La riapertura del fallimento non implica un nuovo fallimento ma una riviviscenza di quello originario.

 

 

Ordinanza 13 settembre 2017, n. 21219
Data udienza 4 luglio 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25909/2012 proposto da:

Fallimenti della (OMISSIS) S.n.c. e dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), in persona del curatore dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di TARANTO, depositato il 22/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/07/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA (est.),

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO LUIGI che chiede che la Corte rigetti il ricorso.

FATTI DI CAUSA

I Fallimenti della s.n.c. (OMISSIS) e dei soci illimitatamente responsabili (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) ricorrono per cassazione nei confronti di (OMISSIS), svolgendo due motivi avverso il decreto emesso dal Tribunale di Taranto il 27 ottobre 2012, in via di accoglimento dell’opposizione proposta contro l’esclusione dallo stato passivo stabilita dal giudice delegato.

Ad avviso di quest’ultimo, il credito di (OMISSIS) andava escluso in quanto derivato da un incarico affidatogli da (OMISSIS) e (OMISSIS) nella pendenza del loro personale fallimento. A nulla valeva in proposito – proseguiva il giudice delegato – la circostanza che successivamente il fallimento di tali soggetti fosse stato chiuso, perche’ il concordato fallimentare, che vi aveva posto fine, era poi stato risolto per inadempimento (del terzo assuntore) e, di conseguenza, il fallimento riaperto ai sensi dell’articolo 137, comma 4, legge fall..

Secondo il giudizio del Tribunale, per contro, l’avvenuta chiusura dell’originario fallimento faceva si’ che la posizione di (OMISSIS) fosse comunque da annoverare nell’ambito dei “nuovi creditori”, abilitati quindi a partecipare al concorso di cui alla riapertura in ragione della norma dell’articolo 122 legge fall.. Cosi’ ritenendo che non sia da ravvisare alcuna differenza tra la posizione del credito sorto per attivita’ del fallito durante lo svolgimento della procedura originaria e quella del credito sorto invece nel periodo intercorrente tra la chiusura e la riapertura della procedura medesima.

Rilevando altresi’ che trattavasi di credito da “incarico professionale” conferito in funzione della chiusura di tutti i fallimenti coinvolti nell’impresa (OMISSIS), il Tribunale ha pure ritenuto di disporre la detta ammissione al passivo “sia nel riaperto fallimento sociale, che in quelli individuali dei singoli soci illimitatamente responsabili”.

Nei confronti del ricorso presentato dai Fallimenti resiste (OMISSIS), che ha depositato un apposito controricorso.

I Fallimenti ricorrenti hanno pure depositato memoria ai sensi dell’articolo 380 bis cod. proc. civ..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I motivi di ricorso formulati dai Fallimenti denunziano i vizi qui di seguito richiamati.

Il primo motivo censura, in segnata specie, “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 44 legge fall. con riferimento agli articoli 42, 43, 120, 121, 122, 123, 140 legge fall.”.

Il secondo motivo a sua volta lamenta “violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’articolo 148 legge fall.”.

2.- Nell’assumere che il decreto del Tribunale tarantino abbia violato la norma dell’articolo 44 legge fall. – per cui gli atti compiuti dal fallito “dopo la dichiarazione di fallimento” restano inefficaci rispetto ai creditori -, il primo motivo essenzialmente svolge il percorso argomentativo che segue.

La riapertura del fallimento, come si desume da una serie di indici normativi, “non implica un nuovo fallimento, ma la riviviscenza di quello originario”: il procedimento fallimentare “resta “senza soluzione di continuita’” unitario”. Questo “sistema di “ricongiungimento” del fallimento riaperto alla originaria procedura concorsuale configgerebbe con i principi che lo sorreggono” – si rileva altresi’, in via di conseguenza – “se, nel caso di riapertura, gli atti e i pagamenti compiuti dal fallito in costanza e prima della chiusura del fallimento restassero insensibili alla sanzione di inefficacia di cui all’articolo 44 legge fall.”.

Il motivo merita accoglimento, secondo i termini che si vengono ad illustrare.

3.- E’ orientamento risalente di questa Corte, quanto pure costante, che la riapertura del fallimento – cosi’ come considerata negli articoli 121 ss., articolo 137, comma 4, articolo 138, comma 2 e articolo 139 ss., legge fallimentare costituisca un fenomeno di reviviscenza, ovvero di prosecuzione nel segno dell’unitarieta’, della procedura originaria: che dapprima viene “chiusa” e poi, per l’appunto, “riaperta”.

Si vedano in questa prospettiva gia’ (ma non mancano arresti ancor piu’ lontani) Cass., 22 novembre 1974, n. 3769, sull’immodificabilita’ delle statuizioni sull’ammissione dei crediti al passivo, intervenute prima della chiusura del fallimento; Cass., 19 ottobre 2006, n. 22380, a proposito della liquidazione dell’unitario compenso al curatore dell’originaria e della riaperta procedura; Cass., 5 aprile 2013, n. 8427, sulla non applicazione delle norme con il Decreto Legislativo n. 169 del 2007 alla procedura di riapertura di un fallimento svoltosi sotto il precedente regime.

