Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 21 settembre 2017, n. 21963. Rimborso delle attività svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente è stato autorizzato ad avvalersi

Per il rimborso delle attività svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente è stato autorizzato ad avvalersi valgono le stesse tabelle dei Ctu.

 

Ordinanza 21 settembre 2017, n. 21963
Data udienza 22 giugno 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12823-2012 proposto da:

(OMISSIS) SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) SRL, (OMISSIS) SAS;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PESCARA, depositata il 06/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. L’odierna ricorrente promuoveva un giudizio di cognizione dinanzi al Tribunale di Pescara volto ad ottenere il pagamento del compenso dovutole dalla (OMISSIS) S.r.l. per l’attivita’ di fornitura di componenti di arredo, nel quale la convenuta contestava la fondatezza della domanda, formulando domanda riconvenzionale di danni. Disposta la chiamata in causa anche della (OMISSIS) S.a.s. (OMISSIS), era espletata una CTU a mezzo dell’ing. (OMISSIS).

Il Tribunale di Pescara con decreto dell’8 giugno 2011 liquidava le competenze dell’ausiliario, determinandole nella somma di Euro 5.000,00, oltre Euro 1.328,02 per spese documentate (inclusive del compenso in favore del collaboratore, arch. (OMISSIS)), riconoscendo l’aumento per la complessita’ dell’incarico.

Avverso tale provvedimento ha proposto opposizione la ricorrente ed il Tribunale di Pescara con decreto del 6 febbraio 2012 l’ha rigettata, condannando l’opponente anche al rimborso delle spese in favore del consulente resistente.

Dopo avere disatteso l’eccezione d’inammissibilita’ dell’opposizione per la sua tardiva proposizione, riteneva corretto il ricorso, per la liquidazione, al criterio di cui al Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articolo 11 in quanto l’indagine commessa al consulente non era limitata ad operazioni di mero controllo o verifica, ma si estendeva anche ad altri tipi di accertamento (quali l’esistenza dei vizi, il costo per la loro eliminazione, il tempo occorrente per l’esecuzione dei lavori di ripristino, l’incidenza di tali lavori con l’attivita’ commerciale della convenuta, l’indicazione del ridotto valore complessivo dell’opera, nonche’ gli accertamenti di cui ai punti 4 e 5 del quesito), il che’ escludeva la possibilita’ di fare ricorso alla diversa previsione di cui all’articolo 12.

In merito al riconoscimento della percentuale massima riferita ad ogni scaglione di cui all’articolo 11 ed all’aumento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 52 il Tribunale rilevava che proprio la complessita’ ed articolazione dei quesiti proposti avevano richiesto al CTU un particolare impegno che ha correttamente fondato la liquidazione nei termini di cui al decreto impugnato. Infine, quanto alla contestazione del compenso in favore del collaboratore del consulente d’ufficio, la cui nomina era stata autorizzata dal GI, riteneva l’ordinanza che, poiche’ l’attivita’ svolta dal collaboratore partecipava il lavoro svolto dall’ausiliario d’ufficio, non vi era luogo all’applicazione del criterio delle vacazioni, dovendosi anche per questi far ricorso ai criteri di cui all’articolo 11 menzionato.

Per la cassazione di tale provvedimento ricorre la (OMISSIS) S.r.l. sulla base di cinque motivi.

Gli intimati non hanno svolto attivita’ difensiva in questa sede.

2. Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 50 e del Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articoli 11 e 12 nonche’ l’omessa e/o carente motivazione.

Si deduce che l’attivita’ demandata all’ausiliario di ufficio esulava dal novero di quelle previste dall’articolo 11 menzionato D.M., concernendo essenzialmente la verifica della rispondenza tecnica alle prescrizioni del capitolato del contratto di alcuni componenti d’arredo metallici.

Nel caso in esame, a prescindere dai quesiti proposti, l’attivita’ anche di verifica dei vizi doveva reputarsi insita nella verifica della rispondenza contrattuale dell’opera.

Inoltre il decreto ha motivato in maniera contraddittoria dal momento che il CTU non ha fornito alcun contributo nella risposta al quesito n. 4, omettendo altresi’ di dare risposta ai quesiti concernenti il costo per l’eliminazione dei vizi, all’indicazione del tempo occorrente per i lavori di ripristino ed all’incidenza di tali lavori sull’attivita’ commerciale della convenuta.

Il motivo e’ infondato.

In primo luogo deve essere evidenziata la genericita’ della formulazione del motivo, in quanto omette di riprodurre con precisione le specifiche attivita’ di indagine compiute da parte dell’ausiliario, attestazione questa necessaria al fine appunto di riscontrare se l’attivita’ svolta fosse correttamente remunerabile ai sensi del Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articolo 11 ovvero articolo 12

In ogni caso, il giudice di merito con accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimita’, ha ritenuto che l’attivita’ demandata al CTU non si esaurisse nell’ambito di quelle previste dal Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articolo 12 ma che, anche in ragione dei quesiti di cui ai nn. 4 e 5 (verifica di eventuali cause esterne o sopravvenute per i vizi riscontrati negli arredi forniti e valutazione circa la evidenza ed immediata riconoscibilita’ dei vizi stessi), non potesse che condurre all’applicazione dell’articolo 11.

