Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 21 marzo 2018, n. 13094.
Il giudice deve convalidare l’arresto, in flagranza, fatto dai privati che inseguono l’autore di un reato del quale sono stati testimoni oculari e lo fermano fino all’arrivo dei carabinieri.
Sentenza 21 marzo 2018, n. 13094
Data udienza 15 febbraio 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Presidente
Dott. VERGA Giovanna – Consigliere
Dott. BELTRANI Sergio – Consigliere
Dott. COSCIONI Giuseppe – Consigliere
Dott. PACILLI G.A.R. – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
P.M. presso il Tribunale di Cosenza;
contro
(OMISSIS), nata a (OMISSIS);
avverso il provvedimento emesso dal Tribunale di Cosenza il 13.11.2017;
Visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;
Udita nell’udienza camerale del 15.2.2018 la relazione fatta dal Consigliere Giuseppina Anna Rosaria Pacilli;
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale in persona di Pietro Molino, che ha chiesto di annullare con rinvio il provvedimento impugnato;
Udito l’avv. (OMISSIS), in sostituzione dell’avv. (OMISSIS), che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
In data 11 novembre 2017 alcuni agenti della compagnia Carabinieri di Cosenza procedevano all’arresto obbligatorio in flagranza dei reati di cui all’articolo 628 c.p., comma 2, e articolo 582 c.p., di (OMISSIS) presso il locale Ufficio postale, arresto di fatto eseguito da alcuni cittadini.
Come risulta dalle sit rese dalla persona offesa e da diversi testimoni oculari del reato, l’intervento dei militari era stato richiesto alle 10.30 da un dipendente dell’Ufficio postale, il quale aveva segnalato ai militari che una cittadina straniera, ivi presente, identificata poi nell’odierna imputata, versava in uno stato di evidente agitazione.
In seguito, la (OMISSIS) aggrediva verbalmente i dipendenti dell’Ufficio postale, danneggiando anche un espositore, e, dopo aver sottratto una carta banco posta a (OMISSIS), una cliente intenta ad effettuare un’operazione tramite POS, si dava alla fuga.
La persona offesa inseguiva dunque la (OMISSIS), tentando di trattenerla, ma quest’ultima, per assicurarsi il possesso della carta, strattonava la persona offesa e la spingeva con tanta violenza da farla cadere a terra.
La (OMISSIS) veniva inseguita dalle persone presenti all’interno dell’Ufficio postale, le quali, dopo averla raggiunta all’esterno, recuperavano la carta, sottratta alla (OMISSIS), e riconducevano l’imputata all’interno del menzionato ufficio.
Contemporaneamente sopraggiungevano i Carabinieri, ai quali la (OMISSIS) veniva consegnata dai privati, che erano riusciti a bloccarla e trattenerla fino all’arrivo dei militari.
Come risulta dal verbale di arresto, compilato dai Carabinieri intervenuti in loco, tutte le persone ivi presenti, sentite a sit, dichiaravano di aver avuto diretta percezione del reato posto in essere dalla (OMISSIS) e di averla inseguita sia all’interno sia all’esterno dell’ufficio postale, per impedirne la fuga e consegnarla alle forze dell’ordine.
In sede di giudizio per direttissima, il Tribunale di Cosenza, in composizione collegiale, non convalidava l’arresto, formalizzato dagli Agenti della Compagnia dei Carabinieri di (OMISSIS), ritenendo insussistenti i presupposti della flagranza di reato di cui all’articolo 382 c.p.p., in quanto i militari intervenuti non avevano assistito allo svolgimento dell’episodio criminoso ne’ avevano rinvenuto direttamente il profitto del reato sulla persona della (OMISSIS), poiche’ un dipendente dell’ufficio postale era riuscito a strapparle dalle mani la carta banco posta, sottratta alla persona offesa.
Avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Cosenza non convalidava l’arresto della (OMISSIS) proponeva ricorso per Cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale cosentino, lamentando l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e delle norme processuali, ex articolo 606 c.p.p., lettera b) e c).
