Corte di Cassazione, sezione prima civile, srdinanza 19 febbraio 2018, n. 3951. Il diritto di voto nell’assemblea della societa’, per le quote che siano state date in usufrutto

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Il raggiunto esito interpretativo e’ coerente con il principio, correttamente richiamato dai giudici di merito, della libera trasferibilita’ dei titoli partecipativi, il quale impone un’interpretazione restrittiva delle clausole che la limitino, come quella in esame che, riconoscendo agli altri soci un diritto di covendita e un corrispondente obbligo di acquisto, si risolve in una restrizione alla libera circolazione di quei medesimi titoli.
A questo criterio direttivo si ispira l’interpretazione in senso restrittivo della clausola statutaria circa l’immediata operativita’ del diritto di rivendita nel diverso caso dell’alienazione di strumenti finanziari (come il diritto di opzione, le obbligazioni convertibili o i warrant) il cui possesso consente all’acquirente di consolidare la posizione di controllo nella societa’ sulla base di una scelta discrezionale che non compete, invece, al nudo proprietario.
3.- Con il quarto motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 1175, 1366 e 1375 c.c., in tema di buona fede e correttezza nella esecuzione e interpretazione del contratto, per non avere considerato l’abuso dell’autonomia negoziale e l’illiceita’ del motivo comune ad entrambe le parti, che sarebbe desumibile dai precedenti accordi del 4 luglio 2000 e 13 gennaio 2003 che prevedevano la vendita della piena proprieta’ delle azioni, anche perche’ le parti avevano convenuto che l’usufrutto di (OMISSIS) non si sarebbe trasferito sul capitale derivante dalla liquidazione, in deroga alla disciplina legale di cui all’articolo 1000 c.c..
3.1.- Il motivo e’ inammissibile, in parte, per difetto di specificita’, in relazione all’articolo 366 c.p.c., n. 4, non chiarendosi in cosa consisterebbe l’invocato abuso di autonomia negoziale e quale sarebbe il pregiudizio arrecato ai soci di minoranza, rimasti titolari delle loro partecipazioni in una situazione inalterata di equilibrio assembleare; in parte, perche’ la prospettata ipotesi della frode agli interessi dei soci di minoranza dovrebbe essere verificata in concreto sulla base di accertamenti di fatto che non possono essere compiuti in sede di legittimita’.
4.- Con il quinto motivo e’ denunciata violazione e falsa applicazione degli articoli 1000, 1362, 1363 e 1415 c.c., per non avere riconosciuto la simulazione del contratto, che sarebbe desumibile dalla quasi identita’ del prezzo pattuito per il trasferimento della nuda proprieta’ rispetto a quello in precedenza negoziato per la proprieta’ piena, nonche’ dalla previsione contrattuale, che si assume derogatoria dell’articolo 1000 c.c., secondo cui le somme derivanti da “riparti della liquidazione di (OMISSIS)” erano state riscosse da (OMISSIS) e versate a (OMISSIS), essendosi realizzata in tal modo un’anticipata estinzione dell’usufrutto mediante consolidamento con la nuda proprieta’, a norma degli articoli 2.4 e 6.5 del contratto.
4.1.- Il motivo e’ inammissibile, risolvendosi nella critica della sufficienza del ragionamento logico esposto nella sentenza impugnata e, in definitiva, nella impropria richiesta di rivisitazione di un giudizio di fatto riguardante un accertamento relativo a una quaestio voluntatis, qual e’ infatti quella avente ad oggetto la prova della simulazione (Cass. n. 12980/2002). Tale accertamento si fonda su valutazioni dell’idoneita’ dei fatti posti a fondamento di argomentazioni induttive, anche di carattere presuntivo, riservate al giudice di merito e censurabili in sede di legittimita’ negli stretti limiti previsti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5, nel testo novellato dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, convertito in L. n. 134 del 2012, cioe’ soltanto nel caso di mancanza della motivazione o di radicale carenza di essa o nel suo estrinsecarsi in argomentazioni inidonee a rivelare la ratio decidendi (Cass., sez. un., n. 8053/2014), ipotesi che nella fattispecie non ricorrono, avendo la Corte di merito esaminato i fatti e le doglianze rappresentate nel motivo.
Inoltre, la questione dell’immediata estinzione del diritto di usufrutto per effetto delle richiamate clausole negoziali – il cui testo non e’ riportato nel motivo che e’ pertanto privo di specificita’, a norma dell’articolo 366 c.p.c., nn. 4 e 6 – non risulta esaminata nella sentenza impugnata, ne’ i ricorrenti hanno precisato se e in quale atto e momento processuale la questione sia stata sottoposta al vaglio dei giudici di merito.
5.- Inammissibile e’ anche il sesto motivo, con il quale e’ denunciata violazione delle norme sull’interpretazione degli atti processuali, per avere giudicato nuova e inammissibile la domanda di nullita’ del contratto di cessione della nuda proprieta’ delle azioni (OMISSIS), avendo la Corte territoriale comunque esaminato e rigettato la domanda nel merito.
6.- Con il settimo motivo i ricorrenti hanno denunciato violazione e falsa applicazione dell’articolo 1418 c.c., comma 2, articolo 1419 c.c., comma 1 e articolo 1421 c.c., per avere seguito l’indirizzo giurisprudenziale, ritenuto non condivisibile, che esclude l’illiceita’ del contratto connotato dall’intento di recare pregiudizio ad altri, e per avere omesso di considerare che la riserva di usufrutto in favore della (OMISSIS) serviva ad eludere l’applicazione di una clausola statutaria avente natura imperativa.
6.1.- Il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che ha escluso l’intento delle parti di arrecare pregiudizio ai soci (OMISSIS). Esso e’ quindi 4 inammissibile.
7.- In conclusione, il ricorso e’ rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 7200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori dovuti per legge e rimborso spese generali in misura del 15%.
Doppio contributo a carico dei ricorrenti come per legge.

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