A tal fine, sempre con verifica in fatto, ha rilevato che l’indagine in merito all’accertamento dei vizi, all’individuazione dei costi per la loro eliminazione ed al tempo occorrente per l’esecuzione dei lavori di ripristino ed all’incidenza di tali lavori con l’attivita’ della committente, implicavano un maggiore e diverso impegno rispetto a quanto invece richiesto per l’applicazione dell’articolo 12, che si esaurisce in un controllo di mera rispondenza delle opere a quanto previsto in contratto.

Rileva il Collegio che, in disparte l’inammissibilita’ delle doglianze che in realta’ investono la valutazione circa l’utilita’ e la correttezza degli accertamenti compiuti dall’ausiliario, trattandosi di censure che esulano da quelle suscettibili di essere proposte in questa sede (cfr. ex multis Cass. n. 3024/2011), il giudice di merito ha riscontrato la maggiore complessita’ dell’incarico, volto non solo alla verifica di corrispondenza delle opere alle prescrizioni contrattuali o progettuali, ma involgente anche accertamenti ulteriori, implicanti l’esecuzione di opere di ripristino.

In tal senso la decisione impugnata risulta conforme alla giurisprudenza di questa Corte, che ha appunto affermato che (Cass. n. 20235/2009) in tema di compensi dovuti al consulente tecnico d’ufficio, il Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, n. 115, articolo 12 costituisce una norma speciale, che deroga al criterio generale indicato dall’articolo 11 medesimo decreto: pertanto, qualora in una controversia concernente un rapporto contrattuale di appalto l’indagine commessa al consulente non sia limitata ad operazioni di mero controllo e verifica, ma si estenda ad altri tipi di accertamenti (nella specie, l’accertamento delle somme dovute a seguito dell’opposizione delle riserve iscritte), il criterio di liquidazione e’ quello fissato in via generale dall’articolo 11 cit. per la consulenza in materia di costruzioni edilizie.

Il motivo deve quindi essere disatteso.

3. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 168 e 51 nonche’ del Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articolo 11 nonche’ l’omessa e/o carente motivazione.

Si evidenzia che nella determinazione degli onorari variabili il giudice deve tenere conto delle difficolta’, della completezza e del pregio della prestazione fornita, laddove il provvedimento gravato, con un generico rinvio alla complessita’ ed articolazione dei quesiti proposti, che avrebbero imposto un particolare impegno, ha giustificato il calcolo facendo applicazione della percentuale massima di aumento, trascurando la semplicita’ delle indagini commesse e l’assenza di un effettivo apporto per la risoluzione delle questioni tecniche demandate al CTU.

Il motivo e’ infondato.

Al riguardo occorre richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte, per la quale (cfr. Cass. n. 27126/2014) in tema di compensi spettanti a periti e consulenti tecnici a norma del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articoli 50 e segg. la determinazione dei relativi onorari costituisce esercizio di un potere discrezionale del giudice del merito, e pertanto, se contenuta tra il minimo ed il massimo della tariffa, non richiede motivazione specifica e non e’ soggetta al sindacato di legittimita’, se non quando l’interessato deduca la violazione di una disposizione normativa oppure un vizio logico di motivazione, specificando le ragioni tecnico giuridiche secondo le quali debba ritenersi non dovuto un certo compenso oppure eccessiva la liquidazione.

Nel caso in esame, la decisione gravata, con congrua ed adeguata motivazione, come visto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che sussistessero le condizioni per giustificare sia l’applicazione del limite massimo previsto da ciascun scaglione di valore Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, ex articolo 11 sia l’aumento (sebbene non pari all’effettivo raddoppio) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 52 evidenziando la complessita’ ed articolazione dei quesiti che avevano imposto al CTU un particolare impegno.

La censura proposta si risolve chiaramente in una doglianza di merito che non puo’ essere esaminata in sede di legittimita’.

4. Il terzo motivo denunzia poi la violazione e/o falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 168 e 52 nonche’ l’omessa e/o carente e/o contraddittoria motivazione del decreto impugnato nella parte in cui ha immotivatamente concesso al CTU il raddoppio del compenso.

A tal fine deve evidenziarsi che ai sensi della L. 8 luglio 1980, n. 319, articolo 5 (oggi Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 52) costituiscono prestazioni eccezionali per le quali e’ consentito l’aumento fino al doppio degli onorari previsti nelle tabelle, quelle prestazioni che, pur non presentando aspetti di unicita’ o, quanto meno, di assoluta rarita’, risultino comunque aver impegnato l’ausiliare in misura notevolmente massiva, per importanza tecnico scientifica, complessita’ e difficolta’ (cfr. Cass. nn. 5132/1996; 9761/1997).

