Ai fini del riconoscimento della lieve entità il giudice deve valutare tutti gli elementi, dai mezzi alla quantità, senza automatismi. La preclusione può infatti essere esclusa solo se quantità e modalità sono tali da dimostrare una significativa potenzialità offensiva e un elevato pericolo di diffusione della sostanza.
Data udienza 3 luglio 2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesco – Presidente
Dott. MOGINI Stefano – Consigliere
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere
Dott. VILLONI Orlando – Consigliere
Dott. BASSI Alessand – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 10/04/2017 del Tribunale di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ANGELILLIS Ciro, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Torino, sezione specializzata per il riesame, all’esito del ricorso ex articolo 309 c.p.p., ha confermato l’ordinanza del 21 marzo 2017, con la quale il Giudice delle indagini preliminari di Torino – dopo averne convalidato l’arresto in flagranza – ha applicato la misura della custodia in carcere nei confronti di (OMISSIS), in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, per detenzione a fine di spaccio di due pezzi di hashish del peso lordo di 23,9 e 3,8 grammi.
In risposta all’unica deduzione concernente l’invocata riqualificazione del fatto ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, il Collegio del gravame cautelare ha evidenziato che l’indagato deteneva un quantitativo non minimo di hashish di cui si disfaceva alla vista degli operanti di P.G., era in possesso di una somma di denaro elevata (605 Euro) suddivisa in banconote di vario taglio, tale da far ritenere che avesse in precedenza effettuato numerose cessioni, nonche’ di un telefono cellulare, evidentemente utilizzato per i contatti con fornitori e clienti. Elementi tutti che ha ritenuto indicativi di un’attivita’ di spaccio non episodica ne’ occasionale, dunque inconciliabile con l’invocata fattispecie lieve.
2. Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso (OMISSIS), a mezzo del difensore Avv. (OMISSIS), chiedendone l’annullamento per violazione di legge penale in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, per avere il Tribunale erroneamente escluso la ricorrenza nella specie dei presupposti dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 della stessa norma sul presupposto che si tratti di attivita’ non episodica ne’ occasionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato per le ragioni di seguito esposte.
2. Il Collegio della cautela ha escluso la sussistenza dei presupposti dell’ipotesi lieve di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, sulla scorta della rilevata quantita’ non minima di sostanza stupefacente detenuta dal ricorrente e della non occasionalita’ dell’attivita’ di spaccio come evinta dalla disponibilita’ di una somma di denaro elevata (605 Euro) suddivisa in banconote di vario taglio e di un telefono cellulare.
3. Ritiene il Collegio che le considerazioni svolte dal Tribunale torinese non siano condivisibili, in quanto distoniche col dato normativo e con le indicazioni espresse da questa Corte, anche a Sezioni Unite.
3.1. Occorre, in primo luogo, considerare che la fattispecie di reato prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, (trasformata da ipotesi circostanziale in delitto autonomo per effetto del Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 146, articolo 2, convertito con modificazioni con L. 21 febbraio 2014, n. 10), e’ ravvisabile nei casi di minima offensivita’ penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo dello stupefacente, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione e segnatamente dai mezzi, dalle modalita’ e dalle circostanze dell’azione.
In linea con il chiaro enunciato testuale del citato articolo 73, comma 5, la “quantita’” “delle sostanze” costituisce soltanto un dato sintomatico della non lieve entita’ del fatto, comunque da valutare nel contesto delle ulteriori circostanze e peculiarita’ del caso di specie, alla luce del prudente apprezzamento del giudice.
In tale senso e’ l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte espresso nella sentenza n. 35737/2010 (del 24/06/2010, P.G. in proc. Rico, Rv. 247911), la’ dove, nel ribadire il principio gia’ affermato a composizione allargata (v. Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera e altri, Rv. 216668) – secondo il quale l’ipotesi in parola “puo’ essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensivita’ penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalita’, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio” -, hanno nondimeno osservato in motivazione come la questione circa l’applicabilita’ o meno della norma in parola “non possa essere risolta in astratto, stabilendo incompatibilita’ in via di principio, ma deve trovare soluzione caso per caso, con valutazione che di volta in volta tenga conto di tutte le specifiche e concrete circostanze” (nella specie, si trattava di una cessione a minore, giudicata compatibile con l’ipotesi della lieve entita’). Conclusione d’altronde coerente con i principi di offensivita’, di proporzionalita’ e di individualizzazione e finalita’ rieducativa della pena costituzionalmente presidiati, la’ dove rimettono al giudice la valutazione del caso concreto onde determinare un trattamento sanzionatorio adeguato, id est calibrato, alle specifiche modalita’ e circostanze della situazione sub iudice, rifuggendo da automatismi sanzionatori.
