Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 18 settembre 2017, n. 42538. Anche in assenza di una rinuncia da parte del Pm all’esame dell’imputato, già ammesso e fissato, è legittima la revoca dell’ordinanza di ammissione

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Nel caso di specie la richiesta di esame veniva effettuata all’inizio del dibattimento e veniva ritualmente ammessa; l’imputato tuttavia non presenziava ad alcuna udienza tantomeno a quella con la quale si concludeva l’istruttoria dibattimentale. Dunque la sua assenza reiterata, e non giustificata, rendeva legittimo il diniego del rinvio invocato dalla difesa, che, di fatto, si risolveva in una revoca dell’ordinanza di ammissione.
Con il ricorso per cassazione si deduceva altresi’ la mancata valutazione di un legittimo impedimento derivante dal fatto che l’imputato durante lo svolgimento del dibattimento di primo grado si trovava all’estero e, segnatamente, in Inghilterra. Tale doglianza e’ inammissibile sia perche’ generica, in quanto il ricorrente non supporta la dichiarazione circa l’impedimento ne’ con allegazioni, ne’ con indicazione di atti processuali, sia perche’ proposta per la prima volta in Cassazione, con insanabile frattura della catena devolutiva.
Sul punto il collegio ribadisce il consolidato orientamento secondo cui la regola ricavabile dal combinato disposto dell’articolo 606 c.p.p., comma 3, e articolo 609 c.p.p., comma 2 – secondo cui non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua “ratio” nella necessita’ di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perche’ non segnalato con i motivi di gravame (Cass. sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Rv. 256631). Si ribadisce inoltre che non sono deducibili per la prima volta davanti alla Corte di cassazione le questioni giuridiche che presuppongono un’indagine di merito (Cass. sez. 5, n. 11099 del 29/01/2015 Rv. 263271). Alla Corte di legittimita’ e’ affidata infatti una cognizione limitata al controllo della legittimita’ della progressione processuale (compreso il profilo della legittimita’ della motivazione), restando estranei alla sua area di controllo e di valutazione l’analisi del fatto, che resta di esclusiva competenza della giurisdizione di merito
1.5. Anche il motivo che deduce la manifesta illogicita’ della motivazione in ordine all’accertamento di responsabilita’ e’ manifestamente infondato.
Il collegio in materia di vizio di motivazione ribadisce che il sindacato del giudice di legittimita’ sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perche’ sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilita’ logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Cass. sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Rv. 251516); segnatamente: non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicita’, dalla sua contraddittorieta’ (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasivita’, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualita’, la stessa illogicita’ quando non manifesta, cosi’ come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilita’, della credibilita’, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Cass. sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
Contrariamente a quanto dedotto, il compendio integrato emergente dalle due sentenze conformi di merito non presenta alcuna frattura logica manifesta e decisiva: la Corte territoriale valorizzava sia il comportamento dell’imputato che la decisiva testimonianza dell’ (OMISSIS) (pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata); tali prove venivano ritenute, con motivazione esente da vizi, univocamente e certamente indicative della responsabilita’ dell’imputato. La motivazione offerta e’ priva di vizi logici manifesti e decisivi, si presenta coerente sia con le indicazioni ermeneutiche offerte dalla Corte di legittimita’, che con le emergenze processuali e si sottrae, pertanto, ad ogni censura in questa sede.
1.6. Infine: e’ manifestamente infondato anche il motivo che lamenta l’illegittimita’ del diniego di concessione dell’indulto.
Legittimamente il collegio di merito rigettava la richiesta del beneficio rilevando che l’imputato nei cinque anni successivi all’entrata in vigore della legge aveva riportato una condanna a pena detentiva superiore a due anni, sicche’ si era in presenza di una causa di revoca del beneficio invocato prevista dalla L. n. 241 del 2006, articolo 1, comma 3.
2.Alla dichiarata inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 1500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 a favore della Cassa delle ammende.

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