Prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, puo’ legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacita’ a delinquere e della verosimile contiguita’ con ambienti delinquenziali di elevato livello.

Corte di Cassazione, sezione prima penale, sentenza 13 aprile 2018, n. 16552.

Prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, puo’ legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacita’ a delinquere e della verosimile contiguita’ con ambienti delinquenziali di elevato livello.
Il criterio di gradualita’ nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui e’ ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario e la sua applicazione e’ particolarmente opportuna quando il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacita’ a delinquere e della verisimile contiguita’ del condannato con ambienti delinquenziali di elevato livello.

Sentenza 13 aprile 2018, n. 16552
Data udienza 13 marzo 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BONITO Francesco M. S. – Presidente

Dott. CASA Filippo – Consigliere

Dott. MANCUSO Luigi Fabrizio – Consigliere

Dott. BONI Monica – rel. Consigliere

Dott. APRILE Stefano – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 14/06/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa BONI MONICA;

lette le conclusioni del P.G. Dott. ANIELLO Roberto, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 14 giugno 2017 il Tribunale di sorveglianza di Roma rigettava la domanda, proposta dal condannato (OMISSIS) di ammissione alle misure dell’affidamento in prova al servizio sociale, della detenzione domiciliare e della semiliberta’, osservando che l’istante e’ soggetto pericoloso per i precedenti penali e giudiziari e che le misure richieste non sono idonee a garantirne la rieducazione.

2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a mezzo del difensore, il quale lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge e vizio di motivazione. Il Tribunale di sorveglianza, pur avendo dato atto delle positive informazioni acquisite, ha rigettato le richieste del (OMISSIS) escludendo un giudizio prognostico favorevole sulle sue condotte future per la gravita’ del reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti commesso fino ad epoca recente, per la non pienamente convincente giustificazione, legata alla crisi economica, fornita dal condannato in ordine alla commissione dei reati ed alla loro protratta consumazione. Tali argomenti trascurano i criteri interpretativi dettati dalla giurisprudenza in tema di applicazione delle misure alternative alla detenzione e, pur avendo dato atto che la pena per il reato associativo e’ stata gia’ integralmente scontata, non considera la risalenza nel tempo dei fatti e le favorevoli risultanze delle relazioni comportamentali e di sintesi, dalle quali emerge non solo un comportamento intramurario “regolare”, ma anche e soprattutto una rivalutazione critica della pregressa condotta di vita.

Il Tribunale di sorveglianza ha individuato un terzo elemento ritenuto preclusivo, consistente nella “circostanza che le condizioni di vita prospettate ora come risocializzanti, sembrano essere state presenti anche in precedenza, ma evidentemente non del tutto idonee a contenere le spinte criminogene”; in tal modo ha minimizzato un elemento positivo di valutazione, ossia il prospettato inizio di un’attivita’ lavorativa, precedentemente assente.

Infine, la motivazione dell’ordinanza non consente di comprendere perche’ nessuna delle misure richieste dal ricorrente sia idonea, la domanda e’ stata esaminata in modo generico e congiunto in tutti i suoi contenuti e per tutti i tre istituti, i quali – come sottolineato nelle premesse del presente ricorso – sono ontologicamente diversi tra loro.

3. Con requisitoria scritta, depositata il 23 febbraio 2018 il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Dr. Aniello Roberto, ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato e non merita dunque accoglimento.

1. Nell’escludere i presupposti applicativi delle misure alternative chieste dal condannato, il provvedimento in verifica ha condotto l’analisi del caso, partendo correttamente dalla considerazione della natura e della gravita’ dei fatti accertati e dei reati per i quali e’ stata irrogata la pena in espiazione, come emergenti dalle sentenze di condanna, quindi ha espresso al riguardo un giudizio di inadeguatezza delle misure stesse a prevenire il rischio di recidiva per la pericolosita’ sociale dell’istante.

