Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 28 settembre 2017, n. 44859. Il divieto di una pluralità di sentenze per lo stesso fatto a carico di una stessa persona

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Con la prima sentenza (OMISSIS) era stato condannato alla pena di anni tredici e mesi quattro di reclusione per i reati di cui all’articolo 416 bis cod. pen. e al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, commi 1 e 1 bis, (capo 56 della rubrica), entrambi contestati come commessi in Palermo sino al gennaio 2008; con la seconda alla pena di anni quindici mesi due di reclusione, oltre alla multa, per i reati – capi c), d), e) e f) – di detenzione illecita aggravata e continuata di sostanze stupefacenti, contestati come consumati dal 2004 sino al maggio 2005 in (OMISSIS) e altrove.
1.1 Rilevava, invero la Corte palermitana a fondamento della sua decisione di rigetto:
– che nel periodo oggetto dei due distinti giudizi il ricorrente era organicamente inserito nel contesto organizzativo di (OMISSIS), come irrevocabilmente sancito dalla sentenza palermitana, con ruolo di spicco in una fitta trama di traffici di stupefacenti, per lo piu’ di cocaina, in essere tra il capoluogo lombardo, ove il (OMISSIS) da tempo risiedeva, (OMISSIS), sua citta’ di origine, e altri centri;
– che a torto enfatizzata, ma affatto ininfluente, era la sostanziale coincidenza delle fonti di accusa rappresentate, in entrambi i procedimenti, dai coimputati, collaboratori di giustizia, (OMISSIS) e (OMISSIS), le cui propalazioni si erano rilevate fondamentali sia per i fatti giudicati a Milano che per quelli giudicati a Palermo;
– che, pur non essendovi dubbio, alla luce dei dati conoscitivi acquisiti, che i traffici curati dal (OMISSIS) e oggetto dei distinti accertamenti giurisdizionali avessero “conosciuto aree di tangenza e segmenti di realizzazione comuni”, non v’era prova dell’asserita piena coincidenza tra i fatti giudicati a Milano e il fatto di cui al capo 56) della sentenza di condanna della Corte di appello di Palermo: diffuso in un arco temporale esteso (almeno sino al luglio 2007) il secondo, collocati non oltre il 2004 i primi; comprensivi quelli giudicati a Milano anche di alcuni traffici gestiti autonomamente dal (OMISSIS) fuori dal controllo siculo di (OMISSIS) (cessioni (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), laddove i giudici palermitani si erano occupati esclusivamente dei traffici di droga realizzati dal condannato per il gruppo (OMISSIS) con il quale lavorava.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo dei suoi difensori avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente la decisione della Corte di appello, valorizzando dati meramente formali, aveva tradito l’esito degli accertamenti dibattimentali dei giudici milanesi e palermitani, incorrendo in un palese travisamento interpretativo delle rispettive pronunce e nell’omessa considerazione del fatto che le relative motivazioni avevano dato atto della sussistenza e della reiterazioni di condotte identiche sotto l’aspetto temporale, spaziale ed esecutivo.
In nessun passaggio della sentenza del Tribunale di Palermo (espressamente richiamata nel provvedimento impugnato) era stato affermato l’organico inserimento del (OMISSIS) nel gruppo (OMISSIS) e nei traffici di cocaina dal medesimo gestiti; il collaboratore (OMISSIS), le cui propalazioni erano state ampiamente trascritte nella richiamata sentenza, non aveva mai dichiarato che i suoi ex soci ((OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS)), si erano riforniti nel periodo 2005-2007 dal duo (OMISSIS)- (OMISSIS); in entrambi i giudizi (OMISSIS) e (OMISSIS) avevano concordemente riferito che il traffico con il gruppo (OMISSIS) si era definitivamente interrotto con l’ultima consegna del Natale 2004; medesima era risultata la sostanza trafficata (cocaina) nei due procedimenti; del tutto incongruamente era stata valorizzata la mancata menzione nel capo di imputazione della sentenza palermitana dei due episodi di cessione al (OMISSIS) aventi ad oggetto rispettivamente 2 e 3 chilogrammi di cocaina, a fronte della formulazione generica e indistinta dell’addebito, di poi specificato nei contenuti sanzionati dal giudice palermitano, quanto a condotte, soggetti, tempi e luoghi degli avvenimenti, attraverso le valorizzate, concordi indicazioni dei propalanti (OMISSIS) e (OMISSIS); nessun episodio, ulteriore e diverso dal traffico sull’asse (OMISSIS) realizzato dal settembre al dicembre 2004 (oggetto della sentenza di condanna della Corte di appello di Milano) era stato accertato nel giudizio palermitano ed aveva fondato la relativa statuizione di reita’ in ordine al reato di cui al capo 56 di rubrica; inoltre, la condanna pronunziata dai giudici milanesi non era intervenuta anche per le contestate cessioni agli acquirenti milanesi ( (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), come emergeva dalla lettura delle sentenze di primo e di secondo grado e come definitivamente sancito dalla stessa Corte di cassazione, sezione Terza penale, nella sentenza del 20/02/2013.
