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Il Tribunale del Riesame di Brescia era stato chiamato ad esaminare nuovamente la posizione del predetto indagato dopo che questa Corte, con sentenza n. 24103/2017, aveva annullato la prima ordinanza del Tribunale di Brescia del 15.11.2016 con cui era stata per la prima volta annullata la predetta ordinanza del G.I.P. di Brescia del 28.10.2016.
Lamenta il Procuratore ricorrente che l’ordinanza impugnata ha violato il principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza n. 24103/2017 nonche’ ha travisato il fatto, con conseguente contraddittorieta’ e manifesta illogicita’ della motivazione.
Ha premesso il Procuratore della Repubblica di Brescia che la rsezione di questa Corte, nella predetta sentenza di annullamento, aveva enunciato il principio che il richiamo costante ed esplicito al conflitto bellico in corso di svolgimento sul territorio sirio-iracheno, contenuto nelle registrazioni pubblicate e condivise sul profilo Facebook del (OMISSIS), rappresentava un idoneo e qualificato riferimento all’ISIS, protagonista non certo secondario di tale conflitto, con la conseguenza che il Tribunale del Riesame di Brescia non aveva tenuto conto delle conseguenze apologetiche che i riferimenti espliciti ed impliciti al conflitto sirio-iracheno erano in grado di provocare rispetto ai frequentatori dei social network.
Il riferimento ad una delle parti in guerra, in particolare all’ISIS, presupponeva, il richiamo alla Jihad islamica, la quale costituisce la fonte di ispirazione delle azioni militari dello Stato islamico sul territorio sirio-iracheno e, su scala internazionale, il collante del terrorismo islamico.
La I sezione di questa Corte aveva precisato, a titolo esemplificativo, che l’inneggiare al martirio contenuto nella videoregistrazione del 17 agosto 2015 non costituiva una condotta caratterizzata da una matrice esclusivamente ideologica e religiosa dei messaggi ad essi sottesi, come ritenuto dalla prima ordinanza annullata del Tribunale di Brescia.
Cio’ premesso, l’ordinanza impugnata aveva disatteso il principio di diritto espresso dal Giudice di legittimita’ svolgendo un percorso argomentativo sulle medesime premesse valutative incongrue e contrastanti con il quadro indiziario in atti, gia’ censurate.
L’ordinanza impugnata, in contrasto con quanto affermato da questa Corte, pur riconoscendo che il termine Jihad evoca la guerra santa, ha ritenuto che nelle videoregistrazioni di cui al presente procedimento non vi siano sufficienti elementi per ricondurre univocamente i richiami alla guerra santa, in esse contenuti, all’ISIS, sul rilievo che lo Stato islamico era solo una delle parti belligeranti del conflitto sirio-iracheno e non era stata dimostrata la volonta’ del (OMISSIS) di riferirsi proprio all’ISIS e non ad altri combattenti.
Tale argomentazione si appalesa quantomeno contraddittoria ed incongrua rispetto al materiale probatorio acquisito ed in contrasto con le conclusioni cui era giunto lo stesso giudice di merito allorquando, da un lato, aveva circoscritto alla sola (breve) durata del video la portata offensiva della condotta apologetica, e, dall’altro, ne avevano minimizzato la rilevanza penale ridimensionando l’importanza della opzione like apposta dal (OMISSIS) ai video postati in rete.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e va pertanto accolto.
Va preliminarmente osservato che nella sentenza n. 24103/2017 con cui e’ stata annullata la prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, la 1 sezione di questa Corte ha, in primo luogo, affermato (a pag. 8 primo cpv) il principio di diritto secondo cui le consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale hanno natura di organizzazione terroristiche rilevanti ex articolo 270 bis c.p..

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