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Per quanto qui ancora rileva, (OMISSIS) era accusato (capo d) del reato di danneggiamento ex articolo 635 c.p., comma 3, per aver colpito con un martello l’autovettura del (OMISSIS) parcheggiata sulla pubblica via.
Il Giudice di primo grado aveva bilanciato le circostanze attenuanti generiche riconosciute a suo favore con l’aggravante contestata e lo aveva condannato alla pena di mesi 2 di reclusione, nonche’ al risarcimento dei danni patiti dal (OMISSIS), da liquidarsi in separato giudizio, e alla rifusione delle spese di costituzione della parte civile.
2. Ha proposto ricorso nell’interesse dell’imputato il difensore di fiducia, avv. (OMISSIS)., svolgendo unico motivo, ex articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), per denunciare violazione della legge penale, in riferimento all’articolo 635 c.p., articolo 635 c.p., comma 3, e Decreto Legislativo n. 7 del 2016, articolo 2, lettera l).
Secondo il ricorrente, la motivazione adottata dalla Corte era contraddittoria, laddove aveva ritenuto che il reato di danneggiamento fosse tuttora sussistente perche’ aggravato dall’esposizione della vettura del (OMISSIS) alla pubblica fede, in quanto parcheggiata sulla pubblica strada, nonostante che il (OMISSIS) avesse installato un allarme sonoro sul proprio veicolo e soprattutto un impianto di videoripresa all’esterno della propria abitazione, si’ da poter controllare costantemente, direttamente e continuamente il veicolo.
Il ricorrente ravvisa poi una contraddizione anche con la diversa statuizione di abolitio criminis disposta per il danneggiamento a sua volta provocato dal (OMISSIS) perche’ il (OMISSIS), a bordo dell’auto, esercitava sulla stessa un controllo diretto, sicche’ il veicolo non poteva ritenersi esposto alla pubblica fede.
Non era legittima neppure l’eliminazione delle statuizioni civili relative al danneggiamento subito dal (OMISSIS), disposta dalla Corte in conseguenza dell’ abolitio criminis, persistendo il diritto quesito al risarcimento del danno alla sopravvenuta abrogazione della disposizione incriminatrice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con la prima parte del motivo il ricorrente sostiene la contraddittorieta’ della motivazione adottata dalla Corte territoriale, che aveva ritenuto che il reato di danneggiamento commesso dal (OMISSIS) fosse tuttora sussistente perche’ aggravato dall’esposizione della vettura del (OMISSIS) alla pubblica fede, in quanto parcheggiata sulla pubblica strada.
Tale valutazione non sarebbe corretta perche’ il (OMISSIS) aveva installato un allarme sonoro sul proprio veicolo e soprattutto un impianto di videoripresa all’esterno della propria abitazione, si’ da poter controllare costantemente, direttamente e continuamente il veicolo.
La censura e’ manifestamente infondata.
Anche dopo la depenalizzazione del reato di danneggiamento semplice, apportata dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, l’articolo 635 c.p., comma 2, n. 1, ultima parte, sanziona tuttora penalmente il danneggiamento di beni esposti alla pubblica fede ai sensi dell’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7.
Infatti l’abolitio criminis non e’ stata integrale poiche’ il nuovo testo dell’articolo 635 c.p., comma 1, continua a reprimere penalmente il danneggiamento di beni altrui commessi con violenza alla persona o con minaccia, ovvero in occasione di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico del delitto di cui all’articolo 331 c.p.; del pari, il comma 2 del novellato articolo 635 ha mantenuto la sanzione penale dei fatti di danneggiamento commessi nei confronti di beni di particolari tipologie.
Questa Corte ha quindi avuto modo di precisare che “In tema di danneggiamento, il fatto gia’ previsto come reato dall’articolo 635 c.p., comma 2, n. 3, in quanto commesso sulle cose indicate dall’articolo 625, n. 7, conserva rilevanza penale anche nella vigenza del nuovo testo, introdotto dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016, n. 7, articolo 2, comma 1, lettera i), in quanto tra il nuovo ed il previgente testo della norma sussiste un nesso di continuita’ e di omogeneita’, non avendo il Decreto Legislativo n. 7 del 2016 prodotto una generalizzata abolitio criminis della fattispecie, bensi’ solo la successione di una norma incriminatrice che ha escluso la rilevanza penale di alcune ipotesi, conservandola rispetto ad altre.” (Sez. 7, n. 20635 del 16/02/2016, Habou, Rv. 267750).
La ratio dell’aggravamento della pena, previsto dall’articolo 625, n. 7, terza ipotesi, codice penale, non e’ correlata alla natura – pubblica o privata – del luogo ove si trova la cosa, ma alla condizione di esposizione di essa alla pubblica fede, trovando cosi’ protezione solo nel senso di rispetto per l’altrui bene da parte di ciascun consociato (Sez. 2, n. 11977 del 04/07/1989, Panbianchi, Rv. 182026).
Questa Corte ha quindi ripetutamente affermato che nel caso di veicoli lasciati incustoditi non basta ad escludere la aggravante dell’esposizione alla pubblica fede un qualsiasi ostacolo frapposto alla sottrazione, ma occorre che l’ostacolo sia tale da affermare la non omissione della custodia e la difficolta’ dell’intervento di terzi, per modo che il ladro non possa superare l’ostacolo senza dare l’allarme; onde ricorre l’aggravante nel caso di furto di automobile lasciata incustodita nella pubblica via, non avendo rilievo l’uso di congegni antifurto, sia perche le esigenze del traffico attuale hanno fatto sorgere la consuetudine di lasciare incustodito in luoghi pubblici il predetto mezzo di locomozione, sia perche l’ingegnosita’ dei delinquenti ha sempre trovato modo di superare tali ostacoli. (Sez. 2, n. 4557 del 07/01/1976, Basanisi, Rv. 133203). Il montaggio di un congegno antifurto non elimina quindi il pubblico affidamento della res (Sez. 2, n. 8504 del 16/05/1985, Stimoli, Rv. 170556).
Parimenti e’ stata ritenuta sussistere l’aggravante di cui all’articolo 625 c.p., comma 1, n. 7 – sub specie di esposizione della cosa per necessita’ o per destinazione alla pubblica fede – nel caso in cui il soggetto attivo si impossessi di un’autovettura dotata di antifurto satellitare, che, pur attuando la costante percepibilita’ della localizzazione del veicolo, non ne impedisce la sottrazione ed il conseguente impossessamento, consentendo solo di porre rimedio all’azione delittuosa con il successivo recupero del bene (Sez. 5, n. 10584 del 30/01/2014, Catarinozzi, Rv. 260204; Sez. 5, n. 9394 del 20/01/2014, Tiritiello, Rv. 259537).
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