Analogamente a quanto previsto in tema di applicazione della percentuale massima di determinazione degli onorari, questa Corte ha poi affermato che (Cass. n. 20235/2009) la possibilita’ di aumentare fino al doppio i compensi liquidati al consulente tecnico di ufficio, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 52 costituisce oggetto di un potere discrezionale attribuito al giudice, che lo esercita mediante il prudente apprezzamento degli elementi a sua disposizione (conf. Cass. n. 6414/2007). L’esercizio di siffatto potere, se congruamente motivato (come nel caso di specie, alla luce di quanto esposto in occasione della disamina del motivo che precede) e’ insindacabile in sede di legittimita’.

Ne’ puo’ obiettarsi che in tal modo sarebbe stato accordato un doppio aumento, valendo a tal fine il richiamo a quanto condivisibilmente sostenuto da Cass. n. 21339/2014, a mente della quale l’aumento fino al doppio degli onorari liquidati al consulente tecnico d’ufficio per le prestazioni di eccezionale importanza, complessita’ e difficolta’, previsto dalla L. 8 luglio 1980, n. 319, articolo 5 (applicabile “ratione temporis”), e’ consentito, anche in misura parziale, qualora ne ricorrano i presupposti, ma soltanto se sia stato riconosciuto al consulente il compenso massimo determinato sulla base delle tabelle allegate al Decreto del Presidente della Repubblica 27 luglio 1988, n. 388, il che rende evidente che la possibilita’ di raddoppio presupponga a monte che sia stata gia’ accordata la liquidazione nei limiti massimi possibili, e che comunque la stessa non sia stata ritenuta congrua e satisfattiva delle pretese dell’ausiliario alla luce della notevole complessita’ e difficolta’ dell’attivita’ demandatagli.

Anche tale motivo deve quindi essere disatteso.

5. Il quarto motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articoli 168 e 56 nonche’ del Decreto Ministeriale 30 maggio 2002, articolo 11 nonche’ l’omessa e/o carente e/o contraddittoria motivazione della decisione nella parte in cui il Tribunale ha confermato la liquidazione in favore del collaboratore del CTU, attenendosi a quanto esposto dalla fattura in atti, la cui causale conteneva in generico riferimento a prestazione professionale espletata in qualita’ di ausiliare del CTU nel procedimento civile oggetto di causa.

Manca tuttavia qualsivoglia indicazione in ordine all’attivita’ effettivamente svolta, il che impedisce di poter constatare l’effettiva congruita’ della fattura, alla luce dei criteri tabellari dettati dallo stesso Decreto Ministeriale 30 maggio 2002.

Si adduce altresi’ che, al piu’ si sarebbe dovuto procedere alla liquidazione del compenso del collaboratore in base al criterio delle vacazioni, senza quindi potersi fare applicazione delle tariffe professionali.

Ed, invero, tale ultimo rilievo appare sicuramente privo di fondamento, posto che il decreto impugnato, conformandosi alla giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 15535/2008) ha ritenuto che anche il rimborso delle attivita’, svolte dai prestatori d’opera di cui il consulente sia stato autorizzato ad avvalersi, debbano trovare applicazione le medesime tabelle con cui deve essere determinata la misura degli onorari dei consulenti tecnici, anche in virtu’ della natura di “munus publicum” che caratterizza l’incarico assegnato al consulente, del quale l’ausiliario non puo’ ignorare l’esistenza e che, inevitabilmente, si riflette anche sul rapporto tra l’ausiliario e il consulente (cfr. in tal senso anche Corte Cost. n. 128/2002).

A tal fine deve valorizzarsi quanto affermato dal Tribunale, nel giustificare l’esclusione del ricorso al criterio delle vacazioni, laddove si sostiene che l’attivita’ dell’arch. Saia partecipa della stessa natura dell’attivita’ del CTU, liquidata a mente del menzionato articolo 11.

Tale ultima affermazione da’ altresi’ contezza dell’infondatezza dei restanti rilievi del ricorrente, atteso che il Tribunale, con valutazione in fatto, seppur sinteticamente motivata, ha ritenuto che l’attivita’ dell’ausiliario, in quanto partecipativa del lavoro svolto dal CTU, fosse giustamente meritevole di essere remunerata, e conformemente a quanto richiesto dallo stesso CTU, non potendosi ritenere dimostrato che la valutazione del giudice dell’opposizione si fondi sul solo apprezzamento del contenuto della fattura.

6. Quanto infine al quinto motivo lo stesso risulta evidentemente inammissibile nella parte in cui denunzia la violazione e falsa applicazione dello stesso articolo articolo 360 c.p.c., n. 3, assumendo che cio’ deriverebbe dalla carenza e contraddittorieta’ della motivazione, ipotesi questa che legittimerebbe o la denunzia del vizio motivazionale ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 ovvero l’esistenza di un error in procedendo per la violazione dell’articolo 132 c.p.c.

Prevale in ogni caso la considerazione secondo cui la doglianza appare del tutto generica, limitandosi apoditticamente a riferire di una inidoneita’ della motivazione a sorreggere la decisione assunta, senza tenere pero’ conto dell’effettivo tenore delle argomentazioni spese dal giudice di merito.

7. Nulla per le spese atteso il mancato svolgimento di attivita’ difensiva da parte degli intimati.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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