L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (articolo 1176 c.c., comma 2), e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo

Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 27 marzo 2018, n. 7553.

Nel giudizio di risarcimento del danno, la controversia insorta tra piu’ convenuti coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile in via esclusiva o prevalente dell’illecito dal quale l’attore assume di avere risentito ragione di danno, si configura, sul piano processuale, come causa dipendente dalla controversia concernente la definizione dei rapporti che legano detti condebitori solidali al creditore comune, e, come tale, assoggettata al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtu’ di quanto stabilito dall’articolo 331 c.p.c., il cui ambito di applicazione non e’ circoscritto alle cause “inscindibili”, ma si estende anche a quelle “tra loro dipendenti.

In tema di responsabilita’ solidale per fatto illecito imputabile a piu’ persone, il vincolo di’ solidarieta’ che lega i coautori del fatto dannoso importa che il danneggiato possa pretendere la totalita’ della prestazione anche da uno solo dei coobbligati, mentre la “diversa gravita’ delle rispettive colpe” e la “diseguale efficienza causale di esse” possono avere rilevanza unicamente ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili, e cioe’ ai fini dell’azione di regresso.

L’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (articolo 1176 c.c., comma 2), e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo: in mancanza di tale prova, l’appaltatore e’ responsabile per i ritardi, le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori.

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Ordinanza 27 marzo 2018, n. 7553
Data udienza 23 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. CAMPANESE Eduardo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 23895/2013 proposto da:
(OMISSIS) s.r.l. (p. iva. (OMISSIS)), in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, ing. (OMISSIS), e del Vice Presidente, ing. (OMISSIS), con sede in (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avvocato (OMISSIS), col quale elettivamente domiciliano in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avv. (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI PORDENONE (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli Avvocati (OMISSIS), coi quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS);
– controricorrente –
e
(OMISSIS) e (OMISSIS).
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE DI APPELLO DI TRIESTE depositata il 29/08/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2018 dal Consigliere Dott. CAMPESE Eduardo;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale De Augustinis Umberto, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il primo motivo di ricorso rigettandosene il secondo.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Il Tribunale di Pordenone, adito da (OMISSIS) ed (OMISSIS), condanno’, in solido tra loro, il Comune di Pordenone e la s.p.a. (OMISSIS) in liquidazione al risarcimento dei danni arrecati ad un fabbricato di proprieta’ dei primi dalle modalita’ imperite ed imprudenti con le quali erano stati progettati ed eseguiti dalla menzionata societa’, su di’ un fondo municipale attiguo a quell’immobile, i lavori di costruzione di’ un parcheggio pubblico sotterraneo commissionatile dall’ente.
2. La Corte di’ appello di’ Trieste, decidendo sui gravami proposti, con autonome citazioni, dai predetti convenuti, respinse integralmente quello della s.p.a. (OMISSIS) in liquidazione ed accolse parzialmente quello del menzionato comune, e condanno’ l’indicata societa’ “a rivalere il Comune di Pordenone di tutte le somme versate in favore degli appellati (OMISSIS) e (OMISSIS) in esecuzione della sentenza impugnata e della presente sentenza”.
