Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 28 novembre 2017, n. 28372. Anche una realizzazione in itinere ben può essere valutata come idonea di per sé e prima del suo completamento a concretizzare una turbativa del possesso

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1.- Con il primo motivo del ricorso si deduce la nullita’ della sentenza gravata in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 4..
Viene prospettata, anche citando Cass. n. 12114/2004, l’assoluta “obiettiva incomprensililita’” della impugnata sentenza da cui si evidenzierebbe e sostanzierebbe “l’assoluta carenza di motivazione”.
Il motivo e’ totalmente infondato.
Il riferimento alla citata decisione di questa Corte e’ incautamente incongruo in quanto quel precedente si riferisce al caso, ben diverso da quello in questione, di sentenza autografa di difficile leggibilita’ e comprensione.
Nella fattispecie, invece, la sentenza – ben comprensibile e adeguatamente motivata – sfugge del tutto ad un motivo cosi’ infondatamente proposto e, pertanto, rigettato.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si denuncia il vizio di omessa; insufficiente e contraddittoria motivazione ex articolo 360 c.p.c., n. 5.
Viene censurata la valutazione, in ipotesi ritenuta dalla Corte di merito, della sussistenza della turbativa del possesso, il tutto asserendosi un preteso travisamento dei fatti in relazione alla detta ritenuta sussistenza.
Si sostiene, in particolare, che “l’intrapresa realizzazione” dell’opera sostanziante la turbativa del possesso non poteva dar luogo alla turbativa medesima.
La Corte con proprio logico apprezzamento ha valutato che non era, nella fattispecie i necessaria la completa realizzazione ed esecuzione dell’opera.
Il tutto con propria valutazione dei fatti e con motivazione congrua, adeguata ed immune da vizi logici denunciabili. Per di piu’ anche una realizzazione in itinere ben puo’ essere valutata (come nella fattispecie in giudizio) come idonea, di per se’ e prima del suo completamento a concretizzare una turbativa del possesso. Il motivo va, dunque, respinto.
3.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 907 c.c. in relazione alla distanza minima (mt. 1.5. in luogo di mt. 3) perche’ nella fattispecie trattavasi di eventuale lesione di una veduta.
Il motivo e’ infondato in quanto – in ragione del tipo di manufatto (passerella stabilmente ancorata e non removibile) e per il tipo di violazione dalla sua realizzazione conseguente – non poteva essere invocata la predetta minore distanza.
Nella fattispecie, come accertato dalla Corte territoriale, non vi era la lesione di un diritto di veduta, ma la violazione di distanza dalla altrui proprieta’.
Il motivo, quindi, deve essere respinto.
4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione – dell’articolo 907 c.c. e della L. n. 13 del 1989, articolo 3.
Parte ricorrente lamenta la mancata applicazione del criterio derogatorio previsto dall’invocato articolo 13 L. cit. rispetto ai limiti previsti dal c.c..
Orbene la deroga in parola trova applicazione nei riguardi di proprieta’ condominiali e non di singole proprieta’ individuali di vicini e confinanti ( (OMISSIS)).

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