, rimane peraltro, in una lettura costituzionalmente orientata, nell’ambito denunciabile del vizio motivazionale anche il profilo dell’apparenza della motivazione, da intendersi come motivazione che non esterna realmente l’iter decisionale di fatto, bensi’ offre una motivazione in termini di stile assolutamente generici o anche argomenta su dati specifici ma comunque in modo oggettivamente incomprensibile, pure per incompletezza e/o insuperabile illogicita’. E quest’ultima patologica conformazione affligge, invero, la motivazione della sentenza impugnata.
3.3.2 La corte territoriale, anzitutto, come gia’ sopra si anticipava, ha dedicato la maggior parte della sua motivazione ad esternare perche’ si dovrebbe ritenere che la bambina era venuta dalla sinistra della Mercedes, e quindi dal lato delle autorimesse, dove si trovava anche parcheggiata la Fiat di suo padre, anziche’ dalla destra della Mercedes, dove in fondo all’area cortiliva era posta una recinzione. Tutti gli argomenti che vengono utilizzati sono, per cosi’ dire, “invertiti” nel loro pur evidente significato, in modo che conducono la corte territoriale ad una incomprensibilita’/illogicita’ insuperabile nel senso appena esposto.
In primo luogo, secondo il giudica d’appello proverebbe che la bambina veniva da sinistra il fatto che “fu estratta da sotto l’auto investitrice ove si trovava supina con il capo rivolto verso le autorimesse e i piedi rivolti verso la recinzione” (motivazione, pagina 13). Se i piedi erano verso destra, non si capisce attraverso quale iter logico la corte territoriale ne deduca che la bambina veniva da sinistra; ne’ la corte aggiunge chiarimenti, subito passando, invece, alla considerazione di elementi ulteriori.
In secondo luogo, afferma la corte territoriale che dimostrerebbe la provenienza della bambina non da destra il dato delle macchie di sangue. La corte da’ atto (motivazione, pagina 13) che queste sono state “rilevate alla distanza di cm. 70 dalla recinzione” – il che, logicamente, dovrebbe valere a favore di una provenienza dalla recinzione, avendo la stessa corte in precedenza constatato (a pagina 12) che l’area cortilizia era larga m. 9,30 -. Ma la corte imbocca un’altra strada (motivazione, pagine 13-14): introduce le dichiarazioni del padre della bambina, che aveva detto di avere estratta dalla fiancata destra della Mercedes (anche questo avrebbe dovuto logicamente deporre, si nota per inciso, a favore di una provenienza da destra della bimba investita) la figlia “che perdeva sangue dal volto”; il padre riferisce pure che la bimba “ansimava, aveva gli occhi chiusi e non reagiva” ed egli la teneva tra le braccia “con il volto riverso al suolo”. E allora la corte territoriale, nonostante che (pagina 10 della motivazione) aveva constatato poco prima che nel secondo motivo d’appello gli attuali ricorrenti avevano addotto a sostegno della provenienza della bimba da destra “la presenza di gocce di sangue rinvenute per terra, cosi’ che la stessa doveva essere stata investita non sulla sinistra all’ingresso delle autorimesse, per essere sbucata da dietro l’auto paterna, ma sul fondo delle autorimesse, sulla destra”, afferma che “quelle tracce di sangue e’ pacifico che non sono indicative del punto d’urto e quindi della posizione della bambina all’atto dell’investimento, ma solo della posizione della stessa una volta estratta da sotto l’autovettura”. Non solo, quindi, la corte territoriale converte una censura rispetto alla prima sentenza presente nel secondo motivo d’appello nel riconoscimento di un dato come pacifico, ma effettua altresi’ la relativa inversione sulla base di un ragionamento altamente illogico: se infatti la bambina e’ stata estratta da sotto l’auto in una situazione gia’ gravissima (“ansimava, aveva gli occhi chiusi e non reagiva”) e con il volto che perdeva sangue, non si comprende perche’, come afferma la corte territoriale, le macchie di sangue rinvenute debbano essere esclusivamente quelle che caddero a terra quando la bambina era stata estratta da sotto la Mercedes, e non possano essere invece macchie lasciate dalla bambina quando era a contatto con l’asfalto sotto la Mercedes, visto poi che quando fu estratta gia’ sanguinava.

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