2.1. Per quanto ancora di interesse, quella corte ritenne che: 1) “Esclusa la tesi della preesistenza, la diretta derivazione causale dei lavori di scavo con il danno lamentato dai proprietari del fabbricato non puo’ essere messa in dubbio per due circostanze decisive: a) la contiguita’ dei fondi, evidenziata dal materiale fotografico e planimetrico; b) la situazione di vasta e profonda modifica del terreno di fondazione del fabbricato degli appellati non poteva essere stata causata da antecedenti lavori fognari… ovvero da altri interventi edilizi di tenue dimensione ed a livello di superficie, ma solo dalla movimentazione dell’edificio, sottoposto ad una prima turbativa dalla malaccorta lavorazione dei diaframmi di fondazione nell’autunno del 2012, aggravatasi nell’inerzia della sospensione dei lavori, ripresi con un emungimento delle acque provenienti dalla roggia sotterranea, caratterizzato da un approccio deciso allo svuotamento, scelta opportuna per una migliore esecuzione dei lavori, ma che doveva essere accompagnata da un’indagine sugli edifici vicini, in particolare di quello nel quale si sapeva che si erano verificati dei danni, proprio a causa dell’esecuzione dei lavori di scavo”; 2) la responsabilita’ dell’appaltatore fosse “resa manifesta dall’imprudenza con la quale non si era approfondito il progetto originario, impreciso sulla collocazione della vecchia conduttura e dichiaratamente lacunoso sulle analisi idrogeologiche demandate a future verifiche della composizione del terreno, in particolare sul lato del fondo degli appellati, al fine di eseguire a regola d’arte la delicata opera di fondazione nel sottosuolo profondo”; 3) “la totale omissione di qualsiasi precauzione e sondaggio del terreno, nemmeno chiedendo al committente specifica variante qualora l’indagine geologica fosse stata troppo complessa per la struttura aziendale dell’appaltatore, e’ stato l’unico fattore causale della rotazione dell’edificio per assestamento del terreno di fondazione con i danni del fabbricato perfettamente evincibili dal materiale fotografico allegato all’elaborato peritale”; 4) “al di’ la’ della conclamata colpa generica, l’appellante (s.p.a. (OMISSIS) in liquidazioni. Ndr) neppure si confronta con la responsabilita’ aggravata ex articolo 2050 c.c…. sicuramente applicabile alle opere di profondo scavo e vasta alterazione dei luoghi preesistenti, quali l’opera pubblica in esame”; 5) altrettanto manifesta fosse la responsabilita’, ex articolo 2043 c.c., del comune committente, per aver approvato e consegnato, per l’esecuzione dell’opera pubblica di notevoli dimensioni ed impatto ambientale, un progetto lacunoso che imponeva nuove indagini che l’impresa appaltatrice non svolse ed il direttore dei lavori non impose, ignorando totalmente l’impatto sull’edificio che sapeva danneggiato dall’aggressivo emungimento delle acque freatiche; 6) non fosse configurabile alcuna responsabilita’ concorsuale del (OMISSIS), invocata dagli appellanti; 7) fosse meritevole di accoglimento la domanda di rivalsa proposta dal comune committente, fondata sugli obblighi contrattualmente assunti dall’impresa esecutrice dei lavori.
3. Per la cassazione di tale sentenza, resa il 29 agosto 2013 e non notificata, propone ricorso la (OMISSIS) s.r.l. (ragione sociale cosi’ modificata, da s.p.a., giusta verbale di assemblea straordinaria del 12 dicembre 2012), affidandosi a due motivi e precisando che “il ricorso viene notificato ai sigg.ri (OMISSIS) ed (OMISSIS) esclusivamente ai fini del litisconsorzio processuale, non comportando alcuna censura per i capi di sentenza che hanno statuito sui diritti che sono stati loro riconosciuti”. Resiste, con controricorso il Comune di Pordenone. Entrambe le parti suddette hanno depositato memorie ex articolo 380 – bis c.p.c., comma 1.
4. Il primo motivo, rubricato “Violazione e falsa applicazione della L. n. 109 del 1994, articoli 16 e 17, degli articoli 1655, 2043 e 2050 c.c. (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti (articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, critica, sostanzialmente, la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente anche la responsabilita’ dell’impresa esecutrice dei lavori benche’ i danni lamentati dagli originari attori fossero dovuti alla sola erronea attivita’ di progettazione riconducibile all’amministrazione comunale ed i cui difetti non erano dalla prima anticipatamente conoscibili.
4.1 Il secondo motivo, recante “Violazione e falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento agli articoli 1362 e 1372 c.c.”, censura la decisione impugnata laddove ha accolto la domanda di rivalsa formulata dal Comune di Pordenone erroneamente ritenendola fondata sugli obblighi contrattualmente assunti dall’impresa esecutrice dei lavori.
5. Il primo motivo e’ complessivamente inammissibile per plurime ragioni.
5.1. Giova, in primo luogo, muovere dal rilievo che, come si e’ gia’ detto, la (OMISSIS) s.r.l. ha espressamente precisato che “il ricorso viene notificato ai sigg.ri (OMISSIS) ed (OMISSIS) esclusivamente ai fini del litisconsorzio processuale, non comportando alcuna censura per i capi di sentenza che hanno statuito sui diritti che sono stati loro riconosciuti”. Nei loro confronti, dunque, vi e’ stata, innegabilmente, un’espressa acquiescenza alla sentenza per quanto riguarda i diritti ai medesimi riconosciuti.
