Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 9 marzo 2018, n. 5825. Il giudice fallimentare può valutare la fattibilità economica del piano e bocciare la domanda di concordato, se considera non sufficienti i dati forniti dall’attestatore.

Il giudice fallimentare può valutare la fattibilità economica del piano e bocciare la domanda di concordato, se considera non sufficienti i dati forniti dall’attestatore.

Ordinanza 9 marzo 2018, n. 5825
Data udienza 16 gennaio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5095/2017 proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

UFFICIO DEL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DEL TRIBUNALE DI ROMA, (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 330/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/01/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCO TERRUSI.

FATTO E DIRITTO

Rilevato che:

il tribunale di Roma dichiarava il fallimento della (OMISSIS) s.r.l. previa declaratoria di inammissibilita’ di una domanda di concordato preventivo, inficiata dall’irrazionalita’ e dall’inattendibilita’ dell’attestazione del professionista, tale da impedire, stante l’inidoneita’ della documentazione, la corretta e completa informativa del ceto creditorio;

su gravame della fallita, la corte d’appello ha revocato il fallimento, rilevando che la verifica di fattibilita’ del piano, operata dal tribunale, si era sostanziata in una valutazione critica dei dati informativi forniti dall’attestatore, esorbitante il limite di sindacabilita’ relativo alla fattibilita’ economica;

per la cassazione della sentenza ricorre la curatela del fallimento in base a un unico mezzo, col quale denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articolo 161, comma 3;

la ricorrente si duole dell’interpretazione restrittiva adottata dalla corte d’appello a proposito del sindacato giudiziale anzidetto, e in ogni caso censura la decisione in quanto non pertinente rispetto all’accertamento del tribunale circa l’inidoneita’ della relazione attestativa ad assolvere alla propria funzione rispetto al ceto creditorio;

l’intimata ha replicato con controricorso;

entrambe le parti hanno depositato una memoria.

Considerato che:

il ricorso e’ manifestamente fondato;

la corte d’appello di Roma ha revocato il fallimento previamente richiamando Cass. n. 11497-14;

ha attribuito rilievo decisivo al fatto che la verifica di fattibilita’ del piano, operata dal tribunale, si era sostanziata “in una valutazione critica dei dati informativi forniti dall’attestatore”, insuscettibile di esser sottratta al ceto creditorio;

ha aggiunto che, in particolare, le incongruenze della stima immobiliare, costituenti il punto centrale della decisione di inammissibilita’, attenevano a una “percentuale non elevata dell’attivo” (Euro 551.000,00, a fronte di Euro 7.106.000,00), e che, in base alle risultanze, non poteva dirsi che la circolarizzazione dei crediti fosse stata effettuata a campione; quest’ultima considerazione e’ del tutto incomprensibile nell’economia della ben vero lapidaria motivazione della sentenza;

la prima, sulla quale risulta basata la revoca del fallimento, e’ priva di ogni rilevanza giuridica rispetto a cio’ che risulta dalla decisione di prime cure;

si evince dal ricorso che il tribunale di Roma, nel dichiarare inammissibile la proposta di concordato presentata dalla societa’, non si era soffermato su profili di infattibilita’ (giuridica o economica) del piano, e cio’ anche a voler prescindere dalla considerazione che, contrariamente a quanto sembra sostenere la corte d’appello di Roma, anche la fattibilita’ economica puo’ ben essere sindacata dal giudice del fallimento nei casi in cui il piano si riveli irrealizzabile prima facie, al punto che la stessa distinzione astratta, tra verifica di fattibilita’ giuridica e verifica di fattibilita’ economica, puo’ dirsi nella sostanza superata dalla piu’ recente giurisprudenza di questa Corte (v. Cass. n. 906117), in un’ottica da ultimo recepita anche dalla legge delega n. 155 del 2017 per la riforma delle procedure concorsuali;

il punto essenziale e’ invece che il tribunale, per quanto emerge dalla trascrizione della motivazione del decreto di inammissibilita’ del concordato, aveva rilevato un vizio dell’attestazione del professionista, la quale aveva mancato di indicare i criteri seguiti ai fini della condivisione dei valori immobiliari riportati nella perizia di parte allegata alla domanda;

in particolare il tribunale aveva osservato che l’attestatore si era “limitato a depositare (..) un atto denominato precisazioni ed integrazioni sulla relazione L. Fall., ex articolo 161, comma 3, in cui (aveva) precisato di non avere le cognizioni tecniche per pervenire a valorizzazioni dissimili relativamente agli immobili”; e cio’ aveva connotato “l’assoluta carenza dell’attestazione relativamente alla stima degli immobili da liquidare, essendosi l’attestatore appiattito acriticamente sui valori indicati nella perizia giurata (..) senza svolgere una propria verifica sulla correttezza e veridicita’ dei valori”;

a fronte di tale specifico rilievo, e’ inconferente l’assunto della corte distrettuale circa l’avvenuta effettuazione di una valutazione critica di dati informativi da riservare al ceto creditorio;

come questa Corte da tempo afferma – anche a sezioni unite e’ compito precipuo del giudice garantire il rispetto della legalita’ nello svolgimento della procedura concorsuale, e in questa prospettiva spetta a lui esercitare sulla relazione del professionista attestatore un controllo specifico, concernente la congruita’ e la logicita’ della motivazione e il profilo del collegamento effettivo fra i dati riscontrati e il conseguente giudizio (v. gia’ Cass. Sez. U n. 1521-13, e poi anche Cass. n. 13083-13, Cass. n. 11423-14);

il tribunale ha il potere di compiere una penetrante verifica della adeguatezza dell’informazione che viene fornita ai creditori, proprio al fine di consentire a questi ultimi un’espressione libera e consapevole del voto (v. Cass. n. 795917);

naturalmente e’ poi rimessa ai creditori la valutazione in ordine alla convenienza economica della proposta; ma sempre che l’attestazione consenta di esprimere in modo completo la valutazione suddetta;

da questo punto di vista spetta quindi al giudice il compito di controllare la corretta predisposizione dell’attestazione in termini di completezza dei dati e comprensibilita’ dei criteri di giudizio, cio’ rientrando nella verifica di regolarita’ dell’andamento della procedura, che e’ presupposto indispensabile al fine della garanzia della corretta formazione del consenso;

questo era il profilo che il tribunale aveva posto a base della pronuncia di inammissibilita’ del concordato, e a tal riguardo nessuna contraria e pertinente valutazione e’ stata fatta dalla corte d’appello;

l’impugnata sentenza va dunque cassata in ragione della falsa applicazione della norma sopra citata, e la causa rinviata alla medesima corte d’appello di Roma, diversa sezione, per nuovo esame;

la corte d’appello si uniformera’ al principio di diritto esposto e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Roma.

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