Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 22 dicembre 2017, n. 30905. Una questione di violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito

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1.- La s.p.a. (OMISSIS) ricorre per cassazione nei confronti della s.p.a. (OMISSIS), nonche’ di (OMISSIS) e pure di (OMISSIS), proponendo quattro motivi di impugnazione avverso la sentenza resa dalla Corte di Appello di Bologna in data 23 ottobre 2010.
Riformando la pronuncia emessa nel primo grado dal Tribunale di Modena n. 65/2008, la Corte territoriale ha accolto le richieste formulate da (OMISSIS) in materia di revocatoria ordinaria, quale creditore di (OMISSIS) e di (OMISSIS), perche’ fideiussori di un debito di (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS) derivante da uno scoperto di conto corrente, concretizzatosi in epoca anteriore alla stipulazione del negozio di cui alla richiesta revoca.
In particolare, la Corte ha dichiarato l’inefficacia ex articolo 2901 c.c., del “contratto di finanziamento fondiario” intervenuto tra la Cassa di Risparmio attuale ricorrente, quale finanziatore, e (OMISSIS) e (OMISSIS); la stessa pure ha dichiarato inefficaci, sempre ex articolo 2901, una serie di ipoteche volontarie a favore del finanziatore, poste in essere su taluni immobili di proprieta’ di (OMISSIS) e su altri di proprieta’ di (OMISSIS).
2.- Nei confronti del proposto ricorso resiste (OMISSIS), che ha depositato apposito controricorso. Anche (OMISSIS) ha presentato un proprio controricorso. Non ha invece svolto attivita’ difensive (OMISSIS).
Cassa di Risparmio e (OMISSIS) hanno pure depositato delle memorie ex articolo 380 bis c.p.c..
3.- I motivi del ricorso deducono i vizi che qui di seguito vengono richiamati.
Il primo motivo lamenta, in particolare, “violazione e falsa applicazione degli articoli 112 e 345 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3.
Il secondo motivo assume poi “violazione degli articoli 2901 e 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.
Il terzo motivo dichiara, a sua volta, “omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 5”.
4.- Il primo motivo di ricorso attiene alla presenza del requisito della scientia damni nella Cassa di Risparmio, terzo contraente con i debitori nei negozi la cui revoca e’ stata fatta oggetto di giudizio.
Lo stesso sostiene, in via segnata, che la sussistenza di tale requisito e’ stata tratta dalla Corte territoriale dalle risultanze della Centrale Rischi, con rilievo che era stato respinto dal giudice di primo grado e che “non e’ stato riproposto dall’appellante nel giudizio di secondo grado quale motivo specifico di impugnazione”.
Il motivo non puo’ essere accolto.
Nella specie, le risultanze della Centrale Rischi assumono rilevanza nei propri e soli limiti dei mezzi di prova. D’altro canto, le conclusioni che sono state formulate da (OMISSIS) in sede di appello, come riportate in testa alla sentenza impugnata, investono direttamente, e sotto ogni profilo, la decisione del giudice di primo grado relativa al tema della revocabilita’ dei negozi in questione.
5.- Anche il secondo motivo di ricorso riguarda il punto della scientia damni del contraente in bonis e sempre con diretto riferimento alle risultanze portate all’epoca dalla Centrale Rischi.
Rileva dunque il ricorrente che la Corte territoriale ha osservato, in proposito, che l’entita’ delle segnalazioni presenti in Centrale Rischi a carico dei debitori “rendeva sicuramente conoscibile, da parte di un operatore professionale…, il possibile pregiudizio” che l’operazione di finanziamento ipotecario andava ad arrecare alle ragioni degli altri creditori. E censura questa affermazione, assumendo che – per integrare gli estremi della scientia damni – occorre una “conoscenza, sia pure generica, del pregiudizio che l’atto di disposizione puo’ arrecare alle ragioni dei creditori; ma si deve trattare di una conoscenza, e non gia’ di una mera conoscibilita’ astratta, ne’ tantomeno di una “possibile” (neanche probabile) conoscenza.
Il motivo non puo’ essere accolto.
Il ricorrente trascura, invero, la professionalita’ dell’agire, in proposito, del contraente Cassa di Risparmio, che e’ indicazione per contro ben sottolineata dalla sentenza della Corte bolognese. La Centrale Rischi e’ strumento appositamente istituito per fornire informazioni alla banche su rapporti in corso e impegni patrimoniali dei propri clienti (potenziali, come attuali). Dal canto loro, le banche debbono – prima di tutto per rispettare il dovere di “sana e prudente gestione” – compulsare e monitorare le risultanze della centrale per valutare appunto la rispondenza patrimoniale dei loro clienti.

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