5.1.1. Va poi sottolineato che la corte territoriale ha chiaramente ribadito, respingendo integralmente il gravame della menzionata societa’ e, in parte qua, quello del Comune di Pordenone, la responsabilita’ di questi ultimi, in via solidale, nei confronti degli appellati alla stregua sia dell’articolo 2043 che dell’articolo 2050 c.c..
5.1.2. L’espressa acquiescenza della ricorrente alle statuizioni della sentenza di detta corte relative ai diritti in essa riconosciuti alla (OMISSIS) ed al (OMISSIS), rende, allora, non piu’ contestabile la statuizione di responsabilita’ di cui si e’ detto, ormai coperta dal formatosi giudicato interno.
5.2. Fermo quanto precede, il motivo in esame e’ volto a contestare la sentenza impugnata per aver ritenuto sussistente anche la responsabilita’ dell’impresa esecutrice dei lavori benche’ i danni lamentati dagli originari attori fossero dovuti alla sola erronea attivita’ di progettazione riconducibile all’amministrazione comunale ed in cui difetti non erano dalla prima anticipatamente conoscibili. Una siffatta intenzione emerge, limpida, da quanto riferito a pag. 27 del ricorso, laddove si legge (cfr. righi 2 e ss.) che “Sul punto, dunque, l’esclusione della responsabilita’ del contraente privato determina la cassazione della sentenza senza rinvio, trattandosi di escludere la responsabilita’ della societa’ ricorrente in ordine all’evento dannoso verificatosi”, formulandosi la corrispondente richiesta in sede di conclusioni del ricorso (cfr. pag. 36).
5.2.1. Rileva, pero’, il Collegio che, nel giudizio di risarcimento del danno, la controversia insorta tra piu’ convenuti coobbligati in solido circa l’individuazione del soggetto responsabile in via esclusiva o prevalente dell’illecito dal quale l’attore assume di avere risentito ragione di danno, si configura, sul piano processuale, come causa dipendente dalla controversia concernente la definizione dei rapporti che legano detti condebitori solidali al creditore comune, e, come tale, assoggettata al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase di giudizio, in virtu’ di quanto stabilito dall’articolo 331 c.p.c., il cui ambito di applicazione non e’ circoscritto alle cause “inscindibili”, ma si estende anche a quelle “tra loro dipendenti” (cfr. Cass., S.U., n. 3074 del 2003; Cass. n. 19584 del 2013). Ne consegue, logicamente, che il giudicato interno formatosi (nella controversia “principale”) sull’acclarata responsabilita’, nei confronti della (OMISSIS) e del (OMISSIS), della (OMISSIS) s.r.l. e del Comune di Pordenone circa i danni subiti dal fabbricato dei primi a causa delle modalita’ imperite ed imprudenti con le quali erano stati progettati ed eseguiti dalla menzionata societa’, su di un fondo municipale attiguo a quell’immobile, i lavori di costruzione di un parcheggio pubblico sotterraneo commissionatile dall’ente, osta alla possibilita’ di ridiscutere, in questa sede, sebbene anche solo in relazione ai rapporti tra i suddetti originari convenuti, circa l’esclusivita’, o meno, della responsabilita’ di uno (il Comune di Pordenone) nei confronti dell’altra (l’odierna (OMISSIS) s.r.l.), posto che, nei rapporti interni, la dichiarata (in via definitiva, per quanto detto prima) responsabilita’ solidale puo’ essere “ripartita”, non esclusa. E’ noto, infatti, che, in tema di responsabilita’ solidale per fatto illecito imputabile a piu’ persone, il vincolo di’ solidarieta’ che lega i coautori del fatto dannoso importa che il danneggiato possa pretendere la totalita’ della prestazione anche da uno solo dei coobbligati, mentre la “diversa gravita’ delle rispettive colpe” e la “diseguale efficienza causale di esse” possono avere rilevanza unicamente ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili, e cioe’ ai fini dell’azione di regresso (cfr. Cass. n. 9167 del 2002; Cass. n. 3626 del 2017).
