Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 7 dicembre 2017, n. 54985. Il legislatore nel prevedere l’ipotesi di una revoca della pena sostituita ai sensi dell’articolo 186 comma 9 del codice della strada da parte del giudice, non ha legittimato implicitamente la possibilità di eseguire lavori di pubblica utilità prima della condanna definitiva

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Deve, quindi, affermarsi, in linea di principio, che “l’esecuzione di una pena prima della definitivita’ della sentenza che l’ha comminata si pone in contrasto con il fondamento stesso della potesta’ punitiva dello stato e con il principio di legalita’ della pena”.
Il riferimento normativo piu’ immediato che conferma l’assunto e’ rappresentato dall’articolo 661 cod. proc. pen., norma che, con specifico riferimento alla esecuzione delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della liberta’ controllata, prevede espressamente che il pubblico ministero, organo dell’esecuzione, trasmetta l’estratto della sentenza di condanna al magistrato di sorveglianza, cosi’ evocando la necessita’ che l’esecuzione della sanzione sostitutiva segua la formazione del titolo esecutivo di condanna.
Tanto chiarito, deve percio’ affermarsi il seguente, ulteriore principio di diritto: “il legislatore, nel prevedere l’ipotesi di una revoca della pena sostituita ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis da parte del giudice che procede, lungi dal legittimare implicitamente una esecuzione dei lavori di pubblica utilita’ che preceda la definitivita’ della condanna, ha solo inteso disciplinare situazioni marginali, ravvisabili in tutte le ipotesi in cui residui una competenza a pronunciarsi da parte del giudice procedente su aspetti della statuizione diversi dalle questioni penali e incompatibili con la proposizione dell’impugnazione”.
A titolo meramente esemplificativo, si rinvia all’ipotesi di una impugnazione che non riguardi i punti o capi della sentenza concernenti le statuizioni penali (comprese quelle relative al trattamento sanzionatorio), bensi’ le sanzioni amministrative o al caso specifico in cui venga impugnata una sentenza di applicazione della pena su richiesta, limitatamente alle sanzioni accessorie stabilite dal giudice che, com’e’ noto, restano fuori dal contenuto dell’accordo.
3.3. Cosi’ precisati i termini dell’interpretazione della norma piu’ coerente con i principi che sovrintendono al sistema dell’esecuzione penale, deve rilevarsi come, nel caso di specie, la soluzione del giudice d’appello sia stata corretta, avuto riguardo alla anomalia rappresentata dall’intervenuta, volontaria esecuzione dei lavori di pubblica utilita’ da parte di un soggetto che aveva tuttavia interposto appello avverso la condanna, anche in punto affermazione della penale responsabilita’. Il giudice d’appello ha, in sostanza, svolto il ruolo di custode della decisione, ma anche quello di giudice della sua esecuzione, ovviando, per tale via, alla abnormita’ di una situazione, nella quale il soggetto ha eseguito la pena sostitutiva, al contempo contestando il merito della condanna con cui era stata inflitta la pena sostituita.
Con riferimento al dedotto errore di calcolo (per avere il giudice ridotto, per la scelta del rito abbreviato, la pena detentiva di giorni dieci di arresto in giorni sette invece che, per difetto e in bonam partem, in giorni sei), peraltro, la ricorrente non ha indicato alcun interesse ad impugnare concreto ed attuale al di fuori del mero ripristino della legalita’ (cfr., in ordine alla nozione di interesse ad impugnare, Sez. U. n. 6624 del 27/10/2011 Cc. (dep. 17/02/2012), Marinaj, Rv. 251693, anche in relazione al mutamento della situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, sul quale, cfr. sempre Sez. U. Marinaj, Rv. 251694; sulla inammissibilita’ della impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, cfr. Sez. U n. 10372 del 27/09/1995, Rv. 202269).
Cio’ in quanto, come gia’ in passato chiarito, la facolta’ di attivare i procedimenti di gravame non e’ assoluta e indiscriminata, ma e’ subordinata alla presenza di una situazione in forza della quale il provvedimento del giudice risulta idoneo a produrre la lesione della sfera giuridica dell’impugnante e l’eliminazione o la riforma della decisione gravata rende possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. Ne consegue che la legge processuale non ammette l’esercizio del diritto di impugnazione avente di mira la sola esattezza teorica della decisione, senza che alla posizione giuridica del soggetto derivi alcun risultato pratico favorevole, nel senso che miri a soddisfare una posizione oggettiva giuridicamente rilevante e non un mero interesse di fatto (cfr. Sez. U. n. 10372 del 27/09/1995, Rv. 202269).
4. Anche il secondo e il terzo motivo sono infondati.
Con specifico riferimento alla dedotta abnormita’ della sentenza, deve rilevarsi la correttezza della declaratoria di estinzione del reato, ai sensi dell’articolo 186 C.d.S., comma 9 bis, a nulla rilevando che l’ordinanza sia stata resa contestualmente alla sentenza che ha deciso il gravame di merito.
5. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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