3.2. Sotto diverso aspetto, occorre riconfermare il principio di diritto ormai stabilizzato, alla stregua del quale l’ipotesi del fatto di lieve entita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, non e’ incompatibile con lo svolgimento di attivita’ di spaccio di stupefacenti non occasionale ma continuativa, come si desume dall’articolo 74, comma 6, stesso D.P.R., che, con il riferimento ad un’associazione costituita per commettere fatti descritti dall’articolo 73, comma 5, rende evidente che e’ ammissibile configurare come lievi anche gli episodi che costituiscono attuazione del programma criminoso associativo (Sez. F, n. 39844 del 13/08/2015, Bannour e altri, Rv. 264678; Sez. 6, n. 48697 del 26/10/2016, Tropeano e altri, Rv. 268171; Sez. F, n. 39844 del 13/08/2015, Bannour e altri, Rv. 264678).
Deve dunque rilevarsi che, come l’occasionalita’ della condotta non puo’ da sola comportare il riconoscimento della fattispecie della lieve entita’, allo stesso modo il suo contrario non puo’ di per se’ costituire indice sicuro di inapplicabilita’ dell’ipotesi, dovendosi verificare a cura del decidente – che dovra’ motivare specificamente sul punto – se la condotta, pur connotata dalla predisposizione dei mezzi e dalla programmazione delle modalita’ esecutive, cioe’ da un’organizzazione, presenti contorni (ad esempio, per il ristretto ambito temporale di operativita’, per lo scarno numero di clienti, per la scarsa professionalita’) che consentano di ritenere minima l’offesa al bene giuridico protetto dalla norma, che si connette al rischio di diffusivita’ delle sostanze stupefacenti (Sez. 6, n. 14882 del 25/01/2017, Fonzo e altri, Rv. 269457, in motivazione).
D’altronde, la riconducibilita’ dello spaccio reiterato o organizzato all’ipotesi lieve non postula necessariamente una risposta debole dell’ordinamento, potendo il decidente determinare la sanzione nell’ambito di un’ampia forbice edittale e dunque, se del caso, applicare una pena attestata sul massimo comminato dalla norma.
3.3. E cio’ a tacer del fatto che, nel caso sub iudice, il Collegio della cautela ha argomentato la ritenuta non occasionalita’ dello smercio sulla scorta di assiomi che non trovano rispondenza nell’id quod plerumque accidit, e segnatamente, per un verso, sulla rilevata disponibilita’ di una somma di denaro in contante nell’ambito di una contestazione di mera detenzione a fini di spaccio, e non di vendita, di droga; per altro verso, sulla base della mero possesso di un telefono cellulare, ritenuto “evidentemente utilizzato per i contatti con acquirenti e fornitori”, in assenza di alcuna evidenza obbiettiva in tale senso (ad esempio, un accertamento del traffico telefonico registrato in memoria).
3.4. Tirando le fila delle superiori considerazioni, deve essere affermato il principio di diritto alla stregua del quale, in tema di sostanze stupefacenti, ai fini del riconoscimento della fattispecie incriminatrice del fatto di lieve entita’ di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, il giudice e’ tenuto a valutare, secondo una visione unitaria e globale, tutti gli elementi normativamente indicati, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalita’ e circostanze della stessa), sia quelli attenenti all’oggetto materiale del reato (quantita’ e qualita’ delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa) come manifestatisi nel peculiare caso di specie, senza nessun automatismo o preclusione, potendo escludere il riconoscimento della fattispecie in ragione del dato quantitativo della sostanza ovvero dei connotati dell’azione soltanto qualora essi possano ritenersi dimostrativi di una significativa potenzialita’ offensiva e, dunque, di un elevato pericolo di diffusivita’ della sostanza, inconciliabili con la fattispecie incriminatrice in parola.
4. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata limitatamente all’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Torino.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’applicabilita’ del Decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, articolo 73, comma 5, e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Torino.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
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