Corte di Cassazione, sezione seconda civile, ordinanza 2 ottobre 2017, n. 22971. In riferimento all’indennizzo per la durata irragionevole del processo di rinvio

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considerato:

che con entrambi i motivi di ricorso si denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, articolo 2 (in relazione all’articolo 6 CEDU) in cui la corte d’appello sarebbe incorsa sia nel ritenere non spettante il diritto all’equa riparazione per il periodo di durata del processo davanti al TAR successivo al 1991 (primo motivo), sia nel liquidare l’indennizzo annuale riconosciuto ai ricorrenti in misura inferiore rispetto ai parametri indicati dalla Corte EDU (secondo motivo);

che il primo motivo di ricorso e’ fondato, in quanto il ragionamento della corte distrettuale – la’ dove afferma che “il venir meno dell’interesse per effetto della citata legge del 1991 rende del tutto irrilevante, ai fini del risarcimento oggi richiesto, il periodo di durata del processo successivo a tale data, avuto altresi’ riguardo alla dichiarata perenzione, da cui si desume che il sostanziale venir meno dell’interesse dei ricorrenti per la prosecuzione della causa in esame” (pag. 2, quinto capoverso, del decreto) – si pone in contrasto con la disciplina dettata dalla L. n. 89 del 2001, alla cui stregua il diritto all’equa riparazione spetta indipendentemente dall’esito del processo presupposto, ad eccezione del caso (a cui nel decreto gravato non si fa alcun riferimento) di temerarieta’ della proposizione o prosecuzione della lite (Cass. 9938/10, Cass. 18780/10, Cass. 2385/11);

che, infatti, il ragionamento della corte distrettuale confonde la persistenza, dopo il 1991, dell’interesse dei ricorrenti alla pronuncia del TAR sul merito della pretesa da loro azionato davanti a quel giudice (persistenza accertata negativamente dal TAR) con la persistenza, dopo il 1991, dell’interesse dei ricorrenti alla definizione entro una durata ragionevole del giudizio davanti al TAR, foss’anche con una pronuncia che dichiarasse la loro carenza di interesse ad agire;

che, sotto altro aspetto, risulta inconcludente il riferimento del decreto qui gravato alla declaratoria di perenzione del giudizio amministrativo pronunciata 2005, giacche’ nello stesso decreto si da’ atto che, dopo tale declaratoria, il giudizio amministrativo era stato “riattivato a seguito di opposizione dei ricorrenti” (pag. 2, quarto capoverso, del decreto);

che pertanto il primo mezzo di ricorso va accolto, con conseguente cassazione dell’impugnato decreto e rinvio alla corte territoriale perche’ la stessa proceda alla liquidazione dell’indennita’ spettante ai ricorrenti a titolo di equa riparazione del danno da irragionevole durata del giudizio presupposto tenendo conto dell’intera durata di tale giudizio;

che il secondo mezzo di ricorso risulta assorbito dall’accoglimento del primo, dovendo il giudice di rinvio procedere ex novo alla liquidazione dell’indennita’ spettante ricorrenti.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza gravata e rinvia ad altra sezione della corte d’appello di Roma, che regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione.

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