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Deve allora convenirsi che la revoca dell’ordinanza ammissiva di un teste della difesa, in difetto di motivazione sulla superfluita’ della prova, produce una nullita’ generale per violazione del diritto della parte di difendersi provando, desumibile dall’articolo 495 c.p.p., comma 2, e dall’articolo 6, comma 3, lettera d), C.E.D.U., e costituente parte integrante del diritto al contraddittorio di cui all’articolo 111 Cost., comma 2, (in tal senso Cass. Sez. 5, n. 2511 del 24/11/2016, dep. nel 2017, Mignogna, rv. 269050; Cass. Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli, rv. 257892).
Tuttavia la nullita’, non di tipo assoluto, e’ soggetta a sanatoria ed e’ in particolare sanata, ove non immediatamente dedotta dalla parte presente, agli effetti dell’articolo 182 c.p.p., comma 2, (Cass. Sez. 2, n. 9761 del 10/2/2015, Rizzello, rv. 263210; Cass. Sez. 5, n. 51522 del 30/9/2013, Abatelli, cit., rv. 257891).
Non consta che la nullita’ fosse stata immediatamente eccepita, risultando invece anche dal motivo di ricorso che la questione era stata poi sollevata con i motivi d’appello: di qui la tardivita’ dell’eccezione sotto tale profilo.
2.3. Relativamente al secondo e al terzo aspetto, valutabili congiuntamente, deve sottolinearsi come l’assunto della mancata ammissione di una prova decisiva, implichi la previa verifica della decisivita’, ravvisabile allorche’ la prova, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero allorche’ la prova, in quanto non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass. Sez. 4, n. 6783 del 23/1/2014, Di Meglio, rv. 259323).
D’altro canto va aggiunto che, una volta illustrate in sentenza le ragioni della revoca e della prospettata superfluita’ della prova, la censura di mancata ammissione si risolve nella verifica della logicita’ e congruenza della motivazione, correlata al materiale raccolto e valutato (Cass. Sez. 3, n. 13095 del 17/1/2017, S., rv. 269331).
2.4. Sta di fatto che il ricorrente non ha concretamente prospettato che l’audizione di (OMISSIS) (OMISSIS) avrebbe certamente sovvertito l’esito del giudizio.
Tuttavia ha sottolineato come l’esame della teste avrebbe avuto una rilevante influenza sulla decisione, in quanto la stessa si era fondata essenzialmente sulle dichiarazioni della persona offesa, (OMISSIS), compagna dell’imputato e madre della ragazzina, essendo state per il resto acquisite solo dichiarazioni “de relato” di (OMISSIS), riguardanti la fase del primo contatto della persona offesa con la “Casa delle donne maltrattate”, e di (OMISSIS), madre della persona offesa, che aveva affermato di aver appreso i fatti solo dopo la denuncia e aveva inoltre fatto riferimento a circostanze apprese da (OMISSIS) (OMISSIS) e da (OMISSIS), figlio di primo letto della (OMISSIS), a fronte di testi che avevano fornito una diversa lettura della vicenda.
Ha ancora aggiunto il ricorrente che era stata contestata e ravvisata l’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11 quinquies, in ragione di fatti commessi alla presenza dei figli minori.
2.5. Cio’ posto, pare difficile contestare la concreta influenza della deposizione di (OMISSIS).
Va invero rilevato come la prova sia stata ricavata essenzialmente dalla deposizione della persona offesa, confrontata con gli assunti difensivi dell’imputato e supportata da talune dichiarazioni “de relato”, peraltro riferite a conoscenze provenienti dalla stessa (OMISSIS) o acquisite nella fase della denuncia o addirittura dopo di essa, quando da altre testimonianze inerenti al menage non erano state tratte specifiche conferme.
Peraltro la persona offesa deve essere sottoposta a rigorosa verifica della credibilita’ soggettiva e dell’attendibilita’ intrinseca, potendo le sue dichiarazioni essere poste a fondamento della condanna, fermo restando che, quando, come nella specie, vi sia costituzione di parte civile, puo’ essere necessario verificare altresi’ specifici riscontri (Cass. Sez. U. n. 41461 del 19/7/2012, Bell’arte, rv. 253214).
Quando la narrazione concerna fatti e vicende che per loro natura accadono in contesti chiusi o appartati, ben puo’ ammettersi, quale riscontro, la verifica di confidenze fatte a terzi dalla persona offesa in tempi non sospetti (sul punto Cass. Sez. 3, n. 1818 del 3/12/2010, dep. nel 2011, L.C., rv. 249136).
Ma nel caso di specie un siffatto riscontro non e’ stato acquisito, in mancanza di effettive confidenze, concomitanti alle vicende o anteriori alla denuncia, salvo quelle provenienti, come rilevato, proprio da (OMISSIS).
D’altro canto la possibilita’ di valorizzare le sole dichiarazioni della persona offesa avrebbe dovuto essere comunque confrontata con la disponibilita’ di ulteriori elementi di prova, idonei a confermare o smentire gli assunti accusatori, tanto piu’ considerando che non solo era stata contestata l’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., comma 1, n. 11 quinquies, ma si era preso atto di quanto dichiarato dalla persona offesa in ordine al clima ingenerato tra le mura domestiche dalla condotta del ricorrente e si era fatto riferimento all’episodio del (OMISSIS), nel quale (OMISSIS) (OMISSIS), stando alla versione della persona offesa, aveva assistito almeno alla prima parte, cioe’ alla genesi dello scontro, anche se non al suo sviluppo in termini di maggiore crudezza.
Di qui l’evidente interesse del ricorrente ad ottenere l’ammissione della figlia minore quale teste e nel contempo l’oggettiva incidenza della testimonianza sulla ricostruzione del quadro, nel quale le condotte attribuite al ricorrente si inserivano, in assenza di specifiche e decisive conferme aliunde acquisite, quadro che in ragione della mancata ammissione della testimonianza finiva per indebolirsi.
Sotto tale profilo) e’ dunque apprezzabile la decisivita’ della prova omessa, in quanto, attesa la struttura della motivazione, la sua mancata acquisizione comportava che l’isolata valutazione delle dichiarazioni della (OMISSIS), a fronte della disponibilita’ di una prova ulteriore, assumesse un peso inferiore e che le dichiarazioni “de relato” della (OMISSIS) finissero per risultare prive della conferma, che il ricorrente aveva gia’ in limine chiesto, fermo restando che la concreta assunzione della testimonianza avrebbe potuto concretamente intaccare la trama della sentenza impugnata.
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