Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 22 settembre 2017, n. 43946. Molestie e la condotta persecutoria

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– il marito della (OMISSIS) affronto’ il (OMISSIS), per chiedergli ragione del vero e proprio inseguimento della donna nel tragitto verso (OMISSIS), un giorno posteriore al suo rientro da (OMISSIS), incontrandolo di servizio presso la scuola dove aveva accompagnato i figli (percio’, quel colloquio si verifico’ prima della fine dell’anno scolastico, ed ancora anteriore era stato l’inseguimento).
Il Tribunale colloca quei fatti, invece, certamente nel periodo dal 13 giugno all’8 agosto 2013 (data di presentazione della querela), come si legge a pag. 20 della motivazione della sentenza in epigrafe; e, sempre a pag. 20, segnala che sarebbe stata raggiunta la prova di “frequenti passaggi dell’imputato con la macchina di servizio sotto all’abitazione della (OMISSIS), sempre alla presenza di colleghi del (OMISSIS)”. Si tratta, in definitiva, di travisamenti delle prove acquisite, vizio deducibile e correttamente dedotto dalla difesa del ricorrente (pur avendo erroneamente invocato la diversa nozione di travisamento del fatto) giacche’ nella fattispecie in esame risulta “avere un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformita’ tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto” (Cass., Sez. 5, n. 9338/2013 del 12/12/2012, Maggio, Rv 255087).
Allo stato, e salva l’acquisizione di piu’ puntuali elementi attraverso una nuova escussione dei testimoni anzidetti, non risulta possibile affermare che quelle deposizioni costituiscano riscontro alla versione offerta dalla (OMISSIS) (ritenuta per larga parte inattendibile), con riguardo agli episodi di cui la donna sarebbe rimasta vittima a far data dal (OMISSIS), gli unici in relazione ai quali deve intendersi essere stata dichiarata la penale responsabilita’ dell’imputato.
2. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo.
Il giudice di rinvio, a fronte dell’annullamento di una pronuncia inappellabile e concernente una condanna per reati che, ove inizialmente rubricati, avrebbero dovuto essere riservati alla competenza del Giudice di pace, deve essere individuato nello stesso Tribunale di Campobasso (sia pure nella persona di diverso magistrato); infatti, in assenza di una norma specifica che ne consenta la determinazione, trova applicazione il principio enucleabile dall’articolo 623 cod. proc. pen. in forza del quale, fatta salva l’ipotesi del ricorso per saltum disciplinata dall’articolo 569 c.p.p., comma 4, il giudice di rinvio e’ il giudice equiordinato a quello che ha emesso la sentenza (v. Cass., Sez. 5, n. 2669/2016 del 06/11/2015, Raspini).
Il governo delle spese fra le parti private, anche in ordine a quelle sostenute nel presente giudizio di legittimita’, deve essere rimesso al definitivo. Infine, dal momento che il processo riguarda – quanto meno, secondo l’ipotesi accusatoria iniziale – reati connotati da finalita’ persecutorie, il collegio ritiene doveroso disporre l’oscuramento dei dati identificativi delle parti private, in caso di pubblicazione della presente sentenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Campobasso per nuovo esame.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita’ e gli altri dati identificativi, a norma del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in quanto imposto dalla legge.

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