Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 7 settembre 2017, n. 40904. Sostituzione di misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di esercitare l’attività di imprenditore

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1. Il ricorso e’ infondato.

Come anticipato, l’impugnazione del pubblico ministero denuncia vizi di legittimita’ dell’ordinanza impugnata per mancato riconoscimento della gravita’ indiziaria con riguardo al reato di partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio criminale, diretto da (OMISSIS), funzionale all’accaparramento di consenso elettorale a favore dello stesso (OMISSIS) e compagni, ai quali (OMISSIS) era legato anche dalla comune appartenenza a loggia massonica.

Non e’ superfluo richiamare, in premessa, l’insegnamento costante della giurisprudenza di legittimita’, anche nella sua piu’ autorevole composizione, secondo il quale, “in tema di misure cautelari personali, allorche’ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimita’ e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravita’ del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie” (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; conformi tra le molte: Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova Rv. 237012 e Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).

2. La lettura sinottica delle argomentazioni del provvedimento impugnato, come sopra compiutamente esposte, a sostegno della ritenuta non gravita’ degli elementi indizianti la partecipazione di (OMISSIS) al sodalizio criminale, e delle censure mosse dalla parte pubblica ricorrente al ragionamento probatorio, parimenti illustrate nella narrativa che precede e qui non ripetute, rivela che non sussiste, nel provvedimento impugnato, vizio logico manifesto o contraddittorieta’ del discorso, che, pur riconoscendo le indebite pressioni esercitate dall’indagato per favorire il successo elettorale di (OMISSIS), sfruttando la propria posizione dominante di datore di lavoro nei confronti delle persone occupate nella casa di riposo da lui diretta, ha tuttavia contenuto tale attivita’ lecita nel rapporto bilaterale tra lo stesso (OMISSIS) e il coindagato, (OMISSIS), non illogicamente apprezzandolo come espressione di una costante colleganza e scambio di favori tra i due amici, uniti in modo speciale dalla comune appartenenza alla massoneria che, notoriamente, crea vincoli di stretta solidarieta’ sociale ed economica tra i propri adepti.

3. Non ravvisandosi, pertanto, nell’ordinanza impugnata vistosi vizi motivazionali idonei a legittimarne l’annullamento e, tanto meno, l’erronea applicazione della legge penale, il ricorso del Procuratore della Repubblica deve essere respinto, senza alcuna conseguenza sulle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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