Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6919. La satira costituisce una modalita’ corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, sicche’, diversamente dalla cronaca, e’ sottratta all’obbligo di riferire esclusivamente fatti veri

Corte di Cassazione, sezione prima civile, ordinanza 20 marzo 2018, n. 6919.

La persistente pubblicazione e diffusione, su un giornale “on line”, di una risalente notizia di cronaca esorbita, per la sua oggettiva e prevalente componente divulgativa, dal mero ambito del lecito trattamento di archiviazione o memorizzazione “on line” di dati giornalistici per scopi storici o redazionali, configurandosi come violazione del diritto alla riservatezza quando, in considerazione del tempo trascorso, sia da considerarsi venuto meno l’interesse pubblico alla notizia stessa.
In tema di trattamento dei dati personali, ai sensi dell’articolo 8 della CEDU nonche’ degli articoli 7 e 8 della cd. “Carta di Nizza”, l’interessato non ha diritto ad ottenere la cancellazione dei dati iscritti in un pubblico registro ed e’ legittima la loro conservazione. Ma cio’ esclusivamente allorquando essa sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una societa’ democratica, e’ necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale o alla protezione dei diritti e delle liberta’ altrui.
La satira costituisce una modalita’ corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica, sicche’, diversamente dalla cronaca, e’ sottratta all’obbligo di riferire esclusivamente fatti veri, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su di un fatto, pur soggetta al limite della continenza e della funzionalita’ delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purche’ siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o dal comportamento preso di mira, e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato.