Secondo il ricorrente il Tribunale era pervenuto alla conclusione dell’insussistenza dello stato di flagranza, partendo da un presupposto non corrispondente a realta’, ovvero che i militari avessero arrestato la prevenuta sulla base delle sole informazioni ricevute dai testimoni del fatto e, dunque, in seguito ad un inseguimento meramente “investigativo”, ritenuto dalla Suprema Corte a Sezioni Unite inidoneo a configurare l’ipotesi di flagranza ex articolo 382 c.p.p..
All’odierna udienza camerale, celebrata ex articolo 127 c.p.p., e’ stata verificata la regolarita’ degli avvisi di rito; all’esito le parti presenti hanno concluso come da epigrafe e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Pubblico Ministero e’ fondato e merita accoglimento.
A giustificazione della mancata convalida dell’arresto, il Collegio giudicante ha richiamato la sentenza delle Sezioni Unite n. 39131/2016, secondo la quale “non puo’ procedersi all’arresto in flagranza sulla base di informazioni della vittima o di terzi fornite nell’immediatezza dei fatti”. Tuttavia, alla base della menzionata pronuncia delle Sezioni Unite, vi era l’arresto dell’autore del reato di lesioni personali, eseguito dalla polizia giudiziaria in seguito ad un inseguimento “investigativo”, effettuato sulla base delle dichiarazioni della persona offesa. In quel caso, dunque, non sussistevano i presupposti dell’arresto in flagranza di cui all’articolo 382 c.p.p., in quanto non solo la polizia giudiziaria non aveva colto la persona nell’atto di commettere il reato ne’ aveva sorpreso la stessa con tracce della perpetrazione del crimine, ma l’arrestato non era stato neppure inseguito nell’immediatezza del fatto dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da terzi.
Diverso e’ invece il caso in esame.
Difatti, dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dai testimoni, presenti all’interno dell’Ufficio postale, nonche’ dal verbale di arresto della prevenuta risulta evidente che, sebbene i Carabinieri fossero intervenuti solo post crimen patratum e senza rinvenire alcuna traccia della consumazione del reato da parte della (OMISSIS) (poiche’ la carta sottratta alla (OMISSIS) era stata prontamente recuperata da uno dei dipendenti dell’Ufficio postale, dopo aver arrestato la fuga della prevenuta), tuttavia lo stato di flagranza della (OMISSIS) era determinato dall’essere stata la stessa inseguita, immediatamente dopo i fatti, dalla persona offesa e da coloro che si trovavano all’interno nell’Ufficio postale.
Al momento dell’arresto la (OMISSIS) si trovava dunque nello stato di flagranza normativamente definito in base al combinato disposto dell’articolo 382 c.p.p., e articolo 383 c.p.p..
Il pubblico ministero ricorrente correttamente ha rilevato che l’arresto della (OMISSIS) non e’ stato posto in essere dai Carabinieri intervenuti dopo la commissione del reato in virtu’ delle sole informazioni sull’accaduto, ottenute dai presenti, ma e’ invece avvenuto ai sensi dell’articolo 383 c.p.p., ovverosia nell’esercizio da parte di privati della facolta’ di procedere all’arresto in flagranza degli autori di reati perseguibili d’ufficio, nei casi in cui la polizia giudiziaria sia obbligata a procedere in tal senso ex articolo 380 c.p.p., comma 2, lettera f), (Sent. Cass. Sez. 2 Pen., 18.11.2014, n. 50662).
Alla luce delle precedenti considerazioni, l’arresto della (OMISSIS) deve essere qualificato come legittimamente eseguito dai privati ex articolo 383 c.p.p., e articolo 380 c.p.p., comma 2, lettera f), in esito all’inseguimento della prevenuta immediatamente dopo la commissione del reato, quando la stessa si trovava nello stato di flagranza normativamente definito dall’articolo 382 c.p.p..
L’ordinanza deve essere pertanto annullata senza rinvio e l’arresto, operato dai privati, deve dichiararsi legittimo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dichiara legittimo l’arresto da parte dei privati.
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