Il giudice di appello che riformi ai soli fini civili la sentenza di assoluzione di primo grado all’esito di rito abbreviato sulla base di una diversa valutazione dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è tenuto a rinnovare il dibattimento, anche d’ufficio. Inoltre la fonte della prova dichiarativa decisiva da rinnovare può essere non solo il testimone ma qualsiasi dichiarante, compreso l’imputato.
Sentenza 6 settembre 2017, n. 40535
Data udienza 13 luglio 2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere
Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere
Dott. SCALIA Laura – Consigliere
Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 22/02/2016 della Corte d’appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Antonio Corbo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito, per l’imputata, l’avvocato (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza emessa in data 22 febbraio 2016, la Corte di appello di Brescia, in riforma della sentenza pronunciata all’esito di giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia, su impugnazione della parte civile (OMISSIS), ha dichiarato responsabile ai fini civili (OMISSIS) del reato di falsa testimonianza e la ha condannata al risarcimento del danno, da determinarsi in separato giudizio civile, nonche’ al pagamento della provvisionale di Euro 5.000,00.
La (OMISSIS) e’ stata accusata di aver dichiarato il falso in qualita’ di testimone in un procedimento civile intercorso tra la sorella (OMISSIS) e (OMISSIS), in particolare affermando che: -) la sorella (OMISSIS) aveva consegnato alla (OMISSIS) in contanti la somma di Euro 79.451,00, dietro la restituzione di due assegni di pari importo; -) la sorella (OMISSIS) si era incontrata con la (OMISSIS) dopo la stipula dell’atto notarile relativo al contratto preliminare avente ad oggetto la vendita di un immobile; -) la sorella (OMISSIS) aveva consegnato alla (OMISSIS) le chiavi dell’immobile ed era stata autorizzata dalla controparte all’uso dell’immobile ed al cambiamento delle serrature. Il G.u.p. del Tribunale di Brescia aveva assolto la (OMISSIS) dal reato in contestazione ritenendo gli elementi di prova insufficienti ai fini dell’affermazione della penale responsabilita’ dell’imputata.
2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS), quale difensore di fiducia di (OMISSIS), e, successivamente, motivi nuovi.
2.1. Il ricorso e’ articolato in un unico motivo, con il quale si lamenta violazione di legge, in riferimento all’articolo 530 cod. proc. pen., comma 2, e articolo 533 cod. proc. pen., comma 1, nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 cod. proc. pen., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla ritenuta sussistenza del fatto di reato, in ragione della valutazione della prova documentale e delle dichiarazioni della persona offesa.
Si deduce che la sentenza impugnata ha violato il principio secondo cui la colpevolezza puo’ essere affermata solo quando e’ superato ogni ragionevole dubbio. Ed infatti, innanzitutto, si rappresenta che la deposizione dell’imputata e’ stata ritenuta attendibile sia nella causa civile, sia dal G.u.p. del Tribunale di Brescia. Si osserva, poi, che: a) le dichiarazioni della persona offesa (OMISSIS) risultano in contrasto con quanto riportato nella scrittura privata del 15 luglio 2004 in ordine al numero di assegni dati a garanzia; b) l’assenza della disponibilita’ di quietanze di pagamento da parte di (OMISSIS) e’ logicamente spiegata dal passaggio “in nero” del denaro e dall’immissione in possesso concessa alla stessa dalla (OMISSIS) nell’immobile all’acquisito del quale si riferiva, come parte del compenso, la somma di cui si discute; c) la provenienza dei due assegni, prodotti dall’imputata in giudizio a sostegno delle sue dichiarazioni, da un blocchetto rilasciato a novembre 2004, e quindi ben dopo il 15 luglio 2004, non smentisce le dichiarazioni della stessa, stante la verosimile sostituzione degli assegni nel corso del tempo, in quanto gli stessi, otto giorni dopo la consegna, diventano revocabili; d) l’assenza di contestazioni della (OMISSIS) fino al 2011 e’ indicativa della disponibilita’, da parte della stessa, di una somma corrispondente all’importo da ricevere.
2.2. Con i motivi nuovi, depositati in data 27 giugno 2017, l’avvocato (OMISSIS) censura ulteriormente la sentenza impugnata per vizio di motivazione, in relazione all’attendibilita’ delle dichiarazioni della persona offesa, (OMISSIS).
Si deduce, in particolare, che quest’ultima, nell’atto di querela, aveva rappresentato di aver ricevuto da (OMISSIS) un assegno bancario recante l’importo di 223.600,00 Euro nel luglio del 2004, e che, pero’, dalle indagini svolte dalla Procura e’ emerso che anche tale assegno fa parte del blocchetto rilasciato a novembre 2004. Di conseguenza, l’assegno per l’importo di 223.600,00 Euro consegnato nel luglio del 2004 e’ stato sostituito nel novembre del 2004, nonostante cio’ sia stato taciuto dalla (OMISSIS). Si aggiunge, inoltre, che se l’assegno di maggior importo e’ stato sostituito nel novembre 2004, non si vede perche’ cio’ non sia potuto accadere con riferimento agli altri due assegni.
3. La sentenza impugnata deve essere annullata per la mancata rinnovazione delle prove dichiarative ritenute decisive.
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