Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 6 settembre 2017, n. 20834. In tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001

In tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condotta di più soggetti, che dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni, propongano contemporaneamente distinti ricorsi per equa riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause inevitabilmente destinate alla riunione, in quanto connesse per l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo, contrastando con l’inderogabile dovere di solidarietà, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso non è sanzionabile con l’inammissibilità dei ricorsi, non essendo illegittimo lo strumento adottato ma le modalità della sua utilizzazione, ma impone per quanto possibile l’eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano, e, quindi, la valutazione dell’onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine.

 

 

Ordinanza 6 settembre 2017, n. 20834
Data udienza 23 marzo 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8228-2016 proposto da:

(OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 423/15 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositato il 18/09/2015 n. cronol. 773/2015 relativo al ricorso R.G.n. 158/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/03/2017 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Caltanissetta, con decreto depositato il 21 ottobre 2013, ha dichiarato improponibile il ricorso, depositato in data 6 dicembre 2011, con cui (OMISSIS) aveva chiesto la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze al danno non patrimoniale subito per la irragionevole durata di un giudizio amministrativo iniziato dinnanzi al TAR di Palermo con ricorso del 9 gennaio 1997 e definito con sentenza depositata il 26 ottobre 2010. La Corte rilevava che il ricorrente aveva allegato di avere depositato nel giudizio presupposto istanza di prelievo, senza tuttavia fornire idonea prova documentale di tale assunto, alla quale non poteva ritenersi equivalente l’istanza di fissazione di udienza. Ha, quindi, ritenuto che, essendo stata la domanda di equa riparazione proposta dopo il 16 settembre 2010, la stessa dovesse essere dichiarata improponibile per mancata presentazione della istanza di prelievo.

Avverso tale decreto proponeva ricorso per Cassazione (OMISSIS) per due motivi.

La Corte di Cassazione con ordinanza del 17 dicembre accoglieva il secondo motivo di ricorso, precisando che “ai fini dell’applicazione dell’articolo 54, comma 2, quale risultante dalle modifiche del Decreto Legislativo n. 104 del 2010, e’ necessario che alla data del 16 settembre fosse ancora in fase di trattazione, nel senso che, tra tale data e la data della decisione della causa dovesse esserci la possibilita’ per la parte di depositare la istanza di prelievo nel giudizio amministrativo presupposto (Cass. n. 26165 del 2013), altrimenti, finendo con l’attribuire alla disposizione introdotta nel 2010 una efficacia retroattiva, idonea a paralizzare la domanda di equa riparazione anche per il periodo precedente alla data del 25 giugno 2008. Nella specie, il ricorrente deduce che la causa amministrativa e’ passata in decisione all’udienza del 21 settembre 2010, e cioe’ cinque giorni dopo la data di entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 104 del 2010 e delle modifiche da esso apportate alla disciplina di cui al Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 54. In tale contesto, dovendosi ritenere che l’udienza del 21 settembre sia stata fissata per effetto della istanza depositata dal ricorrente il 28 settembre 2009, si deve escludere che la mancata presentazione della istanza di prelievo, dopo il 16 settembre 2010, possa produrre l’effetto di precludere la domanda di equa riparazione anche per il periodo anteriore al 25 giugno 2008. Invero, alla data del 16 settembre 2010 l’udienza di discussione del ricorso dinnanzi al TAR deve ritenersi fosse gia’ stata fissata, sicche’ la presentazione della istanza di prelievo, lungi dall’assolvere la funzione sua propria, di manifestazione di interesse ad una sollecita definizione del giudizio, sarebbe stata priva di qualsivoglia rilevanza, anche ai fini della proponibilita’ della domanda di equa riparazione, se non nei limiti della previgente formulazione del Decreto Legge n. 112 del 2008, articolo 54, comma 2 (…)”.

Il (OMISSIS) riassumeva il procedimento con ricorso del 10 aprile 2015, riproponendo la domanda di equa riparazione, chiedendo che la causa fosse decisa alla stregua dei principi fissati dalla Corte di Cassazione.