5.3. A quanto si e’ fin qui detto, deve poi aggiungersi che, come ripetutamente chiarito da questa Suprema Corte, l’appaltatore, dovendo assolvere al proprio dovere di osservare i criteri generali della tecnica relativi al particolare lavoro affidatogli (articolo 1176 c.c., comma 2), e’ obbligato a controllare, nei limiti delle sue cognizioni, la bonta’ del progetto o delle istruzioni impartite dal committente e, ove queste siano palesemente errate, puo’ andare esente da responsabilita’ soltanto se dimostri di avere manifestato il proprio dissenso e di essere stato indotto ad eseguirle, quale nudus minister, per le insistenze del committente ed a rischio di quest’ultimo: in mancanza di tale prova, l’appaltatore e’ responsabile per i ritardi, le imperfezioni o i vizi dell’opera, senza poter invocare il concorso di colpa del progettista o del committente, ne’ l’efficacia esimente di eventuali errori nelle istruzioni impartite dal direttore dei lavori (cfr. Cass. n. 23594 del 2017; Cass. n. 8016 del 2012; Cass. n. 821 del 1983).

5.3.1. Nella specie, le censure denunciate nel motivo in esame investono essenzialmente gli accertamenti in fatto (presenza di un tubo abbandonato; esistenza di diaframmi dannosi; oscillazioni della falda; imprevedibilita’ di cedimenti; abbassamento della falda; discontinuita’ del terreno) che la corte territoriale ha considerato ai fini delle sue gia’ riportate statuizioni, e la stessa prospettata violazione di legge si basa e presuppone, in realta’, una loro diversa valutazione, censurabile – peraltro solo entro certi limiti – sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto, per la formulazione di tale tipologia di vizio, dal riformato (Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, ex articolo 54, comma 1, lettera b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134) testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 , qui applicabile ratione temporis, atteso che la sentenza oggi impugnata risulta essere stata pubblicata il 29 agosto 2013.
5.3.2. In particolare, secondo il novellato articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non e’ piu’ configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti; e’, pertanto, denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante (articolo 111 Cost.), in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie in atti (cfr., ex multis, Cass., Sez. U., nn. 8053 e 8054 del 2014; Cass. n. n. 13928 del 2015, Cass. 23594 del 2017).
5.3.3. Nel caso concreto, non e’ certo ravvisabile il difetto di motivazione costituzionalmente rilevante, nel senso suindicato, avendo la corte territoriale recepito (come gia’ il giudice di prime cure), con riferimento agli aspetti relativi agli accertamenti suindicati, le conclusioni del c.t.u.: il giudice del merito non e’, per vero, tenuto a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione (cfr. Cass. n. 10668 del 2005; Cass. n. 12703 del 2015), dovendosi, peraltro, rimarcare che – nella specie – la sentenza impugnata espressamente riferisce (cfr. pag. 16) che le tesi ivi esposte con il primo motivo di appello della (OMISSIS) s.r.l. e con la parte iniziale della prima censura proposta dal Comune di Pordenone erano gia’ state esaminate dal c.t.u. in risposta alle osservazione dei tecnici di parte.
5.3.4. Va poi sottolineato che la sentenza impugnata ha ritenuto, per quanto qui ancora di interesse, che: 1) “Esclusa la tesi della preesistenza, la diretta derivazione causale dei lavori di scavo con il danno lamentato dai proprietari del fabbricato non puo’ essere messa in dubbio per due circostanze decisive: a) la contiguita’ dei fondi, evidenziata dal materiale fotografico e planimetrico; b) la situazione di vasta e profonda modifica del terreno di fondazione del fabbricato degli appellati non poteva essere stata causata da antecedenti lavori fognari… ovvero da altri interventi edilizi di tenue dimensione ed a livello di superficie, ma solo dalla movimentazione dell’edificio, sottoposto ad una prima turbativa dalla malaccorta lavorazione dei diaframmi di fondazione nell’autunno del 2012, aggravatasi nell’inerzia della sospensione dei lavori, ripresi con un emungimento delle acque provenienti dalla roggia sotterranea, caratterizzato da un approccio deciso allo svuotamento, scelta opportuna per una migliore esecuzione dei lavori, ma che doveva essere accompagnata da un’indagine sugli edifici vicini, in particolare di quello nel quale si sapeva che si erano verificati dei danni, proprio a causa dell’esecuzione dei lavori di scavo”; 2) la responsabilita’ dell’appaltatore era “resa manifesta dall’imprudenza con la quale non si era approfondito il progetto originario, impreciso sulla collocazione della vecchia conduttura e dichiaratamente lacunoso sulle analisi idrogeologiche demandate a future verifiche della composizione del terreno, in particolare sul lato del fondo degli appellati, al fine di eseguire a regola d’arte la delicata opera di fondazione nel sottosuolo profondo”; 3) “la totale omissione di qualsiasi precauzione e sondaggio del terreno, nemmeno chiedendo al committente specifica variante qualora l’indagine geologica fosse stata troppo complessa per la struttura aziendale dell’appaltatore, e’ stato l’unico fattore causale della rotazione dell’edificio per assestamento del terreno di fondazione con i danni del fabbricato perfettamente evincibili dal materiale fotografico allegato all’elaborato peritale”.
