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2. La dedotta questione di illegittimita’ costituzionale dell’articolo 222 C.d.S., comma 2, quarto periodo, nella parte in cui rende obbligatoria la revoca della patente di guida quale effetto dell’accertamento del reato ascritto all’imputato (articolo 590-bis c.p.) e’ manifestamente infondata.
2.1. Essa si fonda sull’erroneo presupposto che la revoca della patente costituisce una sanzione avente rilievo sostanzialmente penale, in quanto tale soggetta ai principi costituzionali in materia penale, evocando una pretesa interpretazione “convenzionalmente” conforme alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Si tratterebbe non gia’ di una sanzione amministrativa, bensi’ di una vera e propria “pena”, nella declinazione “sostanzialistica” fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia), indipendentemente dal nomen iuris, in quanto e’ applicata sul presupposto della commissione di un reato, a conclusione di un procedimento penale e irrogata contestualmente alla condanna penale ovvero all’applicazione della pena concordata dalle parti.
2.2. Ma la tesi della natura sostanzialmente penale della revoca della patente di guida non regge ai fini che qui rilevano.
Il concetto di matiere penale inteso in senso sostanzialistico e’ stato elaborato dalla Corte di Strasburgo al precipuo fine di estendere l’applicazione del divieto di bis in idem in conformita’ all’articolo 4 prot. n. 7 CEDU, in relazione alla liberta’ accordata alla Corte EDU di applicare il regime garantistico della CEDU, mentre non puo’ risolversi nell’attribuzione di un potere in grado di annullare le differenze tra le nozioni Europea ed interna di sanzione penale.
In proposito, la Corte Costituzionale (Corte Cost. n. 49 del 14 gennaio 2015) ha chiarito che, in relazione al diritto interno, l’autonomia dell’illecito amministrativo dal diritto penale attiene al piu’ ampio grado di discrezionalita’ del legislatore nel configurare gli strumenti migliori per perseguire l’effettivita’ dell’imposizione di obblighi e doveri. La Consulta ha, altresi’, sottolineato come la giurisprudenza della Corte EDU abbia elaborato suoi peculiari indici per qualificare una sanzione come pena ai sensi dell’articolo 7 CEDU al fine di scongiurare che vasti processi di decriminalizzazione possano avere l’effetto di sottrarre gli illeciti, cosi’ depenalizzati, alle garanzie sostanziali assicurate dagli articoli 6 e 7 della Convenzione EDU senza voler porre in discussione la discrezionalita’ dei legislatori nazionali nell’adottare strumenti sanzionatori ritenuti piu’ adeguati dell’illecito penale.
2.3. Tale interpretazione della materia penale in senso sostanzialistico non puo’ essere sic et simpliciter trasposta per regolare il presente caso al fine di affermare la contrarieta’ della norma che impone la sanzione amministrativa accessoria rispetto ai principi sanciti dagli articoli 3 e 27 Cost.; qui non si discute della violazione del principio del ne bis in idem, posto che l’irrogazione di una sanzione amministrativa accessoria in un processo definito ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. non equivale a dire che l’imputato sia sottoposto ad un procedimento amministrativo e ad un procedimento penale per il medesimo fatto, godendo egli delle garanzie del giusto processo all’interno del quale viene irrogata la stessa sanzione amministrativa.
2.4. Non e’, dunque, possibile affermare che dalla pronuncia della Corte EDU 4/03/2014 Grande Stevens c. Italia possa trarsi in termini assoluti ed astratti un principio di tendenziale equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, scardinando principi come la riserva assoluta di legge per le norme penali (articolo 25 Cost.) ovvero la presunzione di non colpevolezza (pure affermata in Corte EDU 23/09/2008, Grayson e Barnham c. Regno Unito) che, interpretata in tutta la sua estensione, renderebbe illegittima la provvisoria esecutivita’ di condanne pecuniarie anche in materia extrapenale, od anche il divieto assoluto di retroattivita’ della sanzione amministrativa.
2.5. Nella fattispecie qui in esame, la previsione di una sanzione amministrativa irrogata all’esito di un giudizio penale, ancorche’ definito ai sensi dell’articolo 444 c.p.p. con riguardo alla pena principale, vanifica la stessa preoccupazione, rinvenibile in alcune enunciazioni teoriche della giurisprudenza CEDU, di una configurazione amministrativa dell’illecito al fine precipuo, se non esclusivo, di eludere le garanzie proprie del processo penale (cd. “truffa delle etichette”).
2.6. In sostanza, la ricorrenza di alcuni caratteri comuni non comporta, di necessita’, l’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale a tutti gli effetti. Anche ove, in ipotesi, si volesse estendere la portata applicativa dei criteri interpretativi posti dalla Corte EDU, quanto sopra va letto, in ogni caso, nell’ambito sanzionatorio penale entro il quale si configura la sanzione amministrativa di cui si tratta.
2.7. L’obbligatorieta’ dell’irrogazione della sanzione amministrativa, dunque, si ritiene derivi da una scelta legislativa rientrante nei limiti dell’esercizio ragionevole del potere legislativo, piu’ volte considerata dal giudice delle leggi non sindacabile sotto il profilo della pretesa irragionevolezza, in quanto fondata su differenti natura e finalita’ rispetto alle sanzioni penali. Giova richiamare, in proposito, i casi nei quali la Consulta ha ritenuto trattarsi di sanzione con chiara finalita’ preventiva, piuttosto che sanzionatoria (Corte Cost. n. 196 del 12 maggio 2010 in cui il criterio dello scopo e’ stato adoperato in una questione di legittimita’ costituzionale che riguardava la possibilita’ di applicare retroattivamente la normativa in materia di confisca obbligatoria del veicolo per guida in stato di ebbrezza).
2.8. Una lettura sistematica della disposizione che impone la revoca della patente di guida, dunque, consente di ribadirne la natura amministrativa, e la dimensione accessoria, ancillare, rispetto al procedimento penale, pur quando ordinata dal giudice penale; tant’e’ che resta eseguibile ad opera del Prefetto, ai sensi dell’articolo 224 C.d.S., comma 3, anche in caso di estinzione del reato per causa diversa dalla morte dell’imputato.
3. Anche il secondo motivo e’ infondato.
La tesi del ricorrente secondo cui la disciplina dettata dal vigente articolo 590-bis c.p. (recante il titolo: “lesioni personali stradali gravi o gravissime”) costituirebbe una circostanza aggravante ad effetto speciale del reato base di lesioni colpose di cui all’articolo 590 c.p., con conseguente necessita’ di una querela ai fini della sua procedibilita’, pur suggestiva, appare smentita da plurimi argomenti a favore della opposta tesi della autonomia di tale figura di reato.
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