Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 10 novembre 2017, n. 51448. In tema di omessa custodia di animali, l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona

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6. Manifestamente infondato e’ anche il secondo motivo di ricorso.
Il motivo in questione, in punto di responsabilita’, si palesa, infatti, assolutamente privo di specificita’ in tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo, in quanto il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione del giudice di appello, che appare logica e congrua, nonche’ corretta in punto di diritto, e pertanto immune dai denunciati vizi di legittimita’.
Ricorda correttamente il giudice del gravame del merito, richiamando conferentemente Sez. 2 n. 15115/2012, come, per costante orientamento giurisprudenziale, si possa pervenire all’affermazione di penale responsabilita’ di un imputato anche sulla base di meri indizi senza che necessariamente debbano trovare riscontro in altri elementi esterni, allorche’ gli stessi siano gravi, ovvero attendibili e convincenti, precisi e non equivoci, tali da esprimere l’elevata probabilita’ di derivazione dal fatto noto di quello ignoto, in cui si identifica il tema di prova, ovvero non suscettibili di altra interpretazione altrettanto verosimile, nonche’ concordanti, ovvero non contrastanti tra loro ed anche con altri da-unti elementi certi.
Va ricordato, peraltro, che Sez. Un. n. 42979 del 26.6.2014, Squicciarino, Rv. 260018, hanno chiarito che il procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in due distinti momenti. Il primo e’ diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravita’ e di precisione degli indizi, ciascuno considerato isolatamente nella sua valenza qualitativa, tenendo presente che tale livello e’ direttamente proporzionale alla forza di necessita’ logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare ed e’ inversamente proporzionale alla molteplicita’ di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza. Il secondo momento del giudizio indiziario e’ costituito, invece, dall’esame globale e unitario tendente a dissolverne la relativa ambiguita’, posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, confluendo in un medesimo contesto dimostrativo, sicche’ l’incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, e l’insieme puo’ assumere il pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale puo’ affermarsi conseguita la prova logica del fatto (Sez. Un. n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231678; Sez. Un. n. 6682 del 4/2/992, Musumeci, Rv. 191231).
Ebbene, in applicazione di tali principi, il giudice del gravame del merito ha dato articolatamente conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilita’ del prevenuto, ed in particolare, preso atto dell’essere incontestato e del non essere oggetto del gravame di merito il fatto storico, nella sua materialita’, ovvero l’aggressione subita la notte del (OMISSIS) da (OMISSIS), dinanzi al cancello della propria abitazione (e quindi anche nei pressi dell’abitazione del (OMISSIS), suo vicino di casa), da parte di un pastore tedesco con le conseguenti lesioni descritte nell’imputazione, ha ritenuto che molteplici indizi, ciascuno dotato di significativa gravita’ e precisione, convergenti in un unitario contesto dimostrativo, portassero ad affermare che la detenzione dell’animale fosse da ascrivere all’odierno imputato, che pertanto era venuto meno al dovere di custodirlo senza che arrecasse danni a terzi.
Nel provvedimento impugnato si ricorda che: 1. e’ stato acclarato nel giudizio di primo grado, attraverso la deposizione di (OMISSIS) e (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), che i figli del (OMISSIS) erano soliti portare al guinzaglio e dare da mangiare al cane che ebbe ad aggredire, per strada, (OMISSIS); 2. e’ anche emerso che il (OMISSIS) avesse offerto a titolo risarcitorio una somma al (OMISSIS) (il tribunale pontino richiama si veda in tal senso la deposizione del (OMISSIS) stesso e di (OMISSIS), moglie dell’imputato, la quale testualmente ebbe a riferire “mio marito gli aveva offerto un po’ di risarcimento ma lui non aveva accettato”, circostanza ritenuta logicamente essere un elemento indiziario dal quale desumere indirettamente un riconoscimento da parte del (OMISSIS) di qualche forma di responsabilita’ nell’accaduto; 3. e’ stata poi allegata dalla persona offesa una fotografia che ritrae il pastore tedesco (riconosciuto da tutti i testimoni come il cane con il quale giocavano i figli del (OMISSIS)) legato ad una catena alle interno di un cortile nella disponibilita’ dell’imputato, risalente al giorno dopo i fatti.
La fotografia in questione e’ stata ritenuta costituire un ulteriore elemento del materiale probatorio acquisito in sede dibattimentale, idoneo a dimostrare una relazione di fatto con l’animale, tale da farne sorgere un obbligo di custodia in capo al (OMISSIS). Ed invero, con motivazione assolutamente logica, il giudice del gravame del merito ha ritenuto che, anche a voler credere alla versione fornita dai testi della difesa, ovvero che l’animale era stato, di comune accordo con il (OMISSIS), temporaneamente allocato nell’area ove era stato fotografato solo fino a quando non fossero stati svolti gli esami sanitari presso la USL competente, non si comprenderebbero le ragioni di una tale disponibilita’ e collaborazione mostrata dall’imputato con la persona offesa, se e soprattutto, il primo escludeva qualsiasi forma di responsabilita’ per le lesioni subite dal (OMISSIS) derivanti dalla omessa custodia dell’animale. E cio’, ancor piu’, se si tiene conto del fatto che il (OMISSIS) il giorno dopo i fatti aveva gia’ manifestato la sua volonta’ di essere risarcito dal (OMISSIS), tant’e’ che quest’ultimo formulo’ un offerta risarcitoria poi non accettata dalla persona offesa.
Dunque, appare condivisibile la ritenuta maggiore verosimiglianza che la fotografia fosse stata scattata la mattina successiva ai fatti, quando ancora il (OMISSIS) nulla sapeva dell’accaduto, come riferito dal teste (OMISSIS).
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere e’ inammissibile perche’ trasformerebbe questa Corte di legittimita’ nell’ennesimo giudice del fatto.
7. Come si diceva, la sentenza impugnata appare non solo logica e correttamente motivata, ma anche corretta in punto di diritto.
Ed invero, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, che richiama una giurisprudenza di questa Corte assai risalente nel tempo, quello che occorre verificare in casi come quello che ci occupa non e’ la proprieta’ dell’animale, bensi’ l’esistenza di una relazione di fatto tra l’imputato ed il cane tale da far sorgere in capo allo stesso un obbligo di custodia e vigilanza sull’animale. E tale relazione puo’ essere, come hanno correttamente ritenuto i giudici dl merito in relazione agli accadimenti di (OMISSIS) del (OMISSIS), anche “mediata” ovvero per il tramite dei figli.
La sentenza impugnata si colloca, pertanto, nell’alveo del condivisibile orientamento di questa Corte di legittimita’ – che va qui ribadito – secondo cui, in tema di omessa custodia di animali, l’obbligo di custodia sorge ogni qualvolta sussista una relazione anche di semplice detenzione tra l’animale e una data persona, in quanto l’articolo 672 cod. pen. collega il dovere di non lasciare libero l’animale o di custodirlo con le debite cautele al suo possesso, da intendere come detenzione anche solo materiale e di fatto, non essendo necessaria un rapporto di proprieta’ in senso civilistico (cosi’ Sez. 4, n. 34813 del 2/7/2010, Vallone, Rv. 248090 e Sez. 4, n. 599 del 16/12/1998 dep. il 1999, La Rosa, Rv. 212404 che ebbero ad occuparsi, in entrambi i casi, di responsabilita’ per lesioni colpose cagionate dal morso di un cane).

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