Ordinanza 20 marzo 2018, n. 6919
Data udienza 6 dicembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 10583/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 124/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 10/01/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2017 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CARDINO Alberto, che ha chiesto che Codesta Corte di Cassazione voglia accogliere il motivo di ricorso I).
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione notificato il 15 luglio 2005, (OMISSIS), detto ” (OMISSIS)” conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la (OMISSIS) s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto della messa in onda – da parte della trasmissione “(OMISSIS)” di (OMISSIS) del (OMISSIS) – di un servizio che riproduceva un episodio concernente un tentativo di intervista, non andato a buon fine per il rifiuto del cantante, registrato dalla troupe della medesima trasmissione in data (OMISSIS), ossia circa cinque anni prima, e gia’ mandato in onda a quell’epoca dalla (OMISSIS). Il Tribunale adito, con la decisione n. 529/2007, rigettava la domanda.
2. Con sentenza n. 124/2014, notificata il 26 febbraio 2014, la Corte d’appello di Roma disattendeva, del pari, l’appello proposto dal (OMISSIS) avverso la decisione di prime cure. La Corte territoriale riteneva: a) sussistere una deroga alla necessita’ del consenso, richiesto dalla L. 22 aprile 1941, n. 633, articolo 96 per la pubblicazione della propria immagine, fondata – a norma del successivo articolo 97 – sulla notorieta’ del personaggio e sull’interesse pubblico dei fatti oggetto della pubblicazione, svoltosi altresi’ in un luogo pubblico; b) l’inesistenza del preteso diritto all’oblio; c) la liceita’ della trasmissione, sotto il profilo dell’essenzialita’ della notizia e della normativa in materia di privacy; d) la sussistenza, quanto all’asserito carattere lesivo dei commenti alle immagini, dell’esimente del diritto di satira; e) la novita’ della domanda – come tale improponibile in appello, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c. relativa all’utilizzo a fini commerciali dell’immagine del cantante.
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto, quindi, ricorso (OMISSIS), affidato a cinque motivi, ai quali la resistente (OMISSIS) ha replicato con controricorso.
4. Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c.. Il P.G. ha concluso come in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Osserva – in via pregiudiziale – la Corte che rivestono carattere assorbente, rispetto alle altre, le censure contenute nel secondo e nel quarto motivo del ricorso per cassazione proposto dal (OMISSIS). Con tali censure il ricorrente – denunciando la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2 Cost. e L. n. 633 del 1941, articolo 97, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – si duole del fatto che la Corte d’appello – con riferimento alla seconda trasmissione della “(OMISSIS)”, andata in onda il (OMISSIS) – abbia ritenuto inesistente il dedotto diritto all’oblio, ed abbia considerato scriminato il carattere lesivo dei commenti alle immagini dal legittimo esercizio dell’esimente del diritto di satira. Il carattere centrale ed assorbente di detti motivi, nell’economia del ricorso, e’ posta, del resto, in luce dallo stesso svolgimento dei fatti.
1.1. Dall’esame degli atti e dell’impugnata sentenza si evince, infatti, che la sera del (OMISSIS), il noto cantante (OMISSIS) piu’ conosciuto come ” (OMISSIS)” – (OMISSIS), all’uscita di un ristorante nel quale si era intrattenuto a cena con amici, veniva avvicinato da una troupe della trasmissione televisiva “(OMISSIS)” di (OMISSIS), che richiedeva all’astista il rilascio di un intervista. Il (OMISSIS) – come si evince dalla sentenza di appello – non nascondeva il proprio disappunto per la presenza degli inviati della trasmissione, e rifiutava in modo secco e perentorio quanto richiestogli. L’episodio veniva mandato in onda nella suddetta trasmissione, corredato da un commento sarcastico dell’inviato il quale – alla fine – si chiedeva ironicamente: “Chissa’ perche’ e’ cosi’ nervoso- Ma a Natale non si dovrebbe essere piu’ buoni-“.
A distanza di circa cinque anni, e cioe’ il (OMISSIS), veniva mandato in onda un secondo servizio, che riproponeva le stesse immagini del (OMISSIS), inserite – senza autorizzazione alcuna da parte del cantante – all’interno di una “classifica dei personaggi piu’ antipatici e scorbutici del mondo dello spettacolo”, creata dalla “(OMISSIS)”, e nella quale al (OMISSIS) veniva assegnato il secondo posto. Il commento fatto a corredo delle immagini, questa volta era del seguente tenore: “E chissa’, forse (OMISSIS) non e’ piu’ abituato alle luci della ribalta. Del resto, ormai e’ molto tempo che non lo illuminano piu'”.
1.2. Questa seconda trasmissione – come affermato dallo stesso ricorrente (pp. 2 e 25 del ricorso) – determinava infine l’artista ad agire in giudizio nei confronti della (OMISSIS), al fine di ottenere il risarcimento dei danni per l’utilizzazione non autorizzata ed a fini commerciali della propria immagine, per la violazione del diritto all’oblio, e per il carattere lesivo del commento all’episodio andato in onda.
E’, pertanto, del tutto evidente che carattere centrale rispetto alle altre doglianze proposte in giudizio dal (OMISSIS) riveste la dedotta illegittimita’ della trasmissione del (OMISSIS), per violazione del diritto all’oblio conseguente alla messa in onda di immagini registrate cinque anni prima, e l’affermato carattere lesivo della propria reputazione dei commenti ivi posti a corredo delle immagini.
2. Premesso quanto precede, va osservato che l’esistenza del cd. “diritto all’oblio” e’ stata affermata, sia nella giurisprudenza Europea che in quella nazionale, con riferimento a fattispecie differenti, nelle quali si e’ sempre posta, peraltro, l’esigenza di un contemperamento tra due diversi diritti fondamentali: il diritto di cronaca, posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione, ed il diritto della persona a che certe vicende della propria vita, che non presentino piu’ i caratteri dell’attualita’, ovverosia che non siano piu’ suscettibili di soddisfare un interesse apprezzabile della collettivita’ a conoscerle, non trovino piu’ diffusione da parte dei media. Correlato a tale diritto, ed in un certo senso ad esso strumentale, poiche’ finalizzato ad assicurarne il soddisfacimento, e’ – poi – il diritto ad ottenere la rimozione, da elenchi, o archivi, o registri, del proprio nominativo, in relazione a fatti e vicende che non presentino piu’ il suddetto carattere dell’attualita’.
2.1. In ambito Europeo, la Corte di Giustizia UE e la Corte EDU sono state piu’ volte chiamate a pronunciarsi in materia, tracciando le linee direttrici del bilanciamento tra i due diritti fondamentali suindicati, successivamente seguite dalla giurisprudenza degli Stati membri e/o contraenti.
2.1.1. In una vicenda concernente il trattamento di dati personali da parte di un motore di ricerca (Google Spain), la Corte di Giustizia ha, invero, affermato che siffatta attivita’ “puo’ incidere significativamente sui diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali”, atteso che – muovendo dal nominativo di una persona – e’ possibile, per qualsiasi utente di Internet, accedere ad una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a quella persona presenti in rete. Il che impone la ricerca di un giusto equilibrio tra l’interesse degli utenti di Internet all’informazione ed i diritti fondamentali della persona, previsti dall’articolo 8 della CEDU e articoli 7 e 8 della Carta di Nizza, nonche’ dall’articolo 12, lettera b) e articolo 14, comma 1, lettera a) della Direttiva 95/46/CE, relativa alla tutela delle persone fisiche. E cio’ con particolare riferimento ai casi nei quali – come in quello oggetto della pronuncia, concernente un pignoramento effettuato nei confronti di un cittadino spagnolo, interamente definito da svariati anni e la cui menzione era ormai priva di qualsiasi rilevanza – sussiste un diritto dell’interessato all’oblio su determinati fatti o vicende che non rivestono piu’ interesse alcuno per il pubblico.
Orbene, la Corte ha affermato che l’articolo 12, lettera b), e articolo 14, comma 1, lettera a), della direttiva 95/46 devono essere interpretati nel senso che, nel valutare i presupposti di applicazione di tali disposizioni, si deve verificare in particolare se l’interessato abbia diritto a che l’informazione in questione riguardante la sua persona non venga piu’, allo stato attuale, per il tempo decorso, collegata al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome. E cio’ a prescindere dal fatto che l’inclusione dell’informazione in questione in tale elenco arrechi un pregiudizio a detto interessato. Per cui, considerato che quest’ultimo puo’, sulla scorta dei suoi diritti fondamentali derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta di Nizza, chiedere che l’informazione in questione divenuta ormai non piu’ di interesse apprezzabile per la collettivita’ non venga piu’ messa a disposizione del grande pubblico in virtu’ della sua inclusione in un siffatto elenco di risultati, i diritti fondamentali di cui sopra prevalgono, in linea di principio, non soltanto sull’interesse economico del gestore del motore di ricerca, ma anche sull’interesse di tale pubblico ad accedere all’informazione suddetta in occasione di una ricerca concernente il nome di questa persona.

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