Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 5 settembre 2017, n. 40292. L’aumento della pena a titolo di continuazione del reato

1.3 Con il terzo motivo si denunzia erronea applicazione della legge processuale con riferimento alla diminuente di cui all’articolo 442 c.p.p..

Si evidenzia che anche in relazione al reato satellite giudicato con sentenza della Corte di appello di Bologna del 20.3.2012 era stato applicato il rito abbreviato e che, pertanto, occorreva determinare la diminuzione per la scelta del rito alternativo anche il relazione a quest’ultimo reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso e’ in realta’ fondato in relazione alla prima e terza doglianza tra quelle sopra ricordate in premessa, con necessita’ di un ulteriore annullamento indirizzato ad una corretta determinazione del trattamento sanzionatorio da parte del giudice della esecuzione.

2.1 Come detto, gia’ il primo motivo di censura e’ fondato.

Orbene, si assume violazione di legge in ordine all’applicazione della recidiva e alla conseguente violazione dell’articolo 671, comma 2, del codice di rito.

Effettivamente il giudice dell’esecuzione ha applicato l’aumento di pena per la recidiva sia in relazione alla determinazione della pena base che a quella della pena per il reato satellite.

Sul punto, osserva la Corte che, ai sensi della norma sopra richiamata, l’aumento a titolo di continuazione non puo’ risultare superiore alla somma delle condanne effettivamente inflitte con ciascuna sentenza.

Ed invero, nel caso di specie il giudice dell’esecuzione aveva individuato come pena base quella portata dalla sentenza della Corte di appello di Bologna del 6.7.2012. Tuttavia, nel calcolo complessivo della pena era stato considerato anche l’incremento di pena per la recidiva e, peraltro ed illegittimamente, la recidiva era stata calcolata anche nella determinazione della pena dell’altro reato posto in continuazione. Ne consegue che occorre decurtare dal calcolo della pena del reato da ultimo indicato l’incremento della recidiva.

In realta’, l’aumento per la continuazione in relazione al detto reato satellite (fissato in anni 4 e mesi sei di reclusione) risulta applicato in violazione dell’articolo 671 c.p.p., comma 2, norma a tenore della quale l’aumento a titolo di continuazione non puo’ risultare superiore alla somma delle condanne effettivamente inflitte con ciascuna sentenza.

2.2 Anche il terzo motivo di doglianza tra quelli sopra ricordati e’ fondato.

Sul punto, occorre ricordare che, in tema di riconoscimento della continuazione “in executivis”, qualora il giudizio relativo al reato satellite sia stato celebrato con il rito abbreviato, l’aumento di pena inflitto in applicazione dell’articolo 81 c.p., e’ soggetto alla riduzione premiale di cui all’articolo 442 c.p.p., ed il giudice deve specificare in motivazione di aver tenuto conto di tale riduzione, la quale, essendo aritmeticamente predeterminata, non necessita di alcuna motivazione in ordine “al quantum” (Sez. 1, n. 12591 del 13/03/2015 – dep. 25/03/2015, Reale, Rv. 26288801: fattispecie in cui questa Corte, ha annullato, in parte, con rinvio l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione, dal cui testo non era possibile accertare se, nella quantificazione dell’aumento della pena ai sensi dell’articolo 81 c.p., si fosse tenuto conto della riduzione comportata dal rito abbreviato).

Ne consegue che, non essendo stata applicata da parte del giudice della esecuzione la diminuente per la scelta del rito anche al reato satellite, la determinazione della pena e’, in parte qua, illegittima.

2.3 Il secondo motivo e’ invece, come sopra accennato, manifestamente infondato.

Non e’ invero rintracciabile, nel tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, il lamentato vizio argomentativo.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte ricorre il vizio della mancanza, della contraddittorieta’ o manifesta illogicita’ della motivazione della sentenza se la stessa risulti inadeguata nel senso di non consentire l’agevole riscontro delle scansioni e degli sviluppi critici che connotano la decisione in relazione a cio’ che e’ stato oggetto di prova ovvero di impedire, per la sua intrinseca oscurita’ ed incongruenza, il controllo sull’affidabilita’ dell’esito decisorio, sempre avendo riguardo alle acquisizioni processuali ed alle prospettazioni formulate dalle parti (Sez. 4, 14 gennaio 2010, n. 7651/2010).

In realta’, osserva la Corte come vi sia un’adeguata motivazione in ordine alla determinazione della pena sulla base dei parametri di cui all’articolo 133 c.p., e cio’ anche in relazione al rilevante profilo della gravita’ del danno patrimoniale cagionato da tenere in considerazione in riferimento ai diversi reati posti in continuazione.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Teramo per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

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