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1. Il primo motivo merita accoglimento nella parte relativa al vizio di motivazione.
L’ordinanza impugnata premette che l’aggressione e’ avvenuta in un tratto di strada, che conduce all’abitazione della persona offesa, avente le caratteristiche di spazio aperto al pubblico non delimitato da alcuna recinzione.
Riconduce, tuttavia, tale luogo al perimetro di tutela delineato dall’articolo 614 c.p., qualificandolo come pertinenza dell’abitazione di proprieta’ del (OMISSIS).
Specifica, poi, che l’area e’ destinata a sosta e parcheggio delle auto riservata ai soli proprietari degli immobili, come si evince dalla documentazione fotografica, prodotta dall’indagato, che indica la natura di “proprieta’ privata” della zona in questione.
Tali argomentazioni sono, per un verso, giuridicamente erronee e, per altro verso, sganciate dalla nozione di privata di dimora come delineata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Sotto il primo profilo va osservato che privata dimora e proprieta’ privata sono concetti non sovrapponibili, in quanto il primo e’ molto piu’ circoscritto del secondo, basti pensare ai beni privati destinati ad uso pubblico o aperti al pubblico.
Sotto il secondo profilo deve richiamarsi la recente decisione, con cui le Sezioni Unite hanno fornito la definizione di luogo di privata dimora e relative pertinenze nei termini che seguono: “rientrano nella nozione di privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al pubblico ne’ accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attivita’ lavorativa o professionale” (Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, Rv. 270076).
La pronuncia e’ intervenuta specificamente sull’articolo 624 bis c.p., ma ha espressamente coinvolto tutte le norme a carattere sostanziale e processuale che a tale nozione fanno riferimento, tra cui l’articolo 614 c.p. (cfr. Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, cit., in motivazione).
Ne consegue che anche nello scrutinare gli elementi costitutivi del reato di violazione di domicilio occorre fare riferimento ai principi dettati con la sentenza appena citata.
Pertanto, al fine di assegnare ad un luogo la qualifica di privata dimora o relative pertinenze, occorre verificare la sussistenza dei seguenti, indefettibili elementi: “a) utilizzazione del luogo per lo svolgimento di manifestazioni della vita privata (riposo, svago, alimentazione, studio, attivita’ professionale e di lavoro in genere), in modo riservato ed al riparo da intrusioni esterne; b) durata apprezzabile del rapporto tra il luogo e la persona, in modo che tale rapporto sia caratterizzato da una certa stabilita’ e non da mera occasionalita’; c) non accessibilita’ del luogo, da parte di terzi, senza il consenso del titolare” (cfr. Sez. U, n. 31345 del 23/03/2017, D’Amico, cit., in motivazione).
Il provvedimento impugnato presenta, quindi, il vizio motivazionale denunciato, poiche’ non contiene alcun apprezzamento in merito alla ricorrenza o meno di tali caratteri nel caso di specie, mentre valorizza circostanze o elementi non significativi.
Va precisato che e’, di contro, irrilevante la questione, agitata dal ricorrente, in merito alla legittimazione a proporre querela in capo a (OMISSIS) Raffaele, posto che il reato di violazione di domicilio e’ procedibile di ufficio, ai sensi dell’articolo 614 c.p., comma 4, quando, come nella specie, il fatto e’ commesso con violenza alla persona.
2. Il secondo motivo e’ fondato, anch’esso, sotto il profilo del vizio di motivazione.
In ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e alla scelta della misura la motivazione dell’ordinanza e’ apparente.
2.1 Sul primo punto il provvedimento impugnato afferma di ritenere sussistente il pericolo attuale e concreto di reiterazione del reato, limitandosi a sintetizzare le modalita’ del fatto e a ricordare che lo stesso e’ avvenuto con violenza e minaccia alla persona.
Un simile percorso argomentativo non risponde ai principi elaborati al riguardo dalla Corte di cassazione.
In tema di esigenze cautelari, l’articolo 274 c.p.c., lettera c), nel testo introdotto dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, richiede che il pericolo che l’imputato commetta altri delitti deve essere non solo concreto, ma anche attuale, per cui e’ onere del giudice motivare sulle ragioni per cui ritiene sussistenti entrambi i presupposti per l’applicazione (Sez. 3, Sentenza n. 12921 del 17/02/2016, Mazzilli, Rv. 266425).
Il requisito dell’attualita’ del pericolo di reiterazione del reato deve fondarsi su dati concreti ed oggettivi, non meramente congetturali, attinenti al caso di specie, che rendano tale esigenza reale ed attuale, cioe’ effettiva nel momento in cui si procede all’applicazione della misura cautelare (Sez. 6, Sentenza n. 8211 del 11/02/2016, Ferrante, Rv. 266511).
2.2 Inoltre nessuna reale motivazione viene fornita circa le ragioni della scelta di una misura cosi’ afflittiva quale quella degli arresti domiciliari. E’ meramente assertivo il passaggio dell’ordinanza in cui si assume che la misura detentiva sia una cautela obbligata per recidere o quantomeno fortemente limitare i contatti del ricorrente con la persona offesa, posto che l’ordinamento contempla altre misure, non detentive, astrattamente idonee allo scopo.
3. Consegue l’annullamento dell’ordinanza con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro, sezione riesame.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro (sez. Riesame).
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