Si costituiva il ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo che venisse accertata la tempestivita’ e ammissibilita’ della domanda e nel merito che si tenesse conto della condotta della parte nel giudizio presupposto.

La Corte di appello di Caltanissetta con decreto 773 del 2015 accoglieva il ricorso e condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento a favore del (OMISSIS) della somma di Euro 3.708,30, compensava per i quattro quinti le spese dei procedimenti e condannava il Ministero al pagamento della rimante somma. Secondo la Corte di Caltanissetta: a) il giudizio presupposto aveva superato la durata ragionevole di anni 7 e mesi 5; b) poteva essere riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale l’importo per ogni anno di ritardo. La Corte nissena riteneva di compensare i quattro quinti delle spese del giudizio, posto che rispetto ad uno stesso giudizio presupposto sono stati proposti contestualmente da diversi ricorrenti con il medesimo procuratore diversi ricorsi per equa riparazione e che rispetto ad almeno uno di essi, si e’ proceduto alla liquidazione delle spese del procedimento.

La cassazione di questo decreto e’ stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato ad un motivo articolato su tre profili. Il Ministero della Economia e delle Finanze in questa fase non ha svolto attivita’ giudiziale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato che la presente sentenza sia redatta con “motivazione semplificata”.

1.= Con l’unico motivo (OMISSIS) lamenta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3: A) Illegittimita’ del capo che dispone la compensazione delle spese del primo grado di giudizio (NRG 2069 del 2011), del giudizio di legittimita’ (NRG 14056 del 2014) e del giudizio di rinvio (RGN 158 del 2015) per violazione dell’articolo 91 c.p.c., comma 1, e dell’articolo 92 c.p.c., comma 2. B) Illegittimita’ del capo che liquida nella misura di 1/5 le spese del procedimento, nei suoi diversi gradi, nella parte in cui applica le riduzioni di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 9, per il giudizio NRG 2069/2011 per violazione dell’articolo 2233 c.c., comma 2; C) Illegittimita’ del capo che liquida nella misura di 1/5 le spese del procedimento, nei suoi diversi gradi, nella parte in cui applica la riduzione di cui al Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, per i giudizi di legittimita’ e di rinvio, per violazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, articolo 4, comma 1, e per violazione dell’articolo 2233 c.c., comma 1.

Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato:

A) nell’aver compensato le spese (sia pure nella misura dei 4/5) dei tre gradi di giudizio (primo grado del giudizio, giudizio di legittimita’ e giudizio di rinvio) perche’ pur applicando per i primi due gradi del giudizio l’articolo 92 c.p.c., nella versione introdotta dalla L. n. 69 del 2009 e per il giudizio di rinvio l’articolo 92 c.p., cosi’ come modificato dalla L. n. 132 del 2014, comunque, non ricorrevano nel caso in esame gravi ed eccezionali ragioni, ne’ una delle ipotesi (soccombenza reciproca, assoluta novita’ della questione trattata mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni trattate) di cui alla L. n. 132 del 2014. Ne’ sarebbe grave ed eccezionale ragione di compensazione, pressoche’ integrale delle spese, la proposizione di separati ricorsi per equa riparazione con il medesimo procuratore rispetto ad un medesimo giudizio presupposto ed in considerazione del fatto che rispetto ad almeno uno di essi si e’ proceduto alla liquidazione delle spese del procedimento.

B) nell’aver violato il minimo tariffario e nell’aver applicato la riduzione massima consentita dal Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 9, pari al 50% perche’ secondo le tabelle del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012 il compenso nel caso in esame sarebbe stato di Euro 2.520,00 e considerato il 1/5 il compenso ammonterebbe ad Euro 504,00 e applicando la riduzione del 50% la liquidazione sarebbe dovuta esser di Euro 252,00 e non gia’ di Euro 90,00; la disposta compensazione violerebbe, comunque, l’articolo 2233 c.c., posto che secondo tale disposizione in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

C) nell’aver disposto la riduzione per la non complessita’ delle questioni affrontate, non avendo tenuto conto che la parte per ottenere il riconoscimento del diritto all’equa riparazione ha dovuto affrontare un iter giudiziario lungo e complesso. Piuttosto anche sotto profilo la Corte distrettuale avrebbe violato la disposizione di cui all’articolo 2232 c.c..