La tesi della prosecuzione pure si giova, del resto, dell’avallo di una pronuncia delle Sezione Unite di questa Corte. Si veda, cosi’, la sentenza, 2 novembre 2007, n. 23032, a proposito dell’irrilevanza del trasferimento all’estero della sede della societa’ – avvenuta prima della riapertura, ma dopo la chiusura della procedura originaria – per il punto della determinazione della giurisdizione italiana.

4.- Nel corso del tempo, in ambito dottrinale – e pure nel contesto della giurisprudenza di merito – si sono venute a sviluppare, tra le altre, opinioni intese a considerare il fenomeno della riapertura in termini di procedura autonoma e nuova; e anche delle tesi che ne hanno affermato il carattere composito e “misto” (tesi, queste ultime, rimaste peraltro a un livello di sostanza non piu’ che descrittiva). Tuttavia, il tradizionale orientamento seguito da questa Corte rimane tuttora persuasivo.

A sorreggere lo stesso, in effetti, tra gli altri elementi stanno dati di peculiare rilievo e importanza. Come e’ quello, in particolare, per cui la riapertura prescinde proprio dall’accertamento della attuale sussistenza dei presupposti del fallimento (come rilevava antica dottrina, “basta pensare che il fallito puo’ non avere esercitato piu’ il commercio dopo la chiusura per rendere difficilmente configurabile un nuovo fallimento”), senza che in proposito assuma rilievo alcuno la dimensione temporale stabilita dalla norma dell’articolo 10 legge fall..

Con specifico riferimento alla riapertura derivata da inadempimento del concordato fallimentare, secondo il caso che qui viene concretamente in interesse, e’ poi da segnalare, su un piano piu’ strettamente disciplinare, la regolamentazione delle azioni revocatorie dettata dall’articolo 140, comma 2, legge fall. (in punto di “riproposizione” di azioni “interrotte” per la chiusura): una simile regolamentazione si manifesta oggettivamente incompatibile con una ricostruzione della riapertura in termini diversi da quelli della semplice prosecuzione.

Non si puo’ dimenticare, del resto, che – nel caso di risoluzione del concordato – la riapertura discende direttamente da vicende interne alla procedura originaria in precedenza dispiegata, tale evidentemente risultando l’assunzione di obblighi (poi rimasti per l’appunto inadempiuti) contrassegnati dallo scopo specifico di addivenire proprio alla chiusura della procedura medesima.

5.- Alla constatazione che la riapertura del fallimento integra una semplice prosecuzione (una “riviviscenza”) della procedura originaria segue direttamente, tra l’altro, che il debito assunto dal fallito in costanza della fase iniziale del suo fallimento rimane inefficace rispetto ai creditori anche nella fase successiva. L’applicazione della norma dell’articolo 44 legge fall. a questo tipo di fattispecie risulta, in buona sostanza, di taglio diretto e immediato.

Ne’ certo puo’ dirsi di ostacolo a tale conclusione il fatto che la norma dell’articolo 122 legge fall. faccia intendere che al concorso della riapertura partecipano anche i “nuovi creditori”, come pur sostiene il decreto impugnato, che discorre di “completa rinnovazione” della massa passiva.

Il detto riferimento normativo va, all’evidenza, ai (soli) crediti sorti per l’attivita’ del debitore che risulta successiva alla chiusura del suo fallimento, come pure anteriore alla riapertura del medesimo; senza che nella vicenda risulti in qualche modo coinvolta (anche) l’attivita’ da questi svolta in pendenza della fase iniziale del suo fallimento.

6.- Ad avviso del Tribunale di Taranto, la soluzione disciplinare qui rappresentata e accolta “creerebbe un’ingiustificata disparita’ di trattamento” tra i crediti per attivita’ del fallito in pendenza della procedura iniziale e i crediti “sorti dopo la chiusura (che, non si comprende bene la ragione, dovrebbero essergli preferiti)”.

L’assunto non puo’ essere condiviso. E cio’, se non altro, per due dirimenti ragioni, che si pongono tra loro in termini di sostanziale complementarieta’.

La prima e’ che pareggiare i creditori posteriori alla chiusura a quelli anteriori significherebbe rendere retroattiva la sentenza dichiarativa della riapertura; si vanificherebbe completamente, cioe’, il pur sussistente intervallo tra la fase originaria e quella successiva della procedura (con connesso grave pregiudizio dei commerci). La seconda e’ che, nel periodo interno a detto intervallo, il debitore mantiene l’amministrazione e disponibilita’ del proprio patrimonio, laddove nella pendenza della procedura (nella fase originaria, non meno che in quella successiva) la stessa non gli compete, per legge essendo la stessa deferita al curatore (articolo 42 legge fall.).

7.- Il secondo motivo di ricorso rimane assorbito dall’accoglimento del primo.

8.- In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio della controversia al Tribunale di Taranto che, in diversa composizione, provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa l’impugnato decreto e rinvia la controversia al Tribunale di Taranto che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese del giudizio.

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