Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 5 settembre 2017, n. 40263. Se il giudice di appello procede di ufficio a una diversa qualificazione giuridica del fatto

Se il giudice di appello procede di ufficio a una diversa qualificazione giuridica del fatto (nel caso in esame da truffa semplice a fraudolento danneggiamento dei beni assicurati), senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio è assicurata dalla possibilità di contestare la diversa definizione del fatto mediante il ricorso per cassazione.

Sentenza 5 settembre 2017, n. 40263
Data udienza 14 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente

Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere

Dott. RECCHIONE Sandra – rel. Consigliere

Dott. PAZIENZA Vittorio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 27/10/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. RECCHIONE SANDRA;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. MAZZOTTA GABRIELE, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catanzaro confermava la condanna dell’imputato alla pena di mesi 3 di reclusione ed Euro 400 di multa previa riqualificazione del fatto nella fattispecie prevista dall’articolo 642 c.p., comma 2.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva:

2.1. vizio di legge e di motivazione: la riqualificazione del fatto contestato avrebbe leso il diritto di difesa in quanto l’imputato non avrebbe potuto far valere le proprie ragioni in relazione al fatto come riqualificato, tenuto conto che il nuovo inquadramento giuridico era stata assegnato dalla Corte territoriale in assenza di contraddittorio sul punto;

2.2. vizio di legge e di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed alla definizione del trattamento sanzionatorio che non risultava coerente con quanto previsto dall’articolo 642 c.p. (che prevede una forbice edittale da uno a cinque anni e non prevede la sanzione alternativa della multa);

2.3. vizio di legge: la riqualificazione avrebbe dovuto comportare tenuto conto della pena edittale del reato come riqualificato la regressione del procedimento alla fase dell’udienza preliminare, in ossequio a quanto previsto dall’articolo 521 bis c.p.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il terzo motivo del ricorso, e’ fondato.

1.1. Si contesta la riqualificazione “in peius” del fatto contestato in una fattispecie, quella prevista dall’articolo 642 c.p. che prevede la celebrazione dell’udienza preliminare, non svoltasi in relazione alla originaria contestazione di truffa “semplice”.

Tale riqualificazione avrebbe anche leso il diritto di difesa, nella sua declinazione di diritto al contraddittorio sulla qualificazione giuridica.

Sul punto, si rileva che la Corte di legittimita’, in seguito alla pronuncia della Corte Edu nel caso Drassich v. Italia (Corte Edu, 2 sez. 11 dicembre 2007), ha attivato una profonda operazione di interpretazione conformativa delle regole processuali che governano il potere giudiziale di riqualifica del fatto, evidenziando la necessita’ che sulla nuova qualifica sia offerta alle parti la possibilita’ di sviluppare il diritto al contraddittorio, espressione essenziale del diritto di difesa nella dimensione scolpita dall’articolo 6 della Cedu.

All’indirizzo minoritario che riteneva nulla la sentenza che operava la riqualifica in grado di appello per violazione inemendabile del diritto di difesa (Cass. Sez. 1, n. 18590 del 29/04/2011, Corsi, Rv. 250275; Sez. 6, n. 20500 del 19/02/2010, Fadda, Rv. 247371, Cass. sez. 5, n 6487 del 28/10/2011, dep. 2012 Finocchiaro, Rv. 251730), si e’ contrapposto un indirizzo maggioritario che ritiene che il diritto dell’imputato al contraddittorio possa essere esercitato anche solo attraverso l’esercizio del diritto all’impugnazione e, segnatamente, attraverso il ricorso per cassazione (Cass. sez. 6, n. 22301 del 24.5.2012, rv 254055; Cass. Sez. 6, n. 10093 del 14/02/2012, Vinci, Rv. 251961; Cass. Sez. 2, n. 32840 del 09/05/2012, Damjanovic e altri, Rv. 253267; Cass. Sez. 5, n. 7984 del 24/09/2012 19/02/2013, Jovanovic, Rv. 254649; Cass. Sez. 3, n. 2341 del 07/11/2012 – 17/01/2013, Manara, Rv. 254135; Cass. Sez. 2, n. 45795 del 13/11/2012, Tirenna, Rv. 254357).

La giurisprudenza di legittimita’ ha, in breve tempo, maturato una visione complessa del diritto individuale di difesa potenzialmente leso dalla riqualificazione (in coerenza, peraltro, con le indicazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo da ultimo nel caso Varela Geis v. Spagna del 5.3.1313) in base alla quale la entita’ della lesione deve esser verificata in concreto, attraverso la analisi di una serie di indicatori individuati nella prevedibilita’ della riqualificazione nella effettiva possibilita’ di reazione al nuovo inquadramento e nelle eventuali conseguenze sfavorevoli da esso scaturenti in materia di trattamento sanzionatorio e di computo dei termini di prescrizione (Cass. sez. 6, n. 7195 dell’8.2.2013, Rv. 254720).

