Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 16 ottobre 2017, n. 24310. Ai fini della configurabilità dell’abuso di informazioni privilegiate, ex art. 187 bis del T.U.F.

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4. Con il quarto motivo si denuncia il vizio di violazione e/o falsa applicazione degli articoli 181 e 187 bis T.U.F.; i ricorrenti, muovendo dal presupposto che tanto gli obblighi di disclosure (informativa del mercato ex articolo 114 T.U.F.) quanto il divieto di insider trading sorgano nel momento in cui venga ad esistenza un’informazione di carattere privilegiato, censurano la sentenza gravata per avere ammesso la possibilita’ di uno spazio temporale, definito nel ricorso “zona grigia”, durante il quale un evento di natura potenzialmente price sensitive debba essere tutelato da possibili illeciti di insider trading pur non essendo ancora maturo per la comunicazione al pubblico.
Il motivo va giudicato inammissibile perche’ e’ privo di pertinenza alla motivazione della sentenza gravata. Tale motivo si risolve, in sostanza, in una critica dell’assunto sviluppato nella comunicazione della CONSOB del 28 marzo 2006, secondo cui il dettato dell’articolo 66, comma 1, del Regolamento emittenti adottato con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 (“Gli obblighi di comunicazione previsti dall’articolo 114, comma 1, del Testo unico sono ottemperati quando, al verificarsi di un complesso di circostanze o di un evento, sebbene non ancora formalizzati, il pubblico sia stato informato senza indugio mediante apposito comunicato diffuso con le modalita’ indicate nel Capo I.”) legittimerebbe la possibilita’ che, rispetto allo stesso evento, possa esservi una significativa divaricazione temporale tra il momento in cui sorge l’obbligo della sua comunicazione al pubblico e il precedente momento in cui sorge il divieto di usare della relativa informazione. Ma di tale questione la corte bolognese non si e’ occupata minimamente, ne’ avrebbe potuto occuparsene, non riguardando l’impugnato provvedimento sanzionatorio la violazione, da parte degli odierni ricorrenti, di obblighi di comunicazione al pubblico dell’OPA su (OMISSIS) s.p.a., cosicche’ la censura sviluppata nel mezzo di impugnazione in esame risulta irrimediabilmente carente di specificita’.
5. Con il quinto motivo si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’articolo 187 T.U.F. e della direttiva 2003/06/CE in cui la corte distrettuale sarebbe incorsa ritenendo sussistente, nella specie, il collegamento causale tra il possesso dell’informazione privilegiata e lo status di insider; i ricorrenti argomentano che, essendo gli incolpati gli stessi ideatori del progetto di OPA sulle azioni (OMISSIS) s.p.a., l’informazione privilegiata dell’esistenza di tale progetto era in loro possesso non in ragione dei ruoli da loro svolti nella stessa (OMISSIS) s.p.a. e nella (OMISSIS) s.r.l. ma semplicemente perche’ tale progetto era stato da loro ideato. Il motivo di ricorso pone, in sostanza, la questione del c.d. “insider di se stesso”, sviluppando le argomentazioni che di seguito si sintetizzano.
In primo luogo si argomenta che il termine “informazione” postulerebbe il trasferimento di materiale conoscitivo da un soggetto informatore ad un soggetto informato, cosicche’ non ogni tipologia di dato conoscitivo sarebbe sussumibile nella nozione di informazione, ma solo il materiale conoscitivo che abbia formato oggetto di una trasmissione tra soggetti diversi. Al riguardo, nel motivo di ricorso si critica l’enfasi data della corte territoriale alla diversita’ di tenore letterale tra il testo della L. n. 157 del 1991, articolo 2, comma 1, (ove si vieta l’acquisto o la vendita di valori mobiliari “qualora si posseggano informazioni riservate ottenute in virtu’ della…n ed il testo dell’articolo 187 bis, comma 1, T.U.F. (ove il destinatario dei divieti di condotta previsti da tale disposizione viene individuato in “chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualita’ di…”). I ricorrenti sottolineano che, anche dopo che dal testo delle norme regolatrici della materia e’ stato rimosso l’aggettivo “ottenute”, egualmente, ai fini della configurabilita’ della nozione di “informazione” rilevante ex articolo 187 bis, comma 1, T.U.F., continuerebbe ad essere necessario un trasferimento di conoscenza da uno ad altro soggetto.
In secondo luogo si afferma che la locuzione “in ragione della sua qualita’ di…”, contenuta nel testo dell’articolo 187 bis T.U.F., postulerebbe che la condotta sanzionata sia quella di colui (insider) che sfrutti un’informazione acquisita nell’ambito (ed a causa) di un rapporto fiduciario in essere con l’emittente.
