Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 9 marzo 2018, n. 10762. Il delitto di peculato è configurabile, anche in base all’articolo 48, quando il denaro o la cosa mobile sono nella disponibilità giuridica concorrente di più ufficiali, e uno se ne appropria (anche attraverso atti amministrativi) inducendo in errore gli altri

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amente, non solo inganna gli altri pubblici agenti dotati di competenza concorrente, ma anche, e specificamente, abusa di questa sua gia’ esistente disponibilita’ sul bene conferitagli dall’ordinamento.
Nell’ipotesi indicata, d’altro canto, sono ravvisabili sia la dolosa partecipazione di un soggetto munito della qualifica richiesta, sia la violazione dello specifico dovere di lealta’ del pubblico agente che viene in rilievo nella fattispecie di peculato; pertanto, non ricorrono neppure gli ostacoli che parte della dottrina oppone alla applicabilita’ della disciplina prevista dall’articolo 48 c.p. alla figura criminosa del peculato.
Una volta ammessa l’applicazione del combinato disposto degli articoli 48 e 314 c.p. in riferimento alla condotta di un pubblico agente, non sembrano ipotizzabili nemmeno problemi derivanti dall’astratta configurabilita’ della fattispecie di truffa aggravata a norma dell’articolo 61 c.p., n. 9, in ragione del principio di specialita’.
Invero, e’ la disciplina relativa al peculato per induzione in errore a presentarsi come speciale rispetto all’altra, proprio perche’ caratterizzata dalla precedente disponibilita’ giuridica, sia pur concorrente, in ordine al bene oggetto di appropriazione. D’altro canto, in relazione a fatti riferibili alla tipologia di vicende in esame, se si ritenesse configurabile la truffa aggravata, sarebbe sempre preclusa l’applicazione del combinato disposto degli articoli 48 e 314 c.p., mentre a ravvisare l’operativita’ di quest’ultima disciplina, la fattispecie di truffa aggravata a norma dell’articolo 61 c.p., n. 9, conserverebbe comunque una sua sfera di intervento nelle ipotesi in cui il pubblico agente non abbia la disponibilita’ o co-disponibilita’ del bene.
4.3. Applicando il principio indicato alla concreta fattispecie oggetto di giudizio, deve ritenersi corretta la sussunzione della stessa nella figura del peculato, a norma del combinato disposto di cui agli articoli 48 e 314 c.p..
Ed infatti, la sentenza impugnata evidenzia che (OMISSIS) aveva la co-disponibilita’ giuridica del denaro corrisposto senza causa alle sei assistenti amministrative, in quanto persona preposta all’organo competente all’attivita’ istruttoria in ordine alla pratica, nonche’ alla predisposizione del provvedimento finale di spesa, ed aveva indotto in errore il Consiglio di amministrazione del Conservatorio, e, in particolare, il presidente di questo, rassicurandolo sulla regolarita’ della deliberazione, cosi’ da far emettere l’atto definitivo della procedura.
5. Ritenuta corretta la definizione giuridica del fatto in termini di peculato, viene meno ogni fondamento ai rilievi esposti nel terzo motivo di ricorso, i quali sollecitano una dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione, previa riqualificazione delle condotte in contestazione come truffa aggravata.
Ed infatti, una volta confermata la sussunzione della vicenda nello schema del peculato, il termine di prescrizione non risulta ancora decorso, in quanto pari a dodici anni e sei mesi dalla data della condotta, e senza nemmeno computare le sospensioni verificatesi e correttamente segnalate dalla difesa.
6. All’infondatezza delle censure proposte segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

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