Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 26 febbraio 2018, n. 4506. L’esistenza di una pluralità di debiti garantiti da un medesimo ed unico pegno non osta alla sua revocabilità

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6. l’erroneita’ della pronuncia si correla invece alla sua seconda ratio decidendi assunta sul presupposto del difetto di prova degli elementi dell’azione; orbene, quanto all’eventus damni, proprio la incidenza complessiva sul patrimonio della debitrice dell’ipoteca volontaria e del doppio pegno di quote, iscritti (o rinnovati) quale riflesso di una convenzione interbancaria che conduceva a consolidare il passivo di un gruppo di societa’, moltiplicando in modo abnorme il passivo della debitrice ora ricorrente, costituisce circostanza in se’ non contestata (al pari della revoca della stessa intesa di pool appena un anno dopo); ed invero tenuto conto di una qualita’ prelatizia alfine invocata per 67,967 miliardi Lire su 80,180 di passivo totale, cio’ gia’ integrava un elemento, unitamente alla natura duplice del ruolo dei commissari esercenti l’azione (riunenti la veste di debitore e creditori), sorreggente un diverso principio, del tutto non considerato dalla corte; puo’ invero ripetersi, con Cass. 19234/2009, che “nell’azione revocatoria ordinaria il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore consiste nella insufficienza dei beni del debitore ad offrire la garanzia patrimoniale, essendo irrilevante una mera diminuzione di detta garanzia; e’ invece rilevante ogni aggravamento della gia’ esistente insufficienza dei beni del debitore ad assicurare la garanzia patrimoniale.” (cosi’ anche Cass. 16986/2007);

7. L’eventus damni – sbrigativamente analizzato da parte dei giudici d’appello – appare invero e piuttosto idoneamente espresso nel richiamo integrale alla vicenda d’iscrizione della garanzia reale e dei pegni di quote sociali e della rispettiva contestuale deduzione entro una piu’ ampia intesa, con un pool di banche, della (OMISSIS) e di altre societa’ del (OMISSIS), secondo ingenti proporzioni di impegno (estese ad altri atti di garanzia personale), e dunque di peggioramento della composizione qualitativa e materiale del patrimonio della debitrice; si tratta di fattispecie e principi che la corte non ha esaminato, sovrapponendo a tale riscontro un criterio comparativo (la delimitazione di campo del ceto creditorio solo a quello bancario) del tutto privo di base esperienziale e non supportato dalla indicazione delle fonti nel processo; la razionalita’ di tale argomentazione appare all’evidenza eccentrica rispetto al confronto peggiorativo per l’intero patrimonio, che andava verificato, alla luce della natura dell’operazione di garanzia impugnata; tanto piu’ che, si aggiunge, questa Corte ha piu’ volte precisato che “in tema di revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda piu’ incerta o difficile la soddisfazione del credito… l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualita’ patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell'”eventus damni””(Cass.1902/2015);

8. va poi ribadito, alla stregua di principio comune ai motivi esaminati, che “l’esistenza di una pluralita’ di debiti garantiti da un medesimo ed unico pegno non osta alla revocabilita’ di detto pegno, ove ne ricorrano le condizioni anche con riferimento ad uno solo dei debiti garantiti, perche’ la garanzia opera per intero con riguardo a ciascun debito. La revocabilita’ dell’atto di costituzione del pegno non puo’, d’altronde, che investire tale atto nella sua interezza, per cio’ stesso privando la banca del diritto di trattenere l’oggetto del pegno e di soddisfare su di esso le proprie ragioni creditorie, destinate invece a trovare collocazione nell’ambito del passivo chirografario della procedura concorsuale. La revoca non si riferisce al credito garantito dal pegno, bensi’ all’atto costitutivo della garanzia: ragion per cui essa necessariamente implica l’obbligo della banca di restituire l’intero pegno (o il suo equivalente monetario) indipendentemente dall’importo, del debito (anche) a garanzia del quale detto pegno era sorto.”; (Sez. 1, 1745/2008);

si tratta di considerazioni – riprese anche da Cass. 27830/2017 – che, cosi’ come sviluppate da questa Corte avuto riguardo al petitum restitutorio, ben possono replicarsi allorche’ l’organo concorsuale persegua il diverso risultato del ripristino della par condicio creditorum – nel caso disconoscendo la causa prelatizia che l’altera nello stato passivo – che e’ comunque il fine proprio dell’istituto revocatorio, ordinario oltre che fallimentare, essendo comune per tale parte la causa petendi, ed indipendentemente dal suo esercizio se in forma di azione o eccezione;

9. ad identica conclusione si puo’ pervenire esaminando il settimo motivo, attinente al consilium fraudis, per il quale la corte ha conferito una generica portata eccettuativa ad una circostanza, il quasi triennio dagli atti pregiudizievoli alla messa in l.c.a., che non coglie la focalizzazione della fattispecie introdotta nel giudizio dai commissari; la sentenza invero non da’ conto della sequenza con cui la convenzione di pool interbancario e’ stata revocata, appena un anno dopo e con immediata dichiarazione d’insolvenza della societa’-madre del (OMISSIS), ma lasciando alle banche aderenti le garanzie reali nel frattempo acquisite, con moltiplicazione enorme dell’indebitamento assunto da (OMISSIS); si tratta di elementi che evidenziano la inconferenza e illogicita’ dei termini temporali accostati dai giudici catanesi, che nessuna spiegazione hanno fornito sulle operazioni organizzate dalle banche e sulla trasformazione del patrimonio di (OMISSIS) in condizioni di peggiorata soggezione a pretese di rango prelatizio, oltre che notevolmente incrementate, rispetto a quelle originarie, secondo indizi astrattamente non escludibili dall’inquadramento presuntivo (Cass. 27546/2014), come dedotto in motivo, del secondo elemento dell’azione;

10. ne consegue, con l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza, con rinvio, anche per le spese;

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’

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