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Con ordinanza del 24/05/2017, il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Ivrea non convalidava l’arresto in quanto, riqualificato il fatto come ricettazione, ritenne che, essendo il suddetto reato di natura istantanea, “l’arresto non e’ stato legittimamente eseguito nella flagranza del reato, in quanto, come si evince dallo stesso verbale di arresto, la condotta di acquisizione/ricezione/occultamento e’ stata commessa in data antecedente all’arresto medesimo e non meglio precisata in atti”.
2. Contro la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Ivrea deducendo la violazione di legge in relazione all’articolo 55 Decreto Legislativo cit., articolo 648 cod. pen., articolo 391 cod. proc. pen..
Ad avviso del ricorrente, la qualificazione giuridica data dal giudice delle indagini preliminari al fatto per cui e’ processo, sarebbe errata perche’, correttamente, era stato contestato il reato di cui all’articolo 55, comma 9 Decreto Legislativo cit. che doveva ritenersi norma “speciale rispetto a quella di cui all’articolo 648 cod. pen. sotto il profilo della peculiarita’ dei beni posseduti” come sarebbe stato statuito da Cass. 44663/2016 e da Cass. 39348/2002.
Di conseguenza, poiche’ il suddetto reato ha natura permanente, correttamente era stato disposto l’arresto in flagranza.
3. Il ricorso e’ inammissibile essendo la censura manifestamente infondata. In punto di diritto, devono darsi per pacifici i seguenti principi:
ai fini della convalida del fermo, il G.I.P. puo’ diversamente qualificare il fatto-reato contestato, per negare la convalida, valorizzando unicamente la situazione che si prospettava alla P.G. operante all’atto dell’intervento: ex plurimis Cass. 30698/2013 Rv. 256783;
integra il reato di cui all’articolo 648 cod. pen. la condotta di chi riceve, al fine di procurare a se’ o ad altri un profitto, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, provenienti da delitto, mentre devono ricondursi alla previsione incriminatrice di cui al Decreto Legge 3 maggio 1991, n. 143, articolo 12 (attualmente Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231, articolo 55, comma 9), che sanziona, con formula generica, la ricezione dei predetti documenti “di provenienza illecita”, le condotte acquisitive degli stessi, nell’ipotesi in cui la loro provenienza non sia ricollegabile a un delitto, bensi’ ad un illecito civile, amministrativo o anche penale, ma di natura contravvenzionale: SSUU 22902/2001 Rv. 218872; Cass. 35930/2009 Rv. 244874; Cass. 7658/2015 Rv. 262572.
Pertanto, alla stregua della suddetta pacifica giurisprudenza, la decisione del giudice delle indagini preliminari – che ha correttamente riqualificato il fatto come ricettazione – non e’ suscettibile di alcuna censura.
4. Il ricorrente, pero’, adombra un contrasto giurisprudenziale all’interno di questa Corte in quanto, a suo avviso, vi sarebbero delle sentenze (Cass. 44663/2016 e Cass. 39348/2002) che avrebbero sostenuto che, in fattispecie simili, il reato ipotizzabile sarebbe quello di cui all’articolo 55, comma 9 Decreto Legislativo cit..
La suddetta censura si basa su una non corretta lettura delle invocate sentenze.
Infatti, entrambe le sentenze richiamano espressamente proprio le SSUU cit. e non affermano affatto alcun diverso principio di diritto sotto il profilo del diritto sostanziale.
In realta’, le suddette sentenze trattarono l’ipotesi in cui il giudice delle indagini preliminari – condividendo la qualificazione giuridica del fatto (ossia il possesso di carte di credito di provenienza illecita) come rientrante nell’ipotesi di cui all’articolo 55, comma 9 Decreto Legislativo – non convalido’ l’arresto ritenendolo non eseguito nella flagranza di reato.
Su impugnazione del Pubblico Ministero, questa Corte (nelle sentenze invocate dal ricorrente), non entrando nel merito della qualificazione giuridica del fatto (non oggetto di impugnazione), si limito’ a rilevare che “l’esclusione del concorso tra le ipotesi di acquisizione e possesso di carte di credito contraffatte, desumibile dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 28.3.2001, Tiezzi (Foro it., 2001, 2, 572), secondo cui la previsione dell’articolo 12 cit., nella parte concernente le ipotesi di possesso, cessione od acquisizione, contempla un’unica fattispecie delittuosa realizzabile con diverse condotte a carattere alternativo, non esclude che, contestato autonomamente il possesso (ignoti essendo termini e circostanze della previa acquisizione), il reato debba considerarsi permanente durante il tempo per cui si protrae l’illecito possesso e, conseguentemente, l’indagato in stato di flagranza, ex articolo 382 c.p.p., comma 2, non diversamente da quanto sempre ritenuto per la previsione, strutturalmente analoga, di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, relativamente alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti rispetto al loro previo acquisto o ricezione”: Cass. 39348/2002 cit.: da qui il consequenziale annullamento dell’ordinanza di mancata convalida.
Motivazione che, questa Corte condivide ma che non ha nulla a che vedere con la (pacifica) natura giuridica di reato istantaneo del diverso delitto di ricettazione (cosi’ come correttamente qualificato dal giudice delle indagini preliminari) per il quale, quindi, lo stato di flagranza puo’ essere ipotizzato solo ove l’agente sia sorpreso nel momento in cui compia una delle alternative condotte previste dall’articolo 648 cod. pen. fra le quali non rientra il “possesso” (previsto dall’articolo 55, comma 9 Decreto Legislativo cit. e per il quale, in effetti, e’ configurabile la permanenza).
P.Q.M.
DICHIARA inammissibile il ricorso.
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