Il percorso interpretativo intrapreso ha condotto a distinguere i casi in cui il diritto all’impugnazione esaurisce la pretesa al contraddittorio ed i casi in cui l’intervento giudiziale incide in modo piu’ profondo sul diritto di difesa, in quanto l’intervento di rilettura del fatto, che connota la riqualifica, si dimostra idoneo ad incidere su risalenti strategie difensive, che sarebbero state diverse qualora l’imputazione fosse stata immediatamente offerta all’accusato nella sua dimensione definitiva. In tal caso la lesione del diritto di difesa impone una reintegra piu’ incisiva, coerente con la profondita’ della infrazione; all’imputato deve essere assicurata la possibilita’ di reagire all’accusa attraverso una conformazione delle strategie difensive coerenti con la nuova dimensione giuridica dell’imputazione.

Dunque non e’ possibile individuare un rimedio unico alla lesione da riqualifica, dovendosi analizzare in concreto l’entita’ della infrazione e la sufficienza dell’impugnazione a reintegrare il diritto leso (v. Cass., sez. 2, n. 37413 del 15.5.2013, Drassich, Rv. 256652).

Sulla base di queste premesse, se la riqualifica risulta incidente su risalenti strategie difensive, la lesione puo’ essere emendata solo attraverso la regressione conseguente alla dichiarazione di nullita’ della sentenza che consente all’imputato di adattare le linea difensiva alla nuova configurazione giuridica.

1.2. In conclusione, si ritiene che allorche’ il giudice di appello proceda ex officio ad una diversa qualificazione giuridica del fatto, senza che l’imputato abbia preventivamente avuto modo di interloquire sul punto, la garanzia del contraddittorio – sancita dall’articolo 111 Cost. e dall’articolo 6 CEDU, cosi’ come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – e’ assicurata dalla possibilita’ di contestare la diversa definizione del fatto mediante il ricorso per cassazione. Laddove tuttavia, in base all’analisi delle emergenze del caso concreto, risulti che la nuova qualifica abbia inciso su risalenti strategie difensive, l’imputato dovra’ essere restituito nella facolta’ di esercitare pienamente il diritto di difesa in relazione alla nuova qualifica, anche attraverso la proposizione di richieste di prova rilevanti in relazione alla nuova configurazione giuridica del fatto.

1.3. Nel caso di specie, tenuto conto di tali premesse, non si rileva alcuna lesione del diritto di difesa, dato che l’imputato ha avuto la possibilita’ di contestare la diversa qualificazione giuridica con il ricorso per cassazione e la descrizione del fatto contenuta nel capo di imputazione ha consentito il pieno esercizio del diritto di difesa

1.4. Diversamente, si rileva una lesione delle prerogative difensive nella mancata regressione del procedimento in ossequio alla regola prevista dall’articolo 521 bis c.p.p..

Sul punto il collegio rileva che la mancata celebrazione dell’udienza preliminare configura ex se una lesione delle prerogative difensive che e’ riconosciuta in via generale ed astratta dal codice, il quale all’articolo 521 bis c.p.p. prevede la regressione del procedimento nei casi di riqualificazione “in peius” ovvero della assegnazione a fatti originariamente inquadrati in fattispecie in relazione alle quali non e’ necessaria la celebrazione dell’udienza preliminare di una qualificazione che richiede invece la celebrazione di tale udienza (da ultimo con riferimento alla riqualificazione effettuata in sede di giudizio di legittimita’: Cass. sez. 6 n. 22813 del 3/5/2016, Rv 26733; Cass. Sez.1, n. 43230 del 4/11/2009, Pigozzi, rv. 245118).

1.5. Nel caso di specie la Corte di appello assegnava al fatto originariamente contestato come truffa, che non richiede la celebrazione dell’udienza preliminare la qualificazione giuridica di “truffa all’assicurazione”, ovvero del reato previsto dall’articolo 642 c.p., che, invece, richiede tale passaggio procedurale.

Si impone pertanto l’annullamento di entrambe le sentenze di merito con trasmissione degli atti al pubblico ministero. Il motivo che contesta la legittimita’ del trattamento sanzionatorio e’ assorbito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza di primo grado e dispone la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lamezia Terme per l’ulteriore corso.

Motivazione semplificata.

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