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Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è ragione per discostarsi, l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è rilevabile in Cassazione solo se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; il controllo di questa Corte, infatti, non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e/o la concludenza dei dati probatori, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, che lo rendono incensurabile in sede di legittimità: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (ex plurimis: Cass. F, n. 47748 dell’11/08/2014, Rv. Contarini; Cass. 1, sent. 1769 del 28/04/95, Ciraolo, Rv. 201177; Cass. 4, sent. 2050 del 24/10/96, Marseglia, Rv. 206104).
6. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari in quanto la già intervenuta sospensione dal servizio disposta dall’Ufficio Scolastico Regionale per la (…) avrebbe eliso ogni pericolo di recidiva ed il procedimento disciplinare, incardinato nei confronti della imputata, era, inoltre, medio tempore stato sospeso, in conformità al contenuto precettivo dell’art. 55 ter, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, sino all’esito del processo penale.
La permanenza della sospensione dal servizio per la D. in costanza del procedimento penale per il reato di maltrattamenti in famiglia, pertanto, rendeva illegittimo il cumulo della misura cautelare interdittiva con la sospensione dal servizio già adottata dall’Ufficio Scolastico Regionale per la (…).
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria avrebbe, infatti, potuto legittimamente applicare la misura interdittiva prevista dall’art. 289 cod. proc. pen. solo qualora fosse venuta meno la sospensione disposta in via amministrativa.
7. Anche tale doglianza si rivela, tuttavia, manifestamente infondata.
Con riferimento alla efficacia dei provvedimenti di sospensione dal servizio disposti dalla autorità amministrativa in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e, segnatamente, al pericolo di recidiva, la giurisprudenza di legittimità, anche in seguito alla introduzione del canone dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato nell’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. ad opera della legge 16 aprile 2015, n. 47, ha ribadito che il giudice della cautela, senza che operi alcun automatismo in materia, deve indicare gli elementi specifici sulla scorta dei quali abbia stimato reale e tuttora esistente il pericolo che l’indagato, pur allontanato dall’ufficio e, dunque, avulso dal contesto ambientale nel quale sono maturate le condotte criminose, possa ancora avere la possibilità e l’occasione di reiterare condotte offensive dei medesimi beni giuridici per commettere altre condotte analoghe eventualmente anche quali ‘estranei’.
La disamina del pericolo di recidiva deve, pertanto, fondarsi su dati concreti ed oggettivi, non meramente congetturali, attinenti al caso di specie, che rendano tale esigenza reale ed attuale, cioè effettiva nel momento in cui si procede all’applicazione della misura cautelare (Cass., sez. VI, 11 febbraio 2016, n. 8211, Rv. 266511).
In tale contesto interpretativo, in particolare, il giudice della cautela deve valutare il novum rappresentato dai provvedimenti disposti nei confronti dell’indagato, verificando se gli stessi ‘siano o meno definitivi, risultando ovvia la diversa rilevanza suscettibile di dispiegare, ai fini del giudizio prognostico sul punto, da un provvedimento di sospensione solo temporaneo o precario -obiettivamente insuscettibile di consentire una prognosi tranquillante circa il rischio di reiterazione criminosa – rispetto a quello di rimozione definitiva dall’ufficio’.
Il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha, pertanto, fatto buon governo di tali principi, ritenendo comunque sussistente il pericolo concreto ed attuale di recidiva, pur a fronte della sospensione, disposta in via amministrativa, della indagata dal servizio, in ragione della pericolosità sociale della medesima, icasticamente dimostrata dai sistematici ‘comportamenti devianti oggetto di contestazione’.
La ordinanza impugnata, con motivazione logica e coerente, ha, inoltre, rilevato come la sospensione adottata dall’Ufficio Scolastico Regionale dal servizio non possa essere considerata elemento idoneo a far ritenere scemate o insussistenti le esigenze cautelari ed, in specie, il pericolo di reiterazione della condotta criminosa per come contestata, in quanto ‘costituisce un provvedimento autonomo, che può avere diversa e minore durata e con effetti diversi sul piano lavorativo’.

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