Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 15 dicembre 2017, n. 30205. Ai fini dell’ammissione al passivo l’attività dell’avvocato e del commercialista

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Il ricorrente denuncia i vizi ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, sostenendo la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2704 c.c., la violazione delle norme ex articoli 115 e 116 c.p.c., per la mancata valutazione delle dichiarazioni autografe dei componenti all’epoca del Cda, sigg. (OMISSIS) e (OMISSIS), e l’omessa motivazione in relazione alla non ammissione della prova testimoniale richiesta. Il motivo, nelle sue diverse articolazioni, deve ritenersi sostanzialmente inammissibile, atteso che con lo stesso, il ricorrente oppone la propria ricostruzione a quella operata dal Tribunale, che ha escluso la data certa del contratto del 10/3/2011 per il mero, generico richiamo nel verbale del Cda, ma ha ritenuto provato il rapporto professionale, anche sulla base degli altri esercenti partitamente evidenziati.
Ora, il ricorrente in particolare sostiene che il verbale del Cda del 13/3/2011 dovrebbe ritenersi idoneo a provare la data certa del contratto del 10/3/2011, ma e’ agevole rilevare che il cd.fatto equipollente ex articolo 2704 c.c., comma 1, ultima parte, deve essere tale da attribuire in modo certo l’anteriorita’ al documento, e nel caso, il Giudice del merito ha congruamente ritenuto il carattere generico del riferimento nel verbale del Cda all’avvenuto affidamento dell’incarico all’avv. (OMISSIS), non idoneo come tale a determinare l’effetto voluto dalla parte.
Il ricorrente inoltre sostiene che il primo contratto di mandato del 28/2/2011 avrebbe data certa, ma detta deduzione e’ in frontale contrasto con il rilievo operato dal Tribunale, che tale mandato sarebbe stato rinunciato dall’avv. (OMISSIS) (vedi pag. 2 del decreto).
Quanto alla mancata considerazione delle prove atipiche ed alla mancata ammissione della prova testimoniale richiesta(prova testimoniale della quale la parte neppure indica i capitoli, da cui gia’ l’evidente inammissibilita’ del motivo sul punto), deve concludersi per l’inammissibilita’, atteso che la parte ha inteso sostanzialmente opporre alla valutazione dei fatti operata dalla Corte del merito un nuovo giudizio di merito, laddove il controllo di legittimita’ non equivale alla revisione del ragionamento decisorio ne’ costituisce un terzo grado ove far valere la supposta ingiustizia della decisione impugnata (cosi’ le pronunce delle sez. un., del 7/4/2014, n.8053 e del 29/3/2013, n. 7931).
E detta differente valutazione, gia’ inammissibile come motivo di ricorso nel regime di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5 anteriore alla modifica apportata dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134, lo e’ ancor piu’ a seguito della riforma, applicabile nella specie ratione temporis, atteso che, come ritenuto nella pronuncia delle S.U. 8053/2014 cit., e’ oggi denunciabile soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo, che sia stato oggetto di discussione tra le parti, nei limiti in cui l’anomalia motivazionale si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente alla esistenza in se’ della motivazione, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto delle altre risultanze processuali(nelle ipotesi quindi di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, “motivazione apparente”, “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto o’ di “sufficienza” di motivazione).
Col secondo mezzo, il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 7, per la divisione al 50% del compenso, sostenendo la diversita’ delle competenze professionali con il commercialista. Il motivo e’ fondato.
Il Tribunale, sul punto, ha rilevato che i due professionisti avevano svolto la relative prestazioni sulla base di due diversi mandati, che non era stato provato che si trattasse di attivita’ distinte, o in tutto o in parte, che i due professionisti avevano indicato nella domanda di ammissione al passivo le medesime attivita’, e che pertanto, per evitare la duplicazione dei compensi, occorreva riconoscere all’avv. (OMISSIS) la meta’ dell’importo allo stesso riconosciuto.
Tale conclusione non puo’ ritenersi corretta, visto che non puo’ assolutamente considerarsi che l’avvocato ed il commercialista abbiano svolto le medesime attivita’, considerata la differenza in re ipsa tra le due diverse competenze professionali, da cui consegue che ciascuno dei due professionisti ha svolto l’attivita’ propria del relativo profilo professionale, da cio’ conseguendo che all’avv. (OMISSIS) deve essere riconosciuto per intero il compenso previsto dal Decreto Ministeriale n. 127 del 2004 per l’attivita’ professionale espletata.
Conclusivamente, dichiarato inammissibile il primo motivo, va accolto il secondo motivo e, cassata la pronuncia impugnata, la causa va rinviata al Tribunale di Macerata in diversa composizione, che decidera’ anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo; cassa la pronuncia impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Macerata in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

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