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[…]
2. Quanto alla applicazione della recidiva, la Corte territoriale, in evidente considerazione degli elementi di cui all’articolo 133 c.p., ha logicamente affermato che il fatto appare grave per la sua rilevanza economica (il valore degli assegni era pari a circa Euro 15.000), aspetto che adeguatamente supporta l’applicazione dell’istituto in parola. Il motivo e’ dunque infondato.
3. Identica conclusione di infondatezza si impone in relazione al motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche; infatti, pur difettando esplicite affermazioni al riguardo, la Corte territoriale ha evidentemente effettuato una motivazione implicita, fondata sui medesimi rilievi di cui al punto che precede (recidiva ed entita’ del danno), del tutto sufficienti allo scopo.
4. Ne’ possono nutrirsi dubbi, ad avviso del Collegio, in merito alla perdurante rilevanza penale del falso in assegno (che nella fattispecie risulta essere di tipo “circolare”, cioe’ del genere predisposto dall’istituto bancario quando il denaro necessario al pagamento e’ gia’ disponibile presso l’istituto stesso; si tratta normalmente di un titolo di credito all’ordine, emesso da un istituto di credito autorizzato dalla Banca d’Italia, esigibile dal beneficiario e trasferibile mediante girata solo in casi particolari e per importi limitati, ipotesi che non risultano ricorrere nella fattispecie).
Al riguardo, questa Corte (Sez. 2, n. 36670 del 22/06/2017, Rv. 271111), con riferimento ad assegno bancario recante clausola di non trasferibilita’, ha gia’ affermato che, in tema di falso in scrittura privata, a seguito dell’abrogazione dell’articolo 485 c.p. e della nuova formulazione dell’articolo 491 c.p. ad opera del Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, permane la rilevanza penale della condotta di falsificazione di assegno, anche se dotato di clausola di non traferibilita’, in quanto il titolo e’ comunque girabile per l’incasso (cd. girata impropria), potendo esercitare la sua funzione dissimulatoria almeno nei confronti dell’impiegato della banca e dell’istituto da questi rappresentato. Ritiene dunque il Collegio che sia l’assegno bancario che l’assegno circolare rientrino tutt’ora tra i titoli di credito che, ai sensi dell’articolo 491 c.p., se falsificati, rendono penalmente rilevante la condotta. Difatti, sebbene dotate di clausola di non trasferibilita’, entrambe le tipologie di assegno risultano pur sempre girabili per l’incasso (cosiddetta girata impropria), momento nel quale e’ certamente ancora possibile ravvisare una funzione dissimulatoria, almeno nei confronti dell’impiegato di banca e dell’istituto di credito da questi rappresentato.
Non e’ quindi condivisibile, sotto il cennato profilo, l’assunto che si rinviene in Sez. 5, n. 11999 del 17/01/2017, Rv. 269710, dal momento che la nuova disposizione dell’articolo 491 c.p., per effetto del Decreto Legislativo n. 7 del 2016, non distingue tra un tipo di girata ed un’altra, ne’ nei lavori preparatori al citato testo normativo si trova traccia della volonta’ del legislatore di depenalizzare per le vie di fatto la maggior parte dei piu’ gravi falsi in assegni, tenuto conto che, a seguito della Legge di Stabilita’ del 2016 (L. 28 dicembre 2015, n. 208), tutti gli assegni per un importo superiore ad Euro 1000 devono obbligatoriamente essere dotati di clausola di non trasferibilita’. Con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente a voler seguire l’opposta tesi, la falsificazione di un titolo di credito di importo inferiore a mille Euro, non dotato di clausola di non trasferibilita’, sarebbe un fatto ancora penalmente perseguibile ai sensi del nuovo articolo 491 c.p., al contrario della stessa falsificazione apposta su un assegno di importo maggiore e, per questo, espressione di un maggior disvalore della condotta e di possibili maggiori effetti dannosi sulla vittima (l’impiegato di banca che da’ seguito all’operazione e l’istituto bancario).
Ne’ dirimenti orientamenti in senso contrario e’ possibile trarre in proposito da quanto affermato da Sez. U, n. 4 del 20/02/1971, Guarracino, decisione intervenuta su un assetto normativo nel quale tutte le falsificazioni su assegni erano comunque penalmente rilevanti, ai sensi dell’articolo 485 c.p., oggi abrogato, o ai sensi dell’articolo 491 c.p..
5. Al rigetto del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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