Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40959. L’ordinario ricorso alla violenza nei confronti di un minore non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione ma in quella più grave di maltrattamenti.

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La sospensione deliberata in via amministrativa ha, infatti, efficacia meramente interinale ed, operando rebus sic stantibus, potrebbe essere revocata o, comunque, annullata pur in pendenza del procedimento penale.
Nessun rilievo può, inoltre, assumere nella specie la dedotta sospensione del procedimento disciplinare, in quanto la stessa costituisce una sopravvenienza intervenuta successivamente alla adozione della ordinanza impugnata e che, comunque, non muta i tratti strutturali del provvedimento di sospensione adottato in via amministrativa.
Inconferente si rivela, inoltre, nella specie il contenuto precettivo dell’art. 55 ter, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, pur invocato dalla ricorrente, in quanto tale norma, rubricata ‘Rapporti tra procedimento disciplinare e procedimento penale’, prevede che ‘nei casi di particolare complessità dell’accertamento del fatto addebitato al dipendente e quando all’esito dell’istruttoria non dispone di elementi sufficienti a motivare l’irrogazione della sanzione, può sospendere il procedimento disciplinare fino al termine di quello penale…Resta in ogni caso salva la possibilità di adottare la sospensione o altri provvedimenti cautelari nei confronti del dipendente’.
Tale norma, pertanto, nulla prevede in ordine alla durata del provvedimento cautelare adottato in sede amministrativa, che può seguire vicende autonome in attesa della definizione del procedimento disciplinare.
8. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato, ed la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
In ragione delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che si ravvisano ragioni di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve, altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro millecinquecento in favore della cassa delle ammende

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