Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 28 settembre 2016, n. 19214. Nel contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, l’aleatorietà, costituente elemento essenziale del negozio, va accertata con riguardo al momento della conclusione del contratto

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Ne’, infine, si confronta con la ratio decidendi che pone a carico dell’attore l’onere probatorio della denunciata sproporzione, nulla essendo stato dedotto al riguardo, limitata l’impugnazione al solo raffronto fra la nuda proprieta’ di (OMISSIS) e le prestazioni assistenziali che si accompagnavano al versamento di Lire 900.000 all’anno, che – per quanto prima detto – non costituisce il fondamento della decisione de qua.

Con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione degli articoli 1362 e ss. c.c. e dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, poiche’ la corte territoriale non aveva tenuto conto che la clausola che prevedeva le prestazioni assistenziali de quibus era una “mera clausola di stile inserita per un sollievo morale ai vitaliziati e non per imporre un onere economico alla vitaliziante”.

Il motivo e’ inammissibile, in quanto introduce una questione che non risulta trattata nella sentenza impugnata e che parte ricorrente non ha dedotto di avere sollevato nelle precedenti fasi del giudizio.

Infatti, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che i ricorrenti nei due gradi di merito hanno solo affermato la nullita’ del contratto in esame sul presupposto della mancanza di alea “in virtu’ della eta’ dei vitaliziati e della sproporzione manifesta tra le prestazioni in ragione dell’elevato valore dei beni”, senza negare il carattere anche giuridico dell’impegno relativo alle prestazioni assistenziali.

Si rammenta, al riguardo, che nel giudizio di cassazione e’ preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino, come nel caso in esame, indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito (tra le piu’ recenti v. Cass. 9 luglio 2013 n. 17041; Cass. 13 settembre 2007 n. 19164).

Ne discende che, qualora una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’, al fine di evitare una statuizione di inammissibilita’, per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 14 aprile 2011 n. 8504; Cass. 15 febbraio 2010 n. 3468; Cass. 11 novembre 2008 n. 26953; Cass. 21 febbraio 2006 n. 3664; Cass. 22 maggio 2006 n. 11922; Cass. 19 maggio 2006 n. 11874; Cass. 11 gennaio 2006 n. 230).

Con il quinto ed ultimo motivo i ricorrenti deducono la violazione degli articoli 1872 ss. c.c., nonche’ l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, poiche’ la corte territoriale non avrebbe considerato l’aspettativa di vita dei beneficiari.

La infondatezza di quest’ultima censura discende dalle considerazioni svolte con riferimento al terzo mezzo.

In conclusione, il ricorso va rigettato.

Segue, per rigore di soccombenza, la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese sostenute dalla controricorrente nel presente giudizio di legittimita’, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfettarie e degli accessori come per legge.

Sentenza redatta con la collaborazione dell’assistente di studio dott. (OMISSIS).

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