Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 23 ottobre 2017, n. 48590. Quand’è configurabile il concorso di persone nel reato di omicidio nella forma del concorso morale

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2. Ricorre l’indagato a mezzo del proprio difensore, denunciando i vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione al requisito della gravità indiziaria. Secondo la difesa, la motivazione dell’ordinanza, pur col rinvio all’ordinanza genetica, ha fornito risposte non aderenti alle risultanze processuali. Solo formalmente il Tribunale ha affrontato il tema della credibilità e della costanza del racconto dello I. , il quale, dopo aver riferito nel primo interrogatorio del 7/8/2014 di un omicidio avvenuto alla fine degli anni ‘80 dopo la morte del B. , pacificamente deceduto nel 1998, nell’interrogatorio del 13/6/2016 aveva descritto lo stesso omicidio come avvenuto nell’ottobre del 1986 e nel primo verbale non aveva attribuito allo S. alcun ruolo di concorrente morale e di mandante, come affermato in seguito. Anche nella descrizione del delitto lo I. non appare attendibile perché non riferisce del ferimento anche di un secondo senegalese, aspetto che il Tribunale ha risolto, rilevando che la seconda vittima sarebbe stata colpita solo successivamente, durante l’inseguimento a piedi, al di fuori del campo visivo dello I. , circostanza smentita dall’ordinanza genetica, laddove dall’attività investigativa si era dedotta una ricostruzione della dinamica divergente nel senso che i due senegalesi, in sosta in attesa di acquirenti di sostanze stupefacenti, erano stati raggiunti da un’autovettura con alcuni giovani a bordo che, con la scusa di acquistare eroina, si erano avvicinati ed avevano esploso alcuni colpi di fucile, ferendone gravemente uno ed uccidendo l’altro, caduto a terra dopo circa dieci metri.
Non è stato attentamente valutato nemmeno il contrasto emerso tra le dichiarazioni dello I. e quelle del Q. sul ruolo avuto da quest’ultimo e sulla natura del presunto mandato conferito dal ricorrente, in ‘bianco’ secondo lo I. , specifico secondo il Q. perché riferito all’uccisione delle persone poi eliminate. Non può quindi parlarsi di convergenza degli elementi probatori raccolti e l’ordinanza si discosta dai criteri legali di valutazione della chiamata in correità, tanto più che in ordine al c.d. ‘ mandato in bianco ‘ la giurisprudenza sostiene che non può sussistere responsabilità quale concorrente morale in capo al singolo soggetto.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e non merita dunque accoglimento.
1. L’impugnazione in esame, nel contestare l’acquisizione di un compendio indiziario qualificato da gravità e sufficiente a giustificare l’applicazione della misura cautelare di massimo rigore, assume che le propalazioni dei collaboratori non sarebbe state correttamente valutate dal Tribunale del riesame, limitatosi ad un riscontro formale di attendibilità. Appunta le proprie censure sul narrato di I.A. , di cui segnala due profili di incostanza nella rievocazione dell’omicidio del K. , diversamente descritto nei due interrogatori resi quanto alla sua collocazione temporale ed al ruolo svolto dallo S. e la discordanza con la descrizione offertane dall’altro propalante, Q.G. , circa le modalità partecipative al delitto di quest’ultimo.
1.1 Ritiene il Collegio che la doglianza non abbia fondamento e sia comunque frutto di una lettura riduttiva ed atomistica delle più ampie ed articolate considerazioni contenute nell’ordinanza contestata, rispetto alle quali prospetta soltanto una critica parziale. In primo luogo, non si occupa di confutare un dato che nella valutazione dei giudici cautelari ha assunto un rilievo significativo, ossia la già pronunciata condanna dello S. per l’omicidio di due senegalesi, avvenuto il (omissis) , quale mandante del delitto, compiuto da un gruppo di esecutori a lui fedeli e partecipi della stessa organizzazione camorristica per finalità di predominio nella gestione dei traffici illeciti nel territorio dalla stessa controllato. La circostanza per il Tribunale riveste valore dimostrativo anche nella presente vicenda, perché compiuta in parte dai medesimi autori, nella stessa area e per identiche finalità, ma soprattutto col contributo determinante del ricorrente nel medesimo ruolo di mandante in un contesto criminale di maturazione delle scelte e degli scopi che è unitario.

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