Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 26 ottobre 2017, n. 49212. Incorre nel reato di bancarotta semplice (articolo 224 legge fall.) l’imprenditore che non adotta con tempestività i provvedimenti previsti obbligatoriamente dal codice civile, quali la convocazione dell’assemblea dei soci in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale e la richiesta di messa in liquidazione

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Si rappresenta la mancanza degli elementi di fattispecie necessari a ritenere configurato il reato nel caso concreto, richiamandosi al merito delle vicende economiche attinenti alla societa’ fallita.
Il ricorrente contesta anche profili di responsabilita’ quanto alla vicenda, valorizzata in sentenza in chiave accusatoria, relativa alla mancata contabilizzazione annua delle fatture emesse dalla Asmea, societa’ fornitrice del gas occorrente per la produzione, la quale vantava al 2008 un credito di circa 300.000 Euro nei confronti della societa’ poi fallita per i pagamenti delle fatture arretrate, debito, peraltro, non risultante in bilancio; si evidenzia in proposito che anche tale mancata contabilizzazione risale alla precedente gestione.
Inoltre, si rappresenta la mancanza dell’elemento psicologico del reato in capo al ricorrente, essendo richiesta la colpa grave, intesa come inescusabile imprudenza ed omessa diligenza, laddove, invece, il (OMISSIS) aveva dimostrato al contrario estrema attenzione alla situazione societaria una volta assuntane la gestione, con numerose iniziative di verifica e coinvolgimento dei soci nel tentativo di porre rimedio alla situazione di difficolta’ economica (tra queste si citano l’accordo transattivo per risarcire il danno alla curatela fallimentare e, ancora una volta, la vicenda Asmea).
Infine, quanto alla specifica contestazione della mancata ricapitalizzazione societaria e della mancata convocazione di un’assemblea per discutere di un piano di rifinanziamento, il ricorrente rappresenta, invece, il suo essersi attivato in tal senso: gia’ il giorno 29 agosto 2008 egli aveva riferito alla compagine societaria tale necessita’; cosi’ anche all’assemblea del 8 settembre 2008, convocando, il 27 gennaio 2009, un’assemblea straordinaria a tal fine, che non ebbe buon esito per l’astensione ed il voto contrario dei soci gia’ precedenti amministratori, sicche’ il 24 marzo 2009 egli proponeva ricorso per la messa in liquidazione.
In udienza, infine, il difensore presente ha richiesto la declaratoria di prescrizione del reato che sarebbe intervenuta, a suo giudizio, in data 22/6/2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ afflitto da genericita’ estrinseca e si rivela, peraltro, manifestamente infondato; i diversi motivi dedotti possono essere trattati unitariamente, in quanto prospettano, a ben vedere, un unico filo conduttore difensivo e si presentano, nel complesso, tutti inammissibili.
2. Preliminarmente deve darsi atto che la questione proposta dalla difesa dell’imputato in udienza e riferita alla dedotta prescrizione del reato si presenta priva di pregio, non essendo decorso il termine di estinzione per decorso del tempo alla data in quella sede indicata (il 22/6/2017) e rimanendo, in tal modo, escluse in radice le eventuali valutazioni sulla interazione tra declaratoria di tale causa estintiva del reato e proposizione di un ricorso inammissibile.
Deve evidenziarsi, infatti, che all’udienza dinanzi al Tribunale di Brescia tenutasi in data 12 gennaio 2015 e’ stato disposto il rinvio del processo al 27 aprile 2015, in ragione dell’istanza del difensore dell’imputato per concomitante impegno professionale, che ha determinato il suo legittimo impedimento.

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