5.3.5. Si tratta, come e’ di tutta evidenza, di valutazioni di merito che, non presentando vizi logici e/o giuridici, sono insuscettibili di essere riconsiderate nel giudizio di legittimita’. La ricorrente, invece, pur denunciando, apparentemente, violazione di legge della sentenza di secondo grado, lungi dal dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto ivi contenute debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’, chiede in realta’ alla Suprema Corte di pronunciarsi ed interpretare questioni di mero fatto non censurabili in questa sede, cosi’ mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimita’ in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere analiticamente tanto il contenuto dei fatti storici quanto le valutazioni di quei fatti espresse dal giudice di appello – non condivise e per cio’ solo censurate – al fine di ottenerne la sostituzione con altre piu’ consone alle proprie aspettative (cfr., tra le piu’ recenti, Cass. 4 aprile 2017, n. 8758).
6. Il secondo motivo e’ fondato.
6.1. La corte territoriale, invero, ha accolto la domanda di rivalsa proposta dal comune committente cosi’ motivando: “Va, infine, accolta la domanda di rivalsa proposta dal comune committente palesemente fondata sull’obbligo contrattuale assunto dall’impresa esecutrice dei lavori di assumere su di se’ gli eventuali danni a terzi rivalendone l’ente pubblico anche con polizza fideiussoria. Sul punto specifico non vi sono repliche specifiche della debitrice sicche’ non occorre indugiare oltre” (cfr. pag. 26 della sentenza impugnata).
6.2. Cosi’ argomentando, pero’, la corte territoriale non ha spiegato quale sarebbe la pattuizione contrattuale che addosserebbe i danni de quibus interamente all’ (OMISSIS) s.r.l.. Una siffatta indicazione sarebbe stata, invece, assolutamente necessaria, atteso che il tenore dell’articolo 12 del capitolato speciale di appalto (il cui ultimo comma, riportato in ricorso, cosi’ recita: “L’appaltatore sara’ obbligato a stipulare polizza assicurativa che tenga indenne l’amministrazione appaltante da tutti i rischi di esecuzione dell’opera, da qualsiasi causa determinati, salvo quelli derivanti da errori di progettazione, insufficiente progettazione, azione di terzi o causa di forza maggiore e che preveda anche una garanzia di responsabilita’ civile per danni a terzi nell’esecuzione dei lavori sino alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio”), nel descrivere il contenuto della garanzia fideiussoria richiamata nel riportato passaggio motivazionale, fa chiaramente salvi – cosi’ espressamente escludendoli dalla garanzia, ed evidentemente lasciandoli a carico del comune committente – i danni derivanti da errori di progettazione, nella specie definitivamente accertati dai giudici di merito.
6.2.1. Se e’ vero, dunque, che, nei confronti dei terzi danneggiati, la dichiarata (con statuizione ormai divenuta cosa giudicata, come si e’ detto in precedenza) responsabilita’ solidale del comune committente e dell’impresa esecutrice dei lavori non consente di distinguere ulteriormente le diverse causali dei danni arrecati ai primi, che potranno, percio’, pretenderne l’integrale pagamento, indifferentemente, da uno qualsiasi dei debitori solidali, e’ parimenti innegabile che, nel successivo riparto, tra questi ultimi, del quantum di quegli stessi danni, come definitivamente liquidato nella decisione in esame, si dovra’ verificare, specificamente indicandosene le corrispondenti clausole contrattuali, se, effettivamente, esso debba fare interamente carico, o meno, sulla societa’ odierna ricorrente.
7. Il ricorso va, quindi, accolto in relazione al secondo motivo, dichiarandosene inammissibile il primo, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, per un nuovo esame della sola domanda di manleva proposta dal Comune di Pordenone nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., e per la regolamentazione delle spese processuali di questa fase.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso e ne accoglie il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trieste, in diversa composizione, per un nuovo esame della sola domanda di manleva proposta dal Comune di Pordenone nei confronti della (OMISSIS) s.r.l., e per la regolamentazione delle spese processuali di questa fase.

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