Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 5 dicembre 2017, n. 29139. L’articolo 2497 c.c., comma 3, non prevede una condizione di procedibilita’ dell’azione contro la societa’ che esercita l’attivita’ di direzione e coordinamento

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1.1. – La ricorrente principale propone avverso la sentenza impugnata tre motivi di ricorso, che possono essere come di seguito riassunti:

1) violazione e falsa applicazione dell’articolo 2497 c.c., commi 1 e 3, avendo la norma posto una responsabilita’ diretta, nei confronti dei soci della societa’ soggetta all’altrui direzione e coordinamento e dei suoi creditori, in capo alla societa’ che tali attivita’ esercita, laddove la societa’ controllata e’ il soggetto direttamente danneggiato dalla condotta abusiva.

Al contrario, non e’ stata prevista un’azione dei soci esterni e dei creditori contro la societa’ controllata “abusata”, essendo la condotta abusiva imputabile soltanto alla capogruppo.

L’articolo 2497 c.c., comma 3, pertanto, non pone affatto un beneficio d’escussione, in particolare quanto all’azione dei soci (pur potendo forse interpretarsi in tal senso la norma con riguardo all’azione del creditore), difettando un’obbligazione, tantomeno plurisoggettiva, in capo alla dominata, dal momento che i soci non sono creditori della stessa, ne’ possono da questa pretendere il risarcimento dei danni cd. riflessi: tanto e’ vero che non e’ contemplata la chiamata in giudizio della dominata; mentre la tesi seguita dalla corte del merito addossa ai soci di minoranza i rischi d’insolvenza della holding e di cancellazione della dominata (come avvenuto nella specie) ne(corso del giudizio avverso quest’ultima. Occorre, dunque, attribuire natura squisitamente fattuale alla vicenda descritta dalla norma.

Essendo stata, peraltro, la controllata italiana cancellata dal registro delle imprese il 17 maggio 2007 ed essendosi dunque estinta ai sensi dell’articolo 2495 c.c., in capo all’unica azionista olandese alla responsabilita’ ex articolo 2497 c.c. si aggiunge quella patrimoniale per tutte le obbligazioni della controllata non soddisfatte, come stabilito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 6072 del 2013.

Infine, nel caso di specie, accanto all’insussistenza teorica della predetta condizione di proponibilita’ dell’azione, in pratica essa sarebbe irrealizzabile, non esistendo piu’ un patrimonio escutibile del soggetto ormai estinto;

2) violazione e falsa applicazione dell’articolo 2497 c.c., commi 1 e 3, ed illegittimo omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in quanto la corte del merito non ha considerato la circostanza della richiesta di risarcimento stragiudiziale, inviata il 20 settembre 2006 dalle socie anche alla societa’ dominata;

3) violazione dell’articolo 92 c.c., comma 2, perche’, dovendo la sentenza d’appello essere cassata per i motivi predetti, anche la compensazione delle spese di lite non si giustifica piu’.

1.2. – Il motivo del ricorso incidentale deduce la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1372 c.c. e articolo 5 c.p.c., posto che, allorche’ i controricorrenti ricoprivano la carica di amministratori della (OMISSIS) s.p.a., lo statuto sociale prevedeva all’articolo 42 una clausola compromissoria, la quale devolveva ad un collegio arbitrale anche tutte le controversie promosse da e contro gli amministratori: la successiva modifica statutaria, operata quando essi non erano piu’ nella carica, rimane quindi per essi irrilevante.

2. – Il primo motivo del ricorso principale e’ fondato.

2.1. – Lo “statuto giuridico” della societa’ eterodiretta, come risulta dall’articolo 2497 c.c., e’ stato talora definito “ambivalente”, posto che, nell’ambito dei primi tre commi della disposizione, essa sembra passare dalla posizione di soggetto abusato titolare della tutela – sanzionando il primo comma la violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della dominata – a quella di soggetto che, ai sensi del terzo comma, in prima battuta pare chiamato ad eliminare il pregiudizio patito dai suoi soci di minoranza.

Secondo quest’ultima previsione, che giova ricordare ai fini della sua esegesi, “(i)l socio ed il creditore sociale possono agire contro la societa’ o l’ente che esercita l’attivita’ di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla societa’ soggetta alla attivita’ di direzione e coordinamento”.

La norma, e’ stata letta da taluno – in entrambi i casi, ben oltre la reale portata precettiva – come fondante ora una responsabilita’ in capo alla holding per i debiti della controllata, ora in capo a quest’ultima per la responsabilita’ risarcitoria di quella.

Questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare come la societa’, che, ai sensi dell’articolo 2497 c.c., abbia abusato dell’attivita’ di direzione e coordinamento, e che per cio’ risponde del risarcimento del danno derivante dal cattivo esercizio del potere di direzione sulla societa’ eterodiretta, non possa dirsi condebitrice solidale con essa, in forza del terzo comma di tale disposizione, onde non e’ obbligata per il pagamento dei debiti insoddisfatti verso i creditori di questa (Cass. 12 giugno 2015, n. 12254). Nel respingere la tesi, in quel giudizio perorata, secondo cui la responsabilita’ della holding si aggiungerebbe a quella gravante in primis sulla dominata, si e’ negato che sul citato comma possa fondarsi la ricostruzione di una responsabilita’ della societa’ controllante sussidiaria rispetto a quella della societa’ eterodiretta, di tipo patrimoniale, per i debiti non soddisfatti di questa.

Dei due segmenti di “responsabilita’ solidale sussidiaria” che parte degli interpreti ha voluto intravvedere nell’articolo 2497 c.c., comma 3 – condebito per obbligo primario, condebito per danni – il precedente menzionato ha tracciato solo il primo, escludendo che sulla capogruppo gravi una responsabilita’ patrimoniale per le obbligazioni insoddisfatte della controllata.

Ed ha, poi, aggiunto – al solo fine di escludere una simile valenza della disposizione, non quale ratio decidendi e con riguardo ai creditori della controllata – che l’articolo 2497 c.c., comma 3, si limita ad individuare “piuttosto… una condizione di ammissibilita’ dell’azione di responsabilita’ prevista nel primo comma verso i creditori della societa’ eterodiretta”. Non, dunque, un precedente ai fini della presente decisione.

Ebbene, il secondo segmento menzionato va ora tracciato, specificamente con riguardo ai soci esterni della societa’ controllata, quali sono gli attori in giudizio.

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