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Alla luce della sentenza Spector, dunque, non residuano dubbi interpretativi sul significato degli articoli 1 e 2 e del 300 “considerando” della direttiva 2003/06/CE. Il dettato di tali disposizioni e’ chiaro e, alla luce di tale dettato, la questione da cui dipende la soluzione della presente causa si risolve nello stabilire se – in considerazione della ratio della disciplina degli abusi di mercato, e dunque della esigenza di tutelare l’integrita’ dei mercati finanziari e di rafforzare la fiducia degli investitori – la presunzione che un’insider primario che detiene informazioni privilegiate utilizzi tali informazioni qualora effettui operazioni di mercato sugli strumenti finanziari cui esse si riferiscono possa ritenersi superata ove l’operazione di mercato consista nell’acquisto di azioni di una societa’ su cui l’insider, che della stessa detenga la maggioranza delle azioni, stia per lanciare un’OPA per delisting. Tale questione, tuttavia, non involge l’interpretazione generale ed astratta delle disposizioni dettate dalla direttiva 2003/06/CE, bensi’ I’ applicabilita’ di tali disposizioni ad una determinata fattispecie e, pertanto, la sua soluzione compete al giudice nazionale (cfr. Cass. 15041/17).
Il quinto motivo di ricorso va dunque, conclusivamente, rigettato.
6. Con il sesto motivo di ricorso i ricorrenti denunciano il vizio di contraddittoria, omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ossia l’ascrivibilita’ dell’illecito ai ricorrenti in proprio, ovvero a titolo di concorso. In particolare i ricorrenti attingono l’affermazione che si legge a pagina 39, primo capoverso, della sentenza gravata, la’ dove si afferma che tutti i tre odierni ricorrenti “rivestivano in proprio ruolo di insider primario ai quali l’illecito poteva essere contestato in proprio, oltre che a titolo di concorso, per cui e’ sufficiente che uno solo dei soggetti abbia la qualifica di insider perche’ gli altri soggetti cK risultino aver contribuito alla realizzazione di illecito rispondono del medesimo fatto titolo di concorso”. Nel mezzo di ricorso si argomenta che la sentenza risulterebbe, per un verso, contraddittoria (non chiarendo se l’illecito addebitato ai ricorrenti venga loro ascritto in proprio o a titolo di concorso) e, per altro verso, carente nella individuazione dei ruoli e nella qualificazione dei comportamenti integrativi dell’ipotetico concorso.
Osserva al riguardo il Collegio che la censura si risolve in una critica di contraddittorieta’ o insufficienza del ragionamento motivazionale della corte territoriale, ma non denuncia l’omesso esame di alcun fatto storico, principale o secondario, decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti.
Il motivo e’ dunque inammissibile, perche’ la sua formulazione non e’ conforme al disposto dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, nuovo testo, dovendosi al riguardo richiamare le osservazioni gia’ svolte per motivare la statuizione di inammissibilita’ del terzo mezzo di gravame.
7. In definitiva il ricorso va rigettato in relazione a tutti i motivi nei quali esso si articola.
Le spese del giudizio di cassazione si compensano, trattandosi della prima volta che la questione dell'”insider di se stesso” viene esaminata da questa Suprema Corte.
Deve peraltro darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio contributo unificato da parte dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, Decreto Legislativo n. 546 del 1992, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’articolo 1 bis, dello stesso articolo 13.
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