Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 31 ottobre 2017, n. 50038. L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravita? tale da dover essere considerato come dotato di esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento anche rispetto ad un precedente errore medico

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5. Ricorre per cassazione (OMISSIS) censurando la sentenza impugnata con un primo motivo per violazione di legge in relazione agli articoli 40, 110, 113, 589 cod. pen., omessa motivazione rispetto al devoluto con i motivi di appello e motivazione manifestamente contraddittoria. Ritiene che la Corte di Appello si sia sottratta all’esame del motivo di appello con il quale si sosteneva la prova che, all’atto dell’intervento del ricorrente, al paziente fosse stato gia’ somministrato un quantitativo di emazie superiore di sette volte a quello ritenuto letale dal perito, trascurando il controllo controfattuale del ruolo salvifico che avrebbe potuto avere la condotta omessa dal Dott. (OMISSIS). Con un secondo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt.42, 43, 110, 113, 589 cod. pen., all’articolo 533 c.p.p., comma 1, nonche’ vizio di motivazione per avere la Corte ribaltato il giudizio espresso dal perito a proposito della scelta dell’imputato di praticare il cortisone e per aver replicato alle doglianze concernenti il principio di affidamento con un incongruo richiamo alla posizione di altro imputato ((OMISSIS)). La motivazione sarebbe contraddittoria laddove, in replica alle doglianze concernenti l’affidamento sull’operato del collega rianimatore, ha escluso trattarsi di attivita’ di gruppo ma, successivamente, ha ricondotto la condotta del Dott. (OMISSIS) nel paradigma della cooperazione multidisciplinare. Con un terzo motivo deduce violazione di legge in relazione agli articoli 521-522 cod. proc. pen. e manifesta illogicita’ della motivazione in quanto la Corte territoriale ha, con manifesta illogicita’, negato che il profilo di colpa addebitato al Dott. (OMISSIS) fosse radicalmente diverso da quello cristallizzato nel capo d’imputazione, sebbene gli fosse stato contestato l’omesso controllo dei dati del paziente con quelli riportati sul modulo di assegnazione dell’emocomponente ed invece fosse stato condannato per omessa diagnosi differenziale di shock da reazione da incompatiblita’ ABO e per aver continuato la terapia trasfusionale errata.
6. Ricorre per cassazione (OMISSIS) censurando la sentenza impugnata per difetto di motivazione in merito alle indicazioni dettate dal consulente di parte, con riduzione a due dei cinque motivi di appello. Sebbene la difesa avesse puntualmente tratteggiato il limitato apporto medico richiesto al Dott. (OMISSIS) in qualita’ di consulente alle 18:15 in una situazione di stabilita’ del paziente, la Corte territoriale non ha fornito risposte, esigendo genericamente un’analisi autonoma da parte di un medico con un ruolo specialistico e limitato nel tempo a fronte di un quadro stabile e compatibile con il pregresso intervento di riprotesizzazione dell’anca. La Corte di Appello non ha chiarito perche’ il Dott. (OMISSIS) avrebbe dovuto sospettare una diversa origine della crisi, ha totalmente disatteso il punto D) dell’atto di appello e non ha affrontato il tema dell’interruzione del nesso causale a fronte della quantita’ di emazie trasfuse alle ore 18:15. La sentenza e’ incoerente e non congrua con riferimento al trattamento sanzionatorio, laddove nei motivi di appello erano stati indicati circostanze ed elementi che avrebbero meritato approfondimento.
7. Con memoria depositata il 25 settembre 2017 il difensore di (OMISSIS) ha presentato motivi nuovi deducendo che il reato per il quale era intervenuta precedente condanna definitiva il 12 ottobre 2005, ritenuta dai giudici di merito ostativa al riconoscimento della sospensione condizionale della pena, e’ stato dichiarato estinto ai sensi dell’articolo 167 cod. pen. con ordinanza del Tribunale di Napoli del 10 aprile 2017.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’analisi dei motivi di ricorso non puo’ prescindere da tre premesse: la prima concerne la diretta ed incontestabile efficienza causale, rispetto all’evento morte, che si deve attribuire all’errore nella trasfusione di sangue di gruppo RHA+ ad un paziente con gruppo RHO+; si tratta di un errore di gravita’ tale da essere stato considerato, in un caso in precedenza deciso dalla Corte di Cassazione (Sez. 5, n. 6870 del 27/01/1976, Nidini, Rv. 13381901), dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico; la seconda riguarda il criterio logico-giuridico che il giudice di merito deve seguire per valutare l’efficienza causale di una condotta o di una omissione nell’ambito di un caso connotato dall’intreccio di plurime condotte od omissioni, essendo tenuto ad individuare il rischio innescato da ciascuna condotta od omissione, l’intervento o meno di fattori preponderanti od assorbenti, la proporzione del rischio innescato dal singolo rispetto all’evento; la terza inerisce al rilievo per cui, nel caso di cause colpose indipendenti, chi lede un bene come la vita non puo’ fare affidamento sull’intervento salvifico di terzi. Alla previsione dell’articolo 41 c.p., comma 1, e’, infatti, correlato il principio secondo il quale non puo’ invocare il principio di affidamento l’agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l’altrui condotta colposa, poiche’ la sua responsabilita’ persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l’affermazione dell’efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalita’ ed imprevedibilita’ (in tema di colpa professionale Sez. 4, n. 30991 del 06/02/2015, Pioppo, Rv. 26431501; Sez. 4, n. 692 del 14/11/2013, dep. 2014, Russo, Rv. 25812701; in tema di circolazione stradale Sez. 4, n. 12260 del 09/01/2015, Moccia, Rv. 26301001; in tema di infortuni sul lavoro Sez. 4, n. 35827 del 27/06/2013, Zanon, Rv. 25812401).
2. Per quel che riguarda il caso concreto, giova sottolineare come le condotte contestate agli imputati si inseriscano tutte nella medesima area di rischio, correlata tanto alla consegna delle sacche contenenti sangue incompatibile con quello del paziente, quanto all’ordine di procedere alla trasfusione, quanto all’omessa diagnosi differenziale. E’, dunque, del tutto inappropriato ed inconferente porre, nel caso in esame, la questione della sussistenza o meno di cause sopravvenute idonee da sole a determinare l’evento, laddove si osservi che il rischio riconducibile a ciascuna delle condotte ascritte agli imputati non e’ mai rischio nuovo ma e’ sempre il medesimo, tipicamente evolutosi nei successivi passaggi verso l’evento gia’ in origine prevedibile. Il processo causale innescato dalla consegna di sangue di gruppo RHA+ destinato ad un paziente diverso da (OMISSIS) e’, infatti, giunto al suo drammatico epilogo senza che siano intervenuti fattori eziologici nuovi ed eccezionali, idealmente separabili da quello originario gia’ di gravita’ proporzionata all’evento, rinvenendosi esclusivamente errori che hanno rappresentato lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico (Sez. 4, n. 21588 del 23/03/2007, Margani, in motivazione).
3. Tanto premesso, viene in rilievo la manifesta infondatezza, dunque l’inammissibilita’, del ricorso proposto da (OMISSIS) sul presupposto, smentito dalla lettura della sentenza impugnata, che la Corte di Appello abbia omesso di valutare le doglianze difensive trascurando l’incidenza causale assorbente, rispetto all’evento, delle condotte dell’infermiere tenuto al ritiro delle sacche e delle condotte dei medici che hanno posto in atto la trasfusione.

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