Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 13 dicembre 2017, n. 29890. Ai fini della valida proposizione dell’atto di appello, è necessario che l’appellante provveda all’illustrazione delle proprie contestazioni sulla base di ragioni dotate di un sufficiente grado di specificità

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che, con sentenza resa in data 22/6/2016, la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. e da (OMISSIS) avverso la sentenza con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta dagli attori per la condanna della (OMISSIS) s.r.l. al risarcimento dei danni dagli stessi asseritamente subiti a seguito di taluni lavori di escavazione e di demolizione eseguiti dalla societa’ convenuta;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la mancata individuazione, da parte degli appellanti, dei passaggi argomentativi della sentenza di primo grado sottoposti a censura critica, avendo gli stessi genericamente affermato di impugnare la sentenza di primo grado nel suo complesso, senza neppure individuare le modifiche richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal primo giudice, avendo trascurato ogni riferimento ai fatti posti a fondamento della domanda e ai danni asseritamente subiti;
che, avverso la sentenza d’appello, la (OMISSIS) s.r.l. e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
che la (OMISSIS) s.r.l. resiste con controricorso;
che, a seguito della fissazione della Camera di consiglio, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’articolo 380-bis, le parti hanno presentato memoria;
considerato che, con il motivo d’impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza d’appello per violazione di legge (in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente rilevato l’inammissibilita’ dell’appello dagli stessi proposto, atteso che le censure critiche avanzate nei confronti della sentenza di primo grado impugnata erano state individuate con sufficiente certezza, tenuto conto che il provvedimento del primo giudice era caratterizzato da un unico, sostanziale nucleo argomentativo (esaurito nel rilevare l’insufficienza, ai fini dell’accoglimento della domanda, della sola circostanza che la societa’ convenuta fosse proprietaria dell’immobile ristrutturato): nucleo argomentativo, rispetto al quale le indicazioni avanzate in sede di appello erano valse a integrare una confutazione critica ragionevolmente determinata ai fini dell’esame nel merito del gravame proposto, avendo gli appellati proposto, sia pure in via alternativa, una serie di ragioni giuridiche sufficienti a giustificare (in forza del principio iura novit curia) l’affermazione della responsabilita’ della societa’ proprietaria in relazione ai danni originariamente denunciati;
che il ricorso e’ manifestamente infondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale, nel rilevare l’inammissibilita’ dell’appello, si sia correttamente allineata al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte, ai sensi del quale, affinche’ un capo di sentenza possa ritenersi validamente impugnato, non e’ sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volonta’ in tal senso, ma e’ necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico (Sez. U, Sentenza n. 23299 del 09/11/2011, Rv. 620062-01);
che, in particolare, ai fini della valida proposizione dell’atto di appello, e’ necessario che l’appellante, pur quando intenda censurare la sentenza di primo grado nella sua interezza, provveda all’illustrazione delle proprie contestazioni sulla base di ragioni dotate di un sufficiente grado di specificita’ (cfr. Sez. L, Sentenza n. 4068 del 19/02/2009, Rv. 607163-01; Sez. 3, Sentenza n. 9244 del 18/04/2007, Rv. 597867-01);
che, nel caso di specie, diversamente da quanto sostenuto dagli odierni ricorrenti (secondo cui la sentenza di primo grado consterebbe di un “unico nucleo argomentativo”, asseritamente identificabile nell’attestazione secondo cui la semplice condizione di proprietario non sarebbe sufficiente al fine di riconoscere la relativa responsabilita’ per i danni derivanti dalle attivita’ di ristrutturazione dell’immobile posseduto), il giudice di primo grado ha espressamente affermato (cfr. le pagg. 2-4 dello stesso ricorso) l’impossibilita’ di riconoscere la responsabilita’ della societa’ proprietaria (per i danni asseritamente derivati dalla ristrutturazione di un proprio immobile) non avendo gli attori contestualmente (e con chiarezza) individuato la condotta colposa che alla stessa s’intendeva imputare e contestare, atteso che, in corrispondenza di ciascuno dei titoli giuridici allegati dagli attori (ex articolo 840 c.c.; articolo 2043 c.c.; articolo 2050 c.c.; etc.), occorreva pur sempre che fossero specificate le condotte idonee a fondare la pretesa responsabilita’ della controparte;
che, viceversa, secondo quanto affermato dal primo giudice, gli originari attori, avendo costantemente legato il riconoscimento della responsabilita’ della societa’ convenuta alla sola ragione della relativa qualita’ di proprietaria dell’immobile ristrutturato, si sono costantemente sottratti al dovere di allegare (anche solo in via ipotetica) il ricorso delle circostanze di fatto necessarie ad attivare la valutazione circa la responsabilita’ della convenuta per i danni denunciati (cfr. pag. 4 del ricorso);
che, cio’ posto, la corte d’appello – nel rilevare come gli appellanti si siano limitati, attraverso il proprio atto d’impugnazione, a reiterare le sole ragioni giuridiche astratte dell’invocata responsabilita’ della controparte, senza corroborare le prospettazioni giuridiche avanzate attraverso il richiamo ai corrispondenti presupposti di fatto – ha correttamente rilevato l’inammissibilita’ dell’appello, atteso che la (rinnovata) radicale assenza di riferimenti concreti ai fatti costitutivi posti a fondamento dell’originaria domanda degli attori (anche ad eventuale confutazione di quanto asseverato nella pronuncia del primo giudice), esclude che possa ritenersi integrato il richiamato requisito della specificita’ dei motivi d’appello;
che, al riguardo, neppure giova, ai fini dell’eventuale integrazione (per altro verso) di tali motivi, il richiamo al principio iura novit curia, attesa l’evidente limitazione di tale principio ai casi in cui i fatti costitutivi della domanda siano gia’ stati adeguatamente allegati e precisati dall’istante, spettando poi al giudice di operarne la corretta qualificazione sul piano giuridico;
che, pertanto, non avendo gli appellanti illo tempore adeguatamente specificato le ragioni delle censure avanzate nei confronti della decisione di primo grado, la sentenza d’appello dichiarativa dell’inammissibilita’ del gravame deve ritenersi immune dai vizi in questa sede denunciati dai ricorrenti;
che, sulla base delle argomentazioni sin qui indicate, rilevata la complessiva infondatezza delle doglianze esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, cui segue la condanna dei ricorrenti al rimborso, in favore della societa’ controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’, secondo la liquidazione di cui dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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