Pertanto, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto accogliere l’istanza e revocare la sentenza della Corte di appello di Milano, non potendosi negare la medesimezza dei fatti separatamente giudicati, invero coincidenti sotto i profili: a) spaziale (Milano quale luogo di cessione, (OMISSIS) quale luogo di destinazione e di spaccio); b) temporale (dal settembre al Natale 2004); c) di tipologia della sostanza compravenduta (cocaina) e d) soggettivo ( (OMISSIS)- (OMISSIS) quali venditori; (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) quali acquirenti).
2.1 Con atto denominato motivi nuovi, depositato in data 21.12.2016, il ricorrente, rinnovando con diffuse argomentazioni le doglianze articolate con il ricorso originario attraverso un puntuale raffronto delle decisioni di merito intercalato dalla trascrizione di ampi brani delle rispettive motivazioni e delle dichiarazioni delle comuni fonti dichiarative, censura la decisione perche’, pur dando atto di una parziale coincidenza degli illeciti di cui ai distinti procedimenti, aveva omesso di indicare i fatti ripetutamente giudicati e conseguentemente, di procedere alla parziale revoca del giudicato meno favorevole e all’eliminazione della relativa porzione di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato.
1. L’ordinanza impugnata, nell’escludere la completa identita’ dei fatti di reato, oggetto delle due pronunce di condanna, emesse a carico del (OMISSIS), e quindi i presupposti per poter ravvisare la denunciata violazione del divieto di “bis in idem”, ha giustificato la propria decisione, risolvendo il raffronto tra i fatti accertati nei due titoli giudiziari sulla base del rilievo del differente dato cronologico e della diversa ampiezza delle relative contestazioni.
Sotto il primo profilo ha rilevato, mediante la conduzione della comparazione tra le imputazioni elevate nei due procedimenti, la divergente estensione temporale delle condotte; ha, di poi, annotato come tale tranciante elemento discretivo fosse rimasto asseverato dalla motivazione della sentenza del Tribunale di Palermo e, in particolare, dalle dichiarazioni, in essa valorizzate, di (OMISSIS), secondo la cui ricostruzione il (OMISSIS), organico, quanto ai traffici di cocaina, al gruppo criminale ” (OMISSIS)” avrebbe ininterrottamente proseguito la comune illecita attivita’ sino al luglio del 2007, avendo il dichiarante, fino alla data del suo arresto (agosto 2007), continuato a rifornirsi di cocaina dai (OMISSIS) che lo agevolavano nei pagamenti. Di contro, le condotte contestate e ritenute dalla sentenza della Corte di appello di Milano erano state collocate non oltre il 2004.
Sotto il secondo profilo, ha rilevato come dalla lettura delle imputazioni di cui ai capi d) ed e) del processo milanese emergesse la contestazione di “segmenti di reato relativi a traffici autonomi di cocaina (…) nell’hinterland milanese”, affatto estranei all’accertamento della sentenza palermitana e, sebbene tali ulteriori episodi non fossero stati “particolarmente affrontati” nelle decisioni di merito, non v’era dubbio che anche su di essi fosse intervenuta “formale statuizione di condanna”.
1.1 Il ricorrente ha sottoposto a critica siffatta decisione, prospettando come la struttura dell’imputazione elevata nel procedimento definito con la sentenza della Corte di appello di Palermo contemplasse una generica condotta continuata di acquisto e detenzione ai fini di spaccio di un imprecisato quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, hashish e marijuana (fatto commesso in (OMISSIS) e altrove sino al gennaio 2008) e che fosse percio’ necessario, ai fini dell’esatta individuazione e perimetrazione delle condotte effettivamente sanzionate, un’attenta ed effettiva disamina delle motivazioni delle decisioni di merito per verificare la consistenza soggettiva, oggettiva e temporale dei fatti oggetto di accertamento e di condanna nei due separati procedimenti, mentre nessun approfondimento era stato condotto nel provvedimento impugnato; del pari ha vigorosamente contestato che la decisione di condanna della Corte di appello di Milano fosse relativa anche alle autonome cessioni di stupefacenti agli acquirenti milanesi, tutti prosciolti o assolti nelle competenti sedi di merito.

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