Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40959. L’ordinario ricorso alla violenza nei confronti di un minore non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione ma in quella più grave di maltrattamenti.

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Il Tribunale del riesame di Catanzaro ha congruamente rilevato che le immagini registrate dalle videocamere avevano consentito di riscontrare la presenza di ‘condotte che travalicano sia i comportamenti di rinforzo educativo e sia l’abuso dei mezzi di correzione, trasmodando nell’atteggiamento di violenza fisica e psicologica che concretizza il reato di maltrattamenti’.
Il Tribunale del riesame, inoltre, all’esito della visione diretta dei filmati acquisiti, con motivazione congrua, ha ritenuto, provato il clima di tensione emotiva sistematicamente instaurato all’interno delle classi dalla D. , connotato da urla, reazioni esagerate aventi ad oggetto la punizione e la correzione degli alunni, nonché episodi di compressione fisica di varia intensità, trasmodati in alcuni casi nell’utilizzo di violenza fisica di apprezzabile entità.
Alla stregua di tale puntuale ricostruzione del fatto, la qualificazione adottata dalla ordinanza impugnata si rivela pienamente conforme ai principi costantemente ribaditi in proposito dalla giurisprudenza di legittimità.
L’uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può, infatti, rientrare nell’ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti (ex plurimis: Sez. 6, n. 11956 del 15/02/2017, B., Rv. 269654; Sez. 6, n. 53425 del 22/10/2014, B., Rv. 262336; Sez. 6, n. 36564 del 10/05/2012, C., Rv. 253463).
La giurisprudenza di questa Corte ha, del resto, stabilito, oltre venti anni fa, come con riguardo ai bambini il termine ‘correzione’ va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. In ogni caso non può ritenersi tale l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice. Ne consegue che l’eccesso di mezzi di correzione violenti non rientra nella fattispecie dell’art. 571 cod. pen. (abuso di mezzi di correzione) giacché intanto è ipotizzabile un abuso (punibile in maniera attenuata) in quanto sia lecito l’uso (Sez. 6, n. 4904 del 18/03/1996, Rv. 205033).
5. Manifestamente infondata si rivela, inoltre, la doglianza relativa all’asserito travisamento dei singoli episodi di maltrattamenti ed alla assenza del dolo unitario del delitto contestato, essendo la stessa, in realtà, intesa ad ottenere una diversa, e più favorevole lettura, del medesimo compendio probatorio, declinato dalla difesa in una chiave di lettura edulcorata e minimizzante.
Tale motivo di ricorso si rivela, infatti, inammissibile per come è dedotto, in quanto è volto a sollecitare una incursione della Corte di legittimità nella disamina diretta del compendio probatorio posto a fondamento della misura coercitiva di cui si controverte ed una integrale rivalutazione dello stesso.
Anche nel giudizio incidentale cautelare, tuttavia, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha, infatti, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un apparato argomentativo logico sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostenere il proprio convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello della ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 47289 del 10/12/2003, Petrella, Rv. 226074; Sez. U, n. 6402, 30 aprile 1997, Dessimone, Rv. 207044).

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