Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 1 dicembre 2017, n. 54311. Furto consumato

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1. Il ricorso e’ fondato e va accolto.

La sentenza impugnata riconosce espressamente la correttezza delle affermazioni della difesa dell’imputato, proposte con l’atto di appello, secondo il quale l’intera azione criminosa del (OMISSIS), volta ad impossessarsi delle bottiglie di champagne, era stata controllata e monitorata dall’addetto alla vigilanza del supermercato, (OMISSIS), che era intervenuto solo dopo che l’imputato aveva superato la barriera delle casse e dei dispositivi antitaccheggio, senza pagare la merce, prelevata dagli scaffali e occultata in una borsa.

La Corte territoriale, richiamando orientamenti giurisprudenziali superati, assume che la consumazione del delitto di furto si realizza nel momento in cui l’agente supera le casse senza dichiarare il prelievo della merce al fine di non pagarla.

Al contrario, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014, Pg in proc. Prevete e altro, Rv. 261186, pronuncia, per vero, di poco successiva alla decisione impugnata), al cui insegnamento questo Collegio intende prestar continuita’, nel caso di furto commesso in un supermercato, ai fini della qualificazione della condotta illecita come tentativo e non come reato consumato, non rileva il fatto che il soggetto che ha sottratto la merce dai banchi di vendita abbia oltrepassato o meno le casse. Anzi, nel caso di specie esaminato dalle Sezioni Unite il Tribunale aveva accertato “che i giudicabili, entrambi confessi, avevano prelevato dai banchi di esposizione del supermercato tre flaconi di profumo, caffe’ e biscotti; avevano lacerato le confezioni, rimuovendo la placchette antitaccheggio; avevano occultato la refurtiva, calandola dentro una borsa e sotto gli indumenti; avevano, quindi, superato la cassa, senza pagare la merce nascosta, ma esibendo altro prodotto (regolarmente pagato); ed erano usciti dal centro commerciale. All’esterno del fabbricato l’addetto alla sicurezza….., il quale si era avveduto in precedenza della azione furtiva, era al fine intervenuto, promovendo l’intervento della polizia giudiziaria che aveva tratto in arresto i due imputati”.

In relazione a questa ipotesi, molto specifica e pressoche’ analoga al caso in esame, le S.U. hanno qualificato la condotta come tentativo di furto, in quanto “il monitoraggio dell’azione furtiva in essere, esercitato mediante appositi apparati di rilevazione automatica del movimento della merce ovvero attraverso la diretta osservazione da parte della persona offesa o dei dipendenti addetti alla sorveglianza, ovvero delle forze dell’ordine presenti nel locale ed il conseguente intervento difensivo in continenti, impediscono la consumazione del delitto di furto che resta allo stadio del tentativo, non avendo l’agente conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilita’ della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza del soggetto passivo”.

Non puo’ parlarsi correttamente quindi di furto consumato quando la cosa mobile non e’ uscita definitivamente dalla sfera di vigilanza del soggetto passivo.

Non ha pregio, d’altra parte, l’ulteriore argomento addotto nella sentenza impugnata, secondo il quale, prima del passaggio alle casse, il sorvegliante, che pure aveva tenuto d’occhio l’intera azione del cliente, non avrebbe potuto intervenire, non avendo la piena e certa consapevolezza dell’impossessamento da parte dell’agente. A parte il fatto che la preordinazione criminosa dell’azione nella fattispecie era rivelata anche dall’avvenuta rimozione delle placche antitaccheggio, non sussiste alcun ostacolo giuridico che impedisca al personale di sorveglianza di intervenire a fronte di comportamenti scorretti della clientela (occultamento di merce e rimozione di dispositivi antitaccheggio), quand’anche si possa sostenere che essi non assurgono al livello di inequivoca idoneita’ che caratterizza il tentativo.

2. Ai sensi dell’articolo 620 c.p.p., comma 1, come modificato dalla L. 23 giugno 2017, n. 103, la Corte, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene di poter rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito e reputa conseguentemente superfluo il rinvio.

La pena per il furto tentato qui configurato nella condotta del (OMISSIS), cosi’ come accertata e descritta dal giudice di merito, puo’ essere cosi’ rideterminata, riducendo di due terzi la pena irrogata dal Tribunale di Roma e confermata dalla Corte di appello di Roma, in mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed in Euro 66,00= di multa.

P.Q.M.

Qualificato il fatto come reato di furto tentato, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che ridetermina in mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 66,00= di multa.

Motivazione semplificata.

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