1.1. = E’ fondato il secondo profilo, del motivo in esame, limitatamente alla parte in cui la liquidazione delle spese non risponde alle tabelle di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, infondati sono gli altri profili del motivo.

a) Infatti, come correttamente ha evidenziato il ricorrente secondo le tabelle del Decreto Ministeriale n. 140 del 2012 il compenso, relativamente al giudizio svoltosi davanti alla Corte di Appello andava calcolato secondo la tabella relativa alle cause di valore fino a Euro 25.000,00, il cui risultato sarebbe di Euro 584 che applicando la riduzione di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, articolo 9, considerata la quinta parte risulta essere di Euro 112, 80. Corretta e’ la liquidazione per il giudizio di cassazione posto che in applicazione del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014 il compenso sarebbe di Euro 892,50 e la quinta parte sarebbe, esattamente, Euro 178,50.

b) Corretta e’ la disposta compensazione. Infatti, posto che la domanda di equa riparazione proposta da (OMISSIS) risulta identica a quella proposta da altre parti di un medesimo giudizio presupposto svoltosi avanti al TAR di Palermo, avendo formulato un’identica domanda, e’ applicabile il principio affermato dalla S.C. secondo il quale “in tema di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, la condotta di piu’ soggetti, che dopo aver agito unitariamente nel processo presupposto, in tal modo dimostrando la carenza di interesse alla diversificazione delle rispettive posizioni, propongano contemporaneamente distinti ricorsi per equa riparazione, con identico patrocinio legale, dando luogo a cause inevitabilmente destinate alla riunione, in quanto connesse per l’oggetto ed il titolo, si configura come abuso del processo, contrastando con l’inderogabile dovere di solidarieta’, che impedisce di far gravare sullo Stato debitore il danno derivante dall’aumento degli oneri processuali, e con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, avuto riguardo all’allungamento dei tempi processuali derivante dalla proliferazione non necessaria dei procedimenti. Tale abuso non e’ sanzionabile con l’inammissibilita’ dei ricorsi, non essendo illegittimo lo strumento adottato ma le modalita’ della sua utilizzazione, ma impone per quanto possibile l’eliminazione degli effetti distorsivi che ne derivano, e, quindi, la valutazione dell’onere delle spese come se il procedimento fosse stato unico fin dall’origine” (Sez. 1, n. 10634/2010).

Pertanto, appare del tutto giustificata la disposta compensazione dei 4/5 delle spese del giudizio, perche’ nonostante il presente procedimento non sia stato riunito ad altri aventi da oggetto la durata dello stesso giudizio presupposto, tuttavia, egualmente e’ stato consumato un abuso del processo che non poteva che essere rilevante al momento della liquidazione delle spese.

C) Va qui osservato che la normativa di cui all’articolo 2233 c.c., secondo cui “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione” deve ritenersi rispettato tutte le volte in cui vengono rispettati i parametri indicati dalla legge e nel nostro caso dalle tabelle riportate dal decreto ministeriale con il quale vengono fissate i compensi in relazione al valore della causa dovendo ritenere che la normativa di settore abbia predisposto un compenso adeguato all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

In definitiva, va accolto il primo aspetto del secondo profilo del motivo e rigettati gli altri. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la causa va giudicata nel merito liquidando per il primo grado di merito la somma di Euro 112,80 per compensi, confermando le altre statuizioni del decreto impugnato in merito alla liquidazione delle spese. Non occorre provvedere al regolamento delle spese del presente giudizio di cassazione, posto che la parte intimata non ha svolto, in questa fase, alcuna attivita’ giudiziale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo profilo del motivo, cassa il decreto impugnato in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, liquida per il primo grado di merito la somma di Euro 112,80 per compensi, conferma le altre statuizioni del decreto impugnato in merito alla liquidazione delle spese.

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