1.1 Dalla motivazione del provvedimento emerge che il Tribunale di sorveglianza e’ pervenuto alla decisione reiettiva di tutte le tre misure richieste, facendo ricorso ad alcuni dei criteri di valutazione, dettati dai parametri legali di riferimento, come interpretati dalla giurisprudenza di legittimita’. Pur avendo dato atto che il detenuto, non tossicodipendente, ha sempre mantenuto condotta regolare durante la detenzione, ha riconosciuto le proprie responsabilita’ e puo’ avvalersi del sostegno e dell’aiuto materiale del fratello, disponibile ad ospitarlo in ipotesi di concessione di misure e ad offrirgli attivita’ lavorativa, come riscontrato anche dagli accertamenti condotti dalle forze di polizia, ha negato di poter condurre un giudizio prognostico favorevole per la gravita’ del reato associativo, finalizzato al traffico di stupefacenti e commesso in un protratto periodo sino all’anno 2011, in varie localita’ italiane ed estere, nell’ambito del quale il ricorrente aveva svolto un ruolo non marginale di intermediario nelle transazioni dei quantitativi di droga trattati. Ha stimato non convincenti, sia la giustificazione fornita dal condannato di essersi indotto a violare la legge per difficolta’ economiche legate alla crisi generale perche’ i reati erano stati commessi in un lungo arco temporale dal 2001 al 2011, anche antecedente alla congiuntura piu’ recente, sia le opportunita’ risocializzanti, perche’ gia’ presenti anche all’epoca della realizzazione delle condotte illecite, ma non in grado di contenere le spinte devianti e ha rimarcato come anche nella relazione degli operatori penitenziari fosse stata segnalata l’opportunita’ della sola concessione di permessi premio.

1.2 Per come esposta nel provvedimento impugnato, l’indagine condotta dal Tribunale di sorveglianza non si e’ arrestata alla considerazione del titolo dei reati per i quali il ricorrente ha riportato condanna; tali illeciti sono stati oggetto di una valutazione specifica quanto alle concrete circostanze di commissione, alla protrazione della loro consumazione, al ruolo svolto dal detenuto ed alle causali dallo stesso rassegnate, motivatamente ritenute non convincenti, sia perche’ non tossicodipendente, sia perche’ le difficolta’ economiche addotte non potevano giustificare un impegno criminoso protratto per dieci anni sul fronte degli stupefacenti, ma anche delle armi. Inoltre, non e’ mancata nemmeno la valutazione degli esiti dell’osservazione intramuraria, positivi quanto al riconoscimento delle responsabilita’ ed ai comportamenti tenuti in regime detentivo, ma tali da giustificare piuttosto, secondo il principio di gradualita’, l’ammissione alla sperimentazione esterna mediante l’istituto dei permessi premio, come del resto segnalato anche dagli operatori penitenziari.

1.3 In tal modo il Tribunale di sorveglianza ha espresso una determinazione discrezionale, ma adeguatamente giustificata, che ha apprezzato la situazione esecutiva del condannato e tutti gli elementi della fattispecie senza essere incorrere nei vizi denunciati. Questa Corte ha gia’ affermato che “prima di ammettere il condannato a misure alternative alla detenzione, il Tribunale di sorveglianza, pure quando sono emersi elementi positivi nel comportamento del detenuto, puo’ legittimamente ritenere necessario un ulteriore periodo di osservazione e lo svolgimento di altri esperimenti premiali, al fine di verificare la attitudine del soggetto ad adeguarsi alle prescrizioni da imporre con la concessione delle stesse, specie se il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacita’ a delinquere e della verosimile contiguita’ con ambienti delinquenziali di elevato livello (sez. 1, n. 27264 del 14/01/2015, Sicari, rv. 264037).

Il criterio di gradualita’ nella concessione di benefici penitenziari, pur non costituendo una regola assoluta e codificata, risponde ad un razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione cui e’ ispirato il principio stesso del trattamento penitenziario e la sua applicazione e’ particolarmente opportuna quando il reato commesso sia sintomatico di una non irrilevante capacita’ a delinquere e della verisimile contiguita’ del condannato con ambienti delinquenziali di elevato livello (sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, Foti, rv. 212794).

Per tali considerazioni il ricorso va respinto con la conseguente condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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