Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 7 dicembre 2017, n. 29335. Nel risarcimento danni per mancato rimborso Iva

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Anche la giurisprudenza amministrativa reputa che elemento costitutivo della fattispecie sia il requisito soggettivo della colpa, coerentemente alla natura del danno ingiusto. Sulla base di tale comune presupposto secondo un indirizzo, al di fuori del peculiare settore degli appalti pubblici – dove la specialita’ del sistema di tutela (fortemente connotato dall’impronta derivante dalla normativa U.E.) giustifica un regime speciale di responsabilita’ di natura essenzialmente “oggettiva” -, negli altri ambiti la responsabilita’ civile della Pubblica amministrazione continua ad essere di natura “soggettiva” e, quindi, fondata anche sull’elemento della colpa, in conformita’ con la regola che vale nei rapporti tra privati (articolo 2043 c.c.), ma la colpa non si identifica nell’illegittimita’ del provvedimento, richiedendo un quid pluris, rappresentato dalla rimproverabilita’ soggettiva, in termini di inescusabilita’, dell’errore che ha determinato il vizio di invalidita’ del provvedimento amministrativo, fonte materiale del danno (Cons. Stato, sez. 5, 19 giugno 2017, n. 2986; sez. 5, 21 aprile 2016, n. 1584; sez. 3, 9 giugno 2014, n. 2896; sez. 5, 27 maggio 2014, n. 2708; sez. 4, 17 febbraio 2014, n. 744; sez. 4, 12 febbraio 2014, n. 674).
Secondo altro indirizzo il privato puo’ limitarsi ad allegare l’illegittimita’ dell’atto dovendosi per il resto fare applicazione, al fine della prova dell’elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all’articolo 2727 c.c.; di conseguenza spetta all’Amministrazione dimostrare che si e’ verificato un errore scusabile, il quale e’ configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessita’ del fatto, d’influenza determinante di comportamenti di altri soggetti o di illegittimita’ derivante da una successiva dichiarazione d’incostituzionalita’ della norma applicata; graverebbe quindi sulla p.a. la prova della particolare complessita’ del quadro giurisprudenziale e normativo relativamente ai profili di illegittimita’ della procedura di assunzione ai fini della scusabilita’ dell’errore (Cons. Stato, sez. 4, 6 aprile 2017, n. 1607; sez. 4, 22 novembre 2016, n. 4896; sez. 6, 28 agosto 2013, n. 4310; sez. 5, 12 febbraio 2013, n. 798; sez. 5, 19 novembre 2012, n. 5846; sez. 4, 31 gennaio 2012, n. 482). Questo secondo indirizzo non esclude l’autonomia del requisito soggettivo della colpa, ma sul piano probatorio attribuisce all’illegittimita’ il carattere di indice presuntivo della sua esistenza.
Deve inoltre essere considerato che le peculiarita’ dell’obbligazione tributaria impongono che l’azione dell’Amministrazione finanziaria sia vincolata al dettato normativo nella determinazione dell’an e del quantum del tributo fissato dal legislatore e che non residua in linea di principio alcuno spazio valutativo degli interessi del privato coinvolti nella fattispecie concreta, diversi da quello della applicazione del tributo in misura conforme alla capacita’ contributiva espressa dal presupposto. L’errore scusabile dell’Amministrazione non attiene quindi alla complessita’ del fatto relativa gli interessi da ponderare, implicata dall’esercizio della discrezionalita’ amministrativa.
Cio’ premesso, va detto che la regola dell’onere della prova e’ una regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980). Il giudice di merito ha affermato che mancava la prova che nel rifiuto del controverso rimborso dell’IVA vi fosse stata una deliberata violazione delle regole di imparzialita’ e correttezza in danno del contribuente e ha posto le conseguenze sfavorevoli di tale mancanza di prova in capo al contribuente. In tale modo ha correttamente posto a carico del contribuente l’onere della prova in ordine al requisito della colpa. Anche seguendo l’indirizzo di parte della giurisprudenza amministrativa secondo cui l’illegittimita’ dell’azione amministrativa e’ indice presuntivo della presenza della colpa, il giudice di merito ha escluso l’efficacia presuntiva in discorso perche’ ha valutato, in base ad un proprio giudizio di merito impugnabile nella presente sede di legittimita’ solo nei limiti del vizio motivazionale, che l’Ufficio ha legittimamente interpretato la normativa con riferimento ad “una questione interpretativa di ragionevole disputabilita’”, sicche’ ha ritenuto insussistente un profilo colposo nella condotta dell’Amministrazione (la stessa ricorrente deduce del resto che il primo intervento della Corte di Cassazione, a chiarimento della normativa, e’ del 1999 e dunque successivamente alla condotta dell’Amministrazione per la quale e’ stato promosso il giudizio).
Per il resto la censura, in particolare nel secondo motivo, confluisce nella rivisitazione del giudizio di merito in ordine all’esistenza della condotta colposa dell’Amministrazione, che e’ profilo valutabile nella presente sede di legittimita’ esclusivamente nei limiti del vizio motivazionale quale omesso esame di fatto decisivo e controverso (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), vizio nella specie non denunciato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo sulla base del valore della domanda in appello cosi’ come indicato a pag. 13 del ricorso, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 15.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

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