In terzo luogo si contesta l’affermazione della sentenza gravata secondo cui il 300 “considerando” della direttiva 2003/06/CEE (“Poiche’ l’acquisizione o la cessione di strumenti finanziari implica necessariamente una decisione preliminare di acquisire o di cedere da parte della persona che procede ad una di queste operazioni, non si dovrebbe considerare che il fatto di effettuare questo acquisto o cessione costituisca di per se’ un’utilizzazione di un’informazione privilegiata.”) si applicherebbe alle OPA con finalita’ di scalata ma non alle OPA che, come quella che ha dato origine alla vicenda per cui e’ causa, abbiano finalita’ di delisting (vale a dire le OPA in cui il socio di maggioranza tende ad acquistare tutte le azioni della societa’ per poi cancellare la stessa dal listino di borsa).
Da ultimo i ricorrenti sollecitano questa Corte a sollevare davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale relativa alla possibilita’ di interpretare gli articoli 1 e 2, della direttiva 2003/06/CEE, anche alla luce del 300 considerando, nel senso che essi escludano l’abuso di informazione privilegiata per il solo fatto di acquisto di azioni dell’emittente effettuato precedentemente al lancio di un’OPA finalizzata al delisting.
Il motivo non puo’ trovare accoglimento, ne’ ricorrono le condizioni per disporre il richiesto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
La prima argomentazione dei ricorrenti non e’ condivisibile. Nel contesto dell’articolo 187 bis T.U.F. la parola “informazione” non e’ accompagnata da alcun riferimento alla relativa provenienza e viene usata in senso meramente oggettivo e statico, come sinonimo di “conoscenza” o “notizia” oggetto di possesso. La circolazione che l’informazione possa avere avuto prima di entrare nel possesso dell’agente non trova alcuna eco semantica (quale poteva essere, nel testo della L. n. 157 del 1991, articolo 2, comma 1, l’aggettivo “ottenute”) ne’ nel testo dell’articolo 187 bis T.U.F., ne’ nel testo dell’articolo 1, n. 1, della Direttiva 2003//CE (che cosi’ definisce la nozione di “informazione privilegiata”: “un’informazione che ha un carattere preciso, che non e’ stata resa pubblica e che concerne, direttamente o indirettamente, uno o piu’ emittenti di strumenti finanziari o uno o piu’ strumenti finanziari, che, se resa pubblica, potrebbe influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari ovvero sui prezzi di strumenti finanziari derivati connessi”); puo’ aggiungersi che nemmeno nella direttiva 2003/124/CE, recante modalita’ di esecuzione della direttiva 2003/6/CE per quanto riguarda, tra l’altro, la definizione delle informazioni privilegiate, puo’ rinvenirsi un qualche riferimento che induca a ritenere che la nozione di “informazione” rilevante ai fini della disciplina Europea degli abusi di mercato postuli la trasmissione di materiale conoscitivo da uno ad altro soggetto.
In definitiva va quindi affermato che nel testo dell’articolo 187 bis T.U.F. l’espressione “informazione” va intesa quale “conoscenza”, indipendentemente dal fatto che tale conoscenza sia stata o meno trasmessa da altri all’agente.
Nemmeno appare persuasiva la seconda argomentazione sviluppata dai ricorrenti, relativa all’assenza, nella ipotesi dell'”insider di se stesso”, di un nesso causale tra il possesso dell’informazione e la qualita’ di insider. Essa si risolve, infatti, in un corollario del postulato che la nozione di informazione si identifichi in quella di conoscenza trasferita da un soggetto ad un altro; risulta infatti coerente con tale postulato affermare che i ricorrenti – che non hanno ricevuto da nessuno l’informazione sul progetto di OPA, essendo essi stessi gli ideatori di tale progetto – non sarebbero in possesso dell’informazione relativa all’esistenza di tale progetto in ragione delle loro partecipazioni o cariche societarie (bensi’ in ragione della loro qualita’, appunto, di ideatori del progetto stesso).
Se, pero’, si respinga il postulato – come il Collegio, per le ragioni sopra enunciate, ritiene di dover fare – cade anche il corollario. E’ evidente, infatti, che (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) non hanno ricevuto l’informazione relativa al progetto di OPA da altri soggetti con i quali essi erano in contatto professionale in ragione delle loro partecipazioni o cariche societarie; ma e’ altrettanto evidente che gli stessi in tanto hanno ideato il progetto di OPA, acquisendo conseguentemente il possesso della relativa informazione, in quanto (OMISSIS) e (OMISSIS) erano titolari di cariche (e, il primo, anche di partecipazioni) nella societa’ emittente (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) esercitava la funzione di amministratore della (OMISSIS) s.r.l..

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