Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 31 ottobre 2017, n. 50038. L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravita? tale da dover essere considerato come dotato di esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento anche rispetto ad un precedente errore medico

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Su tali punti, infatti, la Corte territoriale ha rimarcato quale fosse il compito del tecnico addetto al Servizio Trasfusioni, ossia il controllo dell’esatta corrispondenza dei dati anagrafici del paziente e dei codici magnetici identificativi delle sacche di emazie riportati sulla copia della richiesta consegnatagli dall’infermiere, gia’ compiutamente descritto nella sentenza di primo grado. Ha, quindi, ritenuto irrilevante, in armonia con i principi esposti in premessa, il confronto della condotta disattenta di tale imputato con la condotta di altri responsabili.
Il fatto illecito altrui non esclude in radice l’imputazione dell’evento al primo agente, che avra’ luogo fino a quando l’intervento del terzo, in relazione all’intero concreto decorso causale dalla condotta iniziale all’evento, non abbia soppiantato il rischio originario. L’imputazione non sara’ invece esclusa quando l’evento risultante dal fatto del terzo possa dirsi realizzazione sinergica anche del rischio creato dal primo agente (Sez. 4, n. 33329 del 05/05/2015, Sorrentino, Rv. 26436501).
4. Ad analogo giudizio di inammissibilita’ per manifesta infondatezza conduce l’esame del ricorso proposto da (OMISSIS), incentrato sull’omessa valutazione da parte dei giudici di merito della novita’ del rischio attivato dalle condotte dei medici (OMISSIS) e (OMISSIS) rispetto al rischio connesso alla prima trasfusione, disposta dal ricorrente. Le deduzioni svolte nel ricorso risultano meramente reiterative di analoghe argomentazioni sottoposte sia al giudice di primo grado che alla Corte di Appello, risolte dai giudici di merito in maniera conforme sulla base della motivata adesione alle conclusioni del perito.
4.1. Come si e’ detto in premessa, risulta correttamente applicato il principio secondo il quale “La cooperazione tra piu’ sanitari, ancorche’ non svolta contestualmente, impone ad ogni sanitario oltre che il rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, l’osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attivita’ verso il fine comune ed unico, senza che possa invocarsi il principio di affidamento da parte dell’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiche’ la sua responsabilita’ persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalita’ ed imprevedibilita’” (Sez. 4, n. 30991 del 06/02/2015, Pioppo, Rv. 26431501).
4.2. Il motivo di ricorso inerente al trattamento sanzionatorio e’ inammissibile con riferimento alla determinazione della pena in quanto meramente reiterativo di analoga doglianza svolta nell’atto di appello. Come costantemente affermato dalla Corte di legittimita’ (ex plurimis, Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, Ruci, Rv. 26761101; Sez.6, n.8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 25458401), la funzione tipica dell’impugnazione e’ quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilita’ (articoli 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione e’, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioe’ con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta; confronto qui del tutto mancante con quanto indicato alle pagg. 14-15 della sentenza impugnata. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, si limita a reiterare il motivo d’appello, senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata, per cio’ solo si destina all’inammissibilita’, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale e’ previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall’essere destinatario di specifica critica argomentata, e’ di fatto del tutto ignorato.
4.3. La doglianza risulta, altresi’, manifestamente infondata con riguardo al beneficio della sospensione condizionale della pena. In senso difforme da quello indicato nel ricorso, i giudici di appello si sono limitati a rimarcare che il giudice di primo grado si fosse gia’ pronunciato circa la concessione del beneficio (da intendersi, in senso conforme alla pronuncia del tribunale, riconoscendolo agli altri imputati e negandolo al ricorrente) ed hanno replicato alla relativa doglianza ritenendola generica ed immotivata. Trattandosi di motivo di appello cosi’ formulato: “In via ulteriormente gradata, riduzione della pena al minimo di legge e concessione dei benefici di legge”, il giudizio di inammissibilita’ risulta ineccepibile.
5. I motivi di ricorso proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS), avuto riguardo allo specifico profilo inerente al ruolo salvifico delle condotte omesse, non sono manifestamente infondati. Deve, quindi, rilevarsi che il reato per il quale gli imputati sono stati tratti a giudizio e’ estinto per prescrizione, trattandosi di fatto commesso in data (OMISSIS), in relazione al quale trova applicazione la disciplina dettata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251; con la conseguenza che, trattandosi di delitto, il termine massimo di prescrizione per tale reato deve ritenersi stabilito in sette anni e sei mesi, in virtu’ del combinato disposto dell’articolo 157 c.p., articolo 160 c.p., comma 3, e articolo 161 c.p., comma 2. Va, quindi, osservato che, pur tenendo conto dei periodi di sospensione (udienze 20 marzo 2013 e 31 maggio 2016), e’ venuto a maturare il termine massimo prescrizionale previsto dalla legge per il reato contestato, compiutosi in data successiva alla pronuncia della sentenza di appello.
6. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ il reato loro ascritto e’ estinto per prescrizione. I ricorsi proposti da (OMISSIS) e da (OMISSIS) sono inammissibili. Alla dichiarazione di inammissibilita’ di tali ricorsi segue la condanna dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) al pagamento delle spese processuali nonche’, nonche’ (trattandosi di causa di inammissibilita’ determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000) della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) perche’ il reato e’ estinto per prescrizione.
Dichiara inammissibili i ricorsi di (OMISSIS) e (